Per l’elevata qualità sonora e la sapienza espressiva, riteniamo che “Animas” sia un’opera musicale di rilievo nel panorama della discografia sarda. Suggeriamo di ascoltare i due cd (editi da “Cronta record”) con spirito meditativo e silenzio interiore, lasciandosi trasportare con libertà dalle polifonie virili del Cuncordu de Orosei. Alcuni dati storico-sociali potranno aiutare il lettore ad avvicinarsi con maggiore consapevolezza ai canti polivocali giunti fino a noi oralmente. “Animas” è frutto di un prolungato lavoro di ricerca condotto con passione e sacrificio da alcuni cantori oroseini, al fine di valorizzare la cultura musicale locale, cercando di tramandare ciò che hanno appreso dai propri predecessori senza stravolgimenti. Dagli anni Sessanta del secolo scorso, tziu Antoni’ Maria Nanni, per decenni, è stato magister all’interno della confraternita di Santa Croce. Nanni era esperto del repertorio paraliturgico, comprendente sor gotzos e alcuni canti latini tipici del triduo pasquale. Determinante è stato anche l'insegnamento di tziu Angheleddhu Mula e di tziu Angheleddhu Sannai, punto di riferimento vocale per gli Oratori delle “Anime” e del “Rosario”. Ricorda Martino Corimbi: “Gli anni Settanta sono stati difficili, con aperti scontri contro chi voleva cambiare arbitrariamente la tradizione, magari prendendoci in burla, perché pensavano all’Oratorio come luogo per persone che non avevano altro da fare se non passare i pomeriggi invernali nelle sacrestie delle Confraternite buffandhe vinu (bevendo vino)”. Un dato è certo, a partire dagli anni Ottanta - grazie anche al sostegno ricevuto da autorevoli etnomusicologi - al Cuncordu sono arrivati unanimi riconoscimenti e conseguenti successi discografici, tra cui basterà ricordare: “Canti della tradizione di Orosei” (Archivio etnomusicologico n.1, a cura di Martino Corimbi, Sassari, 1990); le registrazioni in “Sardaigne. Polyphonies de la Semaine Sainte” (a cura di Bernard Lortat-Jacob, Paris, 1992); “Sardegna, confraternite delle voci: Orosei” (a cura di Pietro Sassu e Renato Morelli, Nota, Udine, 1994, cd libretto informativo scritto da Martino Corimbi, Pietro Sassu e la consulenza linguistica di Giuseppe Mercurio); “Miserere e Amore profundhu” (Winter & Winter, Monaco, 1998, due cd con libretto di oltre cento pagine tradotto in sette lingue, testi di Paolo Mercurio e Martino Corimbi); “Requiem”, Cuncordu de Orosei, Frorias, Cagliari, 2007, due cd e libro accluso, sempre con testi di Corimbi e Mercurio).
“In questi decenni - prosegue Corimbi - a vari livelli, si sono interessati al nostro repertorio numerosi studiosi e musicisti di rilievo tra cui Roberto Leydi, Pietro Sassu, Paolo Mercurio, Renato Morelli, Bernard Lortat-Jacob, Bachisio Bandinu, Andrea Deplano, Emil Lubej, Vittorio Montis, Ernst Rejiseger, Alan Purves, Andrea Saba, Giovanna Marini, Riccardo Dapelo, Richard Bonnet etc. Con criterio, abbiamo effettuato concerti in varie parti d’Europa e abbiamo in programma importanti collaborazioni per il futuro”. Oltre a Martino Corimbi fanno parte del Cuncordu de Orosei Franco Sannai (nota voce di basso, in grado di cantare sempre con ottimi risultati in ambito religioso e profano), Giovanni Rosu (voce robusta, capace di conferire al canto giusta compostezza, indispensabile nei canti religiosi) e Paolo Burrai (il giovane del gruppo, con un’esperienza vocale ormai ventennale). Corimbi, Sannai e Rosu praticano il canto polivocale da circa trentacinque anni, dimostrando sensibilità verso quanto ereditato dai predecessori. Sono consapevoli del loro valore musicale e partecipano in modo selettivo alle rassegne canore di qualità, integrando partecipazioni con gruppi di spessore, quale quello de “Il Suonar Parlante” diretto da Vittorio Ghielmi. Come cantori sentono il compito di esportare cultura in nome della propria comunità. Inoltre, hanno chiaro che, nonostante la practica consolidata, vi sono in prospettiva importanti obiettivi musicali da conseguire, come quello di ricomporre integralmente l’ordinarium missae. Chi scrive, ha in più occasioni analizzato le articolate tematiche etnomusicologiche riferite alla polivocalità oroseina, tenendo conto che, fino agli anni Cinquanta, erano attivi due gruppi di cantores, quello specializzato nell’esecuzione dei canti liturgici (sos cantores de cresia, i cantori della chiesa) e quelli delle tre confraternite (sos cantores de sas corfarias), qualificati per i canti paraliturgici.
A Orosei, figura di riferimento per il coordinamento dei gruppi e per l’insegnamento dei canti polivocali religiosi è stato per decenni Giacinto Michele Sebastiano (1880 - 1959), noto in paese come tziu Michelli Quartu. Con l’avvento del Concilio Vaticano II, i canti della messa di tradizione orale vennero definitivamente sostituiti da quelli in lingua italiana. Senza la conservativa tenacia dei citati Antonio Maria Nanni († 2001), Angelo Mula († 1985) e Angelo Sannai († 2014), buona parte dei canti confraternali, probabilmente, avrebbe seguito stessa sorte. Nel repertorio polivocale, un gruppo di canti appartiene ai cosiddetti gotzos, testi poetici a carattere prevalentemente agiografico e narrativo utilizzati, in passato, per svolgere un’efficace azione didattica presso le comunità locali. È da evidenziare che i gotzos a quattro voci oroseini sono tra i più apprezzati poiché, nella maggior parte dei paesi della Sardegna, tali canti sono eseguiti monodicamente o a due sole voci. I canti polivocali eseguiti dal Cuncordu de Orosei sono a forte impatto uditivo. Innanzitutto perché sono stati originariamente composti tenendo conto delle leggi acustiche che permettono di ottenere quella che siamo soliti definire “autoarmonizzazione”, posta in risalto dai cantores facendo un uso sapiente dei suoni “armonici”, cercando di evitare l’effetto dei cosiddetti “battimenti”, non consonanti. Nella registrazione dei canti polivocali è indispensabile farsi supportare da tecnici preparati, con una specifica sensibilità musicale e in possesso di adeguata strumentazione tecnologica. Nei cd di “Animas”, Adrian von Ripka ha saputo garantire spessore sonoro alle polifonie dei cantores e del tenore, dando sapiente risalto alle combinazioni armoniche e ai corrispettivi impasti timbrici. Von Ripka, peraltro, si era già egregiamente distinto come ingegnere del suono nel citato cd del 1998. La qualità sonora riscontrabile in “Animas” è elevata e l’ascolto induce a un’intensa esperienza mistico-sonora, garantita dall’ancestralità dei suoni del tenore e dall’intensità espressiva dei differenti canti sacro-popolari.
La voce del bassu ha funzione di sostegno, rafforzata da sa cronta (da contra= contro, opposto) che intona a una quinta (superiore) dal basso e a una quarta (inferiore) da sa voche (la voce principale dell’intonatore). La voce più acuta è detta sa mesuvoche, la quale normalmente intona una terza maggiore (superiore) a sa voche. Di conseguenza, se rapportata a “parti strette”, l’armonia dei cantores è racchiusa all’interno di una decima, un intervallo magico che, a mio avviso, potrebbe trovare storicamente riscontro con i principi teorico-cosmogonici della tetractis (1+2+3+4=10, numero della perfezione), filtrati attraverso il sincretismo cristiano-medievale e rinascimentale. Nel primo cd di Animas sono stati incisi tredici brani del repertorio polivocale. Stabat Mater (sequenza liturgica) viene cantata durante la Settimana santa, per rievocare la sofferenza della Madonna presso la Croce. Magnificat (cantico) è intonato la domenica al termine di due brevi processioni che culminano ne s’Incontru (“Incontro” rituale tra le statue della Madonna e del Cristo risorto). Normalmente Magnificat viene preceduto dall’esecuzione solistica dei quattro versi ripresi dal Regina Coeli, alla quale il coro risponde con il quadrisillabo Alleluja. Tzeleste tesoro (detto anche su Ninniu de Pasca ’e Natale) è un canto natalizio conosciuto in tutto il nuorese, ma qui eseguito secondo la modalità tipica oroseina. Libera me, domine è un canto dei riti funebri, come pure Requiem, preghiera nella Missa pro Defunctis celebrata in suffragio delle anime. In questo contesto trovavano esecuzione anche i Gotzos de su Nefressariu, Sendhe mortu chin rigore (canto di apertura del primo cd) e Divina consoladora (tipico della novena del Rimedio). Miserere (salmo 50), in passato, veniva cantato a casa del defunto e processionalmente nei riti funebri. Sempre in latino vi è il Sanctus (dell’Ordinarium missae), caratterizzato dalla triplice acclamazione.
Tra i gotzos, nel cd sono riportati Cuntempla coro induradu, intonato dai cantores durante le processioni quaresimali dette de sa’ Rughes (delle Croci) e Ia chi non li cheren dare seportura, eseguito durante il Venerdì Santo. Entrambi i gotzos fanno parte del repertorio dell’Oratorio di Santa Rughe (Santa Croce). Ave Maria, canto tipico dell’Oratorio del Rosario, viene talvolta intonato coralmente dalle differenti confraternite quando si ritrovano comunitariamente.Il secondo cd (10 esecuzioni) è interamente dedicato al canto a tenore secondo la modalità tipica oroseina, sulla quale avremmo molto da scrivere, avendo negli anni Ottanta a lungo dialogato con Vissente Gallus († 1994), magister della tradizione profana locale. Nel booklet accluso, il cd del tenore è stato presentato da Andrea Deplano, apprezzato linguista, autore d’importanti testi, in alcuni dei quali (segnatamente in “Bidustos”, 2010) ha notato l’arcaicità del repertorio oroseino. I cantori del tenore sono Giovanni Rosu, Franco Sannai (già citati nel cuncordu), Francesco Busu e Francesco Fronteddu. Secondo consuetudine, la prima esecuzione (A su primu ispuntare) è riferita alla modalità detta voche seria, con la quale il tenore è solito mostrare al pubblico (o alla giuria) la propria abilità espressiva e la compattezza nell’amalgama delle voci. A una rosa è cantato secondo la modalità detta a boch’’e notte antica. Rondinella amorosa appartiene a sas grobes, in questo caso su testo allusivo dedicato alla donna amata. Un gruppo di canti comprende i cosiddetti mutos, forme poetiche contraddistinte da un’introduzione (in prevalenza di tre versi) e da uno sviluppo (detto torrada). Tipica di Orosei è anche la modalità agreste detta a boch’’e torrare voes, riscontrabile nel canto Bonas dies comare, con testo di Giommaria Masala (di Giave). Non potevano mancare i balli tipici cantati a tenore: No mi leas non ti leo (ballu turturinu); si fit a modu de ti ndhe furare (ballu brincu), Coro, si venis ajoe (dillu). Mortu est Juanne ‘e Pira (a s’andira, dal nome dell’intercalare), Vista bi ‘azis sa mala vigura (lellere, a voche lestra). Con rispetto e riconoscenza i cantori hanno dedicato i cd “a sor mannos”, ventidue esecutori non più tra noi che hanno tramandato la tradizione, senza dei quali il presente sonoro polivocale religioso e profano non potrebbe esistere. Un presente sempre più “glocale” per il Cuncordu de Orosei, con concerti già programmati in numerosi stati europei, a testimonianza di come la musica popolare possa beneficamente espandersi oltre i confini originari senza stravolgere le proprie radici.
Paolo Mercurio
©Foto di Alessandro Addis per Spexi
Tags:
Sardegna