Eroica Festival, Montalcino (Si), 5-7 Maggio 2017

Miti gregari e cantanti in biciletta 

“Eroica” è una corsa in bici. Vent’anni fa un signore con l’amore per il ciclismo e una vena da sognatore – si chiama Giancarlo Brocci – ha pensato che sarebbe stato bello inventarsi una gara senza vincitori né vinti, da fare su vecchie bici, con vecchi guanti e vecchi copertoni, su strade senza asfalto, come quelle bianche che ancora si incontrano nella provincia italiana. Come all’epoca di Coppi, Bartali, Nencini, Martini… il ciclismo eroico degli inizi, quello – per capirci - delle radiocronache di Mario Ferretti, quello di quando Coppi – piccolo e schivo – dava scandalo con la Dama bianca, quello di quando Bartali vinceva il Tour e salvava l’Italia dalla Guerra Civile (ma sarà davvero andata così? Può una vittoria sportiva salvare un paese da una guerra? Se fosse andata così dovremmo davvero tutti cominciare a pedalare…) … Insomma, per usare un termine in voga, una gara vintage, come se far fatica e spezzare il fiato fosse una cosa proprio antica, da vecchi. Quasi mitologica. Sia quel che sia, l’idea è piaciuta, tanto che a Montalcino, paese bellissimo di una Toscana bellissima e verdissima – così bella e verde da spaventar la gola – ogni anno per vent’anni si è svolta questa corsa. 
E a dire il vero mica solo a Montalcino: Eroica va anche in altri paesi, addirittura in giro per il mondo, con il suo seguito di stand che vendono vecchi cambi, vecchi sellini, vecchie catene, vecchi telai. Vecchio e anche un po’ troppo costoso; d’altronde va anche detto che in terra di rottamatori tutto sommato diverte parecchio che si venda cara la pelle e i copertoni … usati. Nostalgia? Forse, ma anche tradizione popolare e quindi cultura. E così, in occasione dei venti anni della Corsa, l’organizzazione ha deciso di festeggiare con un bel festival, da svolgersi per le strade di Montalcino, tra un bicchiere di rosso e uno di brunello (anzi tre di rosso e uno di brunello, che anche questo mica te lo regalano eh!). E la direzione artistica è stata affidata a uno che di bici se ne intende, visto che ha seguito Giro e Tour e che sulla bici ha scritto un libro e ha fatto un disco insieme alla sua instancabile band, i Têtes de Bois; parliamo di Andrea Satta, un artista, un autore, uno sportivo, un amante di fiabe, un pediatra, un operatore culturale, un cantante. E un folle organizzatore di eventi, ai quali riesce a far partecipare un mondo variegato e variopinto, un po’ clownesco e funambolico, che arriva da varie parti d’Italia per curiosità, per spirito d’avventura, per amore di cultura e per amicizia: chi ruota intorno ad Andrea Satta e i suoi eventi lo sa bene e non deve stupirsi di nulla: 
incontrerà lucani che vanno in bici, portoghesi che fanno il circo, ciociari che suonano organetti, sardo-genovesi che vendono dischi, toscani che disegnano, salernitani che si sporcano sulla sabbia, ingegneri che inventano lampade magiche e costumiste cresciute con Hitchcock. Potrei continuare e avvertire anche che è tutto vero: la riuscita degli eventi di Andrea Satta dipende proprio dalla sua capacità di convincere gli amici – e sono tanti in quantità e qualità e provenienza e vocazione - che i suoi sogni e le sue fantasie artistiche possono essere realizzate, ma che per farlo ha bisogno di loro: tecnici, ingegneri, giornalisti, analisti, grafici, operatori culturali, figli, amici, amici degli amici, suonatori, imbonitori, disegnatori, organizzatori, pazienti e impazienti. Malgrado il tempo non felice e un Montalcino forse preso alla sprovvista dalla carovana di personaggi “astrusi” (come il Teatro in piazza Garibaldi) arrivati a invadere le vie consuete (che per l’occasione hanno cambiato nome e hanno preso quello di qualche gregario di antiche corse), dal 5 al 7 maggio Satta ha portato tante persone da tutta Italia a raccontare storie: le sue, le loro, quella di Alfonsina Strada (unica donna ad aver partecipato al Giro d’Italia ed era il 1924), quella di Marcello Osler (un gregario che ha vinto la corsa con la vita e la sua è una vicenda che ha del miracoloso: va letto il libro “La fuga più lunga”, scritto dalla moglie Elena,
per capire fino a che punto), quella della fisarmonica verde di Gavino S., quella di Itala e di Scipione Borghese, quella del quad di Valerio Daniel de Simoni, quelle di Ulisse e di Achille, quelle di Luigi Grechi e di Simone Cristicchi, quella degli organetti dell’Orchestra Bottoni a suonare per le vie, quella del Circo El Grito, quelle di Giuseppe Cederna, di Paolo Lombardi, di Licio Esposito, di Ulderico Pesce, di Gianni Mura, di Massimo Cirri, di Elena Guerrini, di Luca Occelli, di Angelo Scarafiotti, di Valeria Benigni, dei Têtes de Bois, quella del partigiano Lulù, quella antidoping di Sandro Donati, quella antimafia di Attilio Bolzoni; quella di Sergio Staino che diventa disegnatore e vignettista dopo il primo distacco di retina e quando lo avvertono che diventerà cieco; e infine tuttele storie da gregario raccontate al Caffè Eroica. E poi c’erano gli album delle figurine, le gare di ciclotappo, le radiocronache dagli altoparlanti, la transumanza eroica (dei pazzi arrivati soprattutto da Roma per farsi a pedali da Chiusi a Montalcino), quindicenni in lettura e la ciclofficina d’arte con le bici come farfalle.. E alla fine, quando si faceva notte, si accendevano delle lanterne appese sul cielo, vestite da corridore: una Bianchi, una Mercatone Uno… un’Eroica, appunto. E nascevano nuove amicizie. 

Elisabetta Malantrucco

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