Tra le forme più diffuse di comunicazione orale, la ninna nanna – negli ambiti sociali in cui ancora in uso – rappresenta un elemento cardine del processo di trasmissione culturale e di inculturazione musicale del bambino. Pur presentandosi in forme variegate, le ninna-nanne si presentano elementi comuni quali una semplicità nella struttura e nell’impianto ritmico, un’estensione melodica che, in generale, è ristretta. Anche i testi sono variati, perché se è vero da un lato che si riconoscono dei modelli base, dall’altro occorre ricordare che la ninna-nanna oltre ad addormentare il piccolo, facilitando in tal senso la “separazione” dalla madre, in molte culture ha svolto funzione di sfogo-lamento della madre rispetto alla propria condizione sociale.
La raccolta di canti tradizionali “Sai tu quante stelle sono in cielo?” è un libro con CD audio, redatto a più voci, a costruire un percorso narrativo-musicale che si snoda tra area europea e mediterranea, con puntate in Africa, in India e nelle Americhe. Prefato dal neuropsichiatra infantile Pierre Lafforgue, il volume fa emergere una confluenza di intenti di differenti figure professionali (una psicoterapeuta, una sociologa e due musiciste). Dopo le brevi pagine introduttive, il lavoro si sviluppa in dieci capitoli tematici (“Addormentarsi”, “La Comunità intorno al bambino”, “Il bambino meraviglioso”, “Ricordi accanto alla culla”, “la fragilità del bambino”, “Il bambino del sogno”, “Il bambino e il dolore dei grandi”, “Il bambino e il sacro”, “La presenza della natura”, Crescere e separarsi”), corredati da belle illustrazioni e dai testi delle ninna nanne in lingua originale con traduzione in italiano. Le postfazioni di Caterina Pontrandolfo e Irene Veglione collocano i ventinove canti del disco sotto il profilo musicale. Oltre, sono offerte anche le partiture per ciascuna canzone incisa nel CD. Lingue e contesti culturali molto diversi, effetti ambientali che, talvolta, ci riportano alla tragicità del vivere in terre di conflitto, cornici musicali ed emozionali diverse, con passaggi ora pacati ora più vivaci, ma accomunate dal tratto scarno ed esile che lascia sempre in primo piano il canto della Pontrandolfo, al fine di non snaturare quel rapporto intimo che si crea tra madre e bambino/a. Della cantante ha scritto Franco Arminio: «Caterina Pontrandolfo ha l’aria di una donna antica. La sua lontananza dalla peste dell’attualità la rende una creatura preziosa. Caterina non appartiene alla pletora degli artisti per gioco o per noia. Nella sua vita tutto è pacatamente necessario. La sua è una serietà lucana, ma sgravata da posture vittimistiche. Il suo canto ha una radice intimamente comunitaria […]». Accanto alla cantante e attrice lucana c’è un trio di base che l‘accompagna al meglio: al violino la co-autrice Irene Veglione, alla chitarra Giovanni Pappalardo. Poi ci sono gli inserti di chitarra e bouzouki di Paolo Del Vecchio, le percussioni di Francesco Paolo Manna, il pianoforte di Rodolfo Medina e il sax tenore di Valerio Pontrandolfo. Un ascolto attraente per l’essenza dei canti stessi e per la riuscita interpretazione, nel quale l’ascoltatore riconoscerà brani molto noti e accoglierà temi meno conosciuti.
Ciro De Rosa
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