Arthur Russell – Instrumentals (Audika Records, 2017)

Giunti ormai nel 2017, la statura artistica di Arthur Russell non è certamente un mistero. L’indagine della sua opera iniziata dopo la morte nel 1992, continua intensamente da ormai più di un decennio rivelando costantemente tracce di un’eclettica e talvolta profetica genialità sicuramente meritevole di maggiori consensi. Nato il 21 maggio del 1951 a Oskaloosa nell’Iowa, si avvicinò molto presto alla musica suonando il violoncello nella banda municipale del suo paese. Trasferitosi a San Francisco nel 1967, entrò nella comune di Neville G. Pemchekov Warwick, dove si immerse nella meditazione e nella nascente cultura hippie. Tutto iniziò nel 1970, quando, passeggiando in un parco, Arthur incontrò per caso il poeta Allen Ginsberg che lo coinvolse nella registrazione di alcuni mantra. La multiforme sensibilità del timido giovane e la capacità di destreggiarsi con strumenti e performers impressionarono decisamente Ginsberg che incoraggiò il suo talento… Russell era ormai pronto per dedicarsi definitivamente a ciò che più amava, la musica. Il trasferimento a New York nel 1973 si rivelò decisivo; se da una parte, gli ambienti più accademici non compresero da subito la sua proposta, dall’altra, il sostegno di artisti del calibro di: Philip Glass, Rhys Chatham o Ernie Brooks, fu determinante. Proprio Chatham avrà un ruolo particolarmente determinante nella vita artistica di Russell, affidandogli il suo posto come direttore di The Kitchen, mecca per le nuove sperimentazioni musicali/artistiche Newyorkesi e sede d’incontro di nuovi amici e collaboratori tra cui: Jon Gibson, Peter Gordon, Julius Eastman, Peter Zummo e moltissimi altri. “Instrumentals” recente pubblicazione Audika su doppio vinile è una perfetta fotografia di questa prima fase della vita di Russell. Non a caso, gran parte delle composizioni omonime suddivise in due volumi furono eseguite e registrate proprio a The Kitchen tra il 1975 e il 1978 con una lineup comprendente oltre allo stesso Russell al violoncello, molti dei musicisti precedentemente citati. “Instrumentals” si potrebbe definire come uno splendido tentativo (riuscito) di far convivere insieme musicisti differenti suonando secondo una cosciente arbitrarietà, che lasci spazio ai micro eventi possibili all’interno delle composizioni stesse. L’apparente senso di indeterminatezza e “precarietà” che ne deriva, rafforzano in realtà il potenziale emotivo dei brani che mantiene sempre una valenza determinante. Una delle grandi peculiarità del primo Russell, è proprio quella di riuscir a trasmettere alle composizioni una sensibilità melodica unica, tanto da sembrare sospese e fluttuanti in una dimensione altra. All’ascolto i brani sembrano rievocare un curioso incontro tra Moondog e i tipici aromi minimalisti, fusi però con le sgargianti sonorità degli arrangiamenti pop e easy listening della cultura americana in un melting-pot piuttosto unico e personale. La compilation in questione include anche due composizioni dalla natura più esplorativa e sperimentale registrate nel 1975 presso la Phill Niblock’s Experimental Intermedia Foundation: “Reach One” un pezzo ambient e meditativo per due Fender Rhodes e Sketch For “Face Of Helen” brano ispirato dal lavoro di Arthur con l’amico e compositore Arnold Dreyblatt per testiera e registrazioni ambientali del brontolio di un rimorchiatore sul fiume Hudson. Tutti i materiali inclusi in “Instrumentals” sono già stati precedentemente pubblicati in passato sulla raccolta “First Thought Best Thought” edita sempre da Audika nel 2006. Questa rimane però un’ottima occasione per ri ascoltare una parte importante e consistente delle prime composizioni di Arthur Russell che anticipano la successiva e personalissima svolta disco affermatasi con la fondazione della Sleeping Bag Records. Un documento da non perdere. 


Marco Calloni

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