Dino & Franco Piana Ensemble - Seasons (Alfa Music/EGEA, 2015)
A due anni di distanza da “Seven”, Franco Piana torna ad incrociare il suo filicorno con il trombone del papà Dino, per dare vita a “Seasons”, disco di grande spessore artistico che raccoglie nove composizioni autografe, incise con un ensemble di strumentisti di primo livello composto da Fabrizio Bosso alla tromba, Max Ionata al sax tenore, Ferruccio Corsi al sax alto e Lorenzo Corsi al flauto, ai quali si aggiungono Enrico Pieranunzi al piano, Giuseppe Bassi al contrabbasso e Roberto Gatto alla batteria, dando vita ad un vero e proprio “wall of sound” jazz. A differenza del disco precedente, questo nuovo lavoro presenta una sequenza di brani dalle melodie swinganti e dalla grande ricchezza timbrica, caratterizzati da modulazioni e cadenze di ampio in cui si inseriscono perfettamente i sei strumenti a fiato dell’ensemble. Aperto da “Opening”, una sorta di ouverture che anticipa i temi dei brani successivi, il disco entra nel vivo con “Just Reflection” in cui spiccano ben quattro assoli firmati da Ionata, Bosso, Dino e Franco Piana. Se “A Light In The Dark” ci rimanda a certe pagine di Chet Baker con il pianoforte di Pieranunzi a giganteggiare nel dialogo con i fiati, la successiva “Five Generations” è un sincopato che si sviluppa tra la prima parte modale e un inciso melodico in cui si inseriscono gli assoli di Ionata e Bosso. L’evocativa “After The Winter” ci conduce ad uno dei vertici del disco “Ostinato” che con le sue aperture funk incornica una chase straordinaria eseguita da Dino Piana e Lorenzo Corsi, Fabrizio Bosso, Giuseppe Bassi e infine Franco Piana alla tromba con sordina. Il dialogo tra i fiati ed uno scintillante Roberto Gatto di “Only Now” ci conduce verso il finale in cui brillano la melodica “Why Not” e la trascinante “Cdj Blues” che incorniciano quello che a buon diritto può essere definito uno dei lavori più importanti ed autorevoli degli ultimi anni nella scena jazz italiana.
Salvatore Esposito
Israel Varela Trio – Invocations (Alfa Music/EGEA, 2015)
Talentuoso batterista e compositore messicano da anni residente tra l’Italia e la Spagna, Israel Varela è uno dei musicisti più originali ed apprezzati del panorama europeo, e vanta un lungo percorso artistico costellato premi come l’Euro Latin Award nel 2009, prestigiose collaborazioni non solo in ambito jazz, tre dischi come leader e numerosi altri in veste di collaboratore. A otto anni di distanza da “Tijuana Portraits”, il batterista messicano torna con “Invocations”, il suo quarto album registrato, tra febbraio e maggio del 2015 negli studi di Hi-Jazz di Roma, con la partecipazione di un trio di livello internazionale composto dal bassista brasiliano Alfredo Paixao, ed il pianista Angelo Trabucco a cui si aggiunge come ospite speciale Rita Marcotulli. Illuminante per capire lo spirito che ha animato la realizzazione del disco è quanto dice lo stesso Varela a riguardo: “Come per i tre album precedenti, questo nuovo lavoro è il risultato delle mie esperienze e ricerche spirituali come artista ma soprattutto come essere umano. (…) La musica di questo album parla di amore, luce, speranza, e verità”. Ispirato e dedicato alla madre Maria Elena che da tempo combatte la sua battaglia contro il cancro, “Invocations” è un invito alla riflessione sull’importanza del rapporto tra uomo e Divino, che è dentro e attorno a noi in diverse forme. Tutto ciò si riflette nelle tessiture melodiche e ritmiche dei brani di sua composizione che si svelano in tutta la loro poetica forza evocativa, e questo non solo per il fondamentale apporto degli impeccabili Paixao e Trabucco, ma anche grazie agli arrangiamenti in cui spicca l’utilizzo del cajon e del minimoog. Non mancano momenti in cui Varela sfoggia anche la sua voce, che spesso scopriamo a fondersi magicamente con quella di Paola Rapele. Brillano, così, la title-track e le intensissime “Kairos” e “Awake”, ma il vero vertice del disco arriva nel finale con “Everyting Is Not” e “Cuando”, versione in spagnolo di “Quando” di Pino Daniele, nelle quali spicca il pianoforte di Rita Marcotulli. “Invocations” è, dunque, l’opera più compiuta di Isreal Varela non solo per lo spessore delle composizioni ma anche per il pregio di mostrarci il suo essere artista a tutto tondo.
Salvatore Esposito
Living Coltrane – Writing4Trane (Alfa Music/EGEA, 2015)
“Writing4Trane” è il terzo album dei Living Coltrane, jazz ensemble nato per rendere omaggio al grande sassofonista americano e successivamente evolutosi in un progetto più articolato volto ad esaltare l’importanza concettuale della sua scrittura. Se i primi due album erano focalizzati unicamente nel rileggere alcuni brani dal repertorio di Coltrane, questo nuovo disco capovolge la prospettiva mettendo al centro la scrittura di brani originali ad lui ispirati e firmati da Stefano Coco Cantini e Francesco Maccianti, rispettivamente sax e pianoforte di questo ensemble completato da Ares Tavolazzi al contrabbasso e Piero Borri alla batteria. Ben lungi dalla sterile imitazione stilistica le composizioni di “Writing4Trane” riflettono nella loro originalità intrinseca, l’universo espressivo del sassofonista americano le cui tracce emergono in brevi frammenti di tema o nei climax, ma soprattutto nella grande sensibilità del quartetto verso la melodia. Guidati dall’impeccabile interplay tra il sax di Cantini e il piano di Maccianti, sostenuto dall’ordito ritmico intessuto dalla batteria di Borri e dal contrabbasso di Tavolazzi, spaziamo dai ritmi afrolatini dell’inziale “Rush” alle melodie intricate di “Sunset”, dalle poliritmie di “Batch-Hombres” agli spaccati riflessivi di “Julius Reubke” fino a toccare “Mr.Kay Double You” che ci porta dritto al secondo movimento di “A Love Supreme”. Se echi di “My Favorite Things” emergono dalla melodia mediterranea di “Aria Di Mare”, la successiva “Uscita a est” è un esempio di come questo quartetto abbia ben chiara la concezione del ritmo che apparteneva a Coltrane. I dieci minuti della sontuosa “Seeds” chiudono un disco gustoso che non mancherà di appassionare coloro che hanno amato la poetica e la scrittura di John Coltrane.
Salvatore Esposito
Daniele Malvisi Six Group - Virtuous Circle Of Miles Davis (Alfa Music/EGEA, 2015)
Composto da Giovanni Conversano (chitarra), Andrea Cincineli (chitarra), Gianmarco Scaglia (contrabbasso), Paolo Corsi (batteria e percussioni), Leonardo Cincineli (live electronics) il sestetto guidato dal sassofonista Daniele Malvisi ha dato di recente alle stampe “Virtuous Circle Of Miles Davis”, un originale omaggio al Miles Davis degli anni Ottanta, quello di dischi come “Tutu” e “Decoy”, che grande influenza ebbero su questo gruppo di musicisti toscani che si riconobbero in quelle composizioni percependo la grande importanza espressiva ed eversiva. Profondamente innamorati della musica del trombettista americano, questo quartetto ha riletto otto brani del suo repertorio, facendo emergere il significato puramente musicale della sue composizioni, ed in questo senso va letta anche l’assenza voluta di una tromba, solo evocata dalle alchimie elettroniche di Cincinelli. Le due chitarre di Conversano e Cincinelli ed il sax di Malvisi danno vita ad una tessitura sonora di grande pregio, magistralmente supportate da contrabbasso di scaglia e dal drumming di Corsi. Brillano, così, la trascinante “Nardis” che apre il disco le due versioni di “Milestones” che raccontano due fasi diverse ma conseguenziali della carriera di Davis nel passaggio dall’acustico all’elettrico, inframezzate da una “Solar” resa in modo sontuoso. Se “Jean Pierre” ci conduce alle atmosfere rap, il backbeat di “Pfrancing (No Blues)” ci regala uno spaccato di grande blues, prima di addentrarci nel mondo jazz funk di “Decoy” con “What It Is”. Chiude il disco una eccellente versione di “Blue In Green” da “Kind Of Blue” che ha il sapore di un atto d’amore proprio come l’intero disco.
Salvatore Esposito
Alberto Giraldi Jazz Quartet - Geometrie Affetti Personali (Alfa Music/EGEA, 2016)
“Geometrie Affetti Personali” è questo titolo del nuovo album del pianista e compositore Alberto Giraldi, il quale ci presenta nove brani autografi, incisi con gli inseparabili compagni di viaggio Filiberto Palermini (sax alto e soprano), Riccardo Gola (contrabbasso), Ettore Fioravanti (batteria) e la partecipazione di Fulvio Sigurtà (tromba). Si tratta di un disco caratterizzato da originali metriche dispari e da una elegante ricerca melodica volta ad esaltare la cantabilità dando vita a spaccati evocativa densi di poesia. L’approccio istintivo ed empatico al pianoforte di Giraldi si sposa perfettamente con le suggestioni del sax di Palermini e la cura ritmica di Gola e Fioravanti. Aperto dalla gustosa “Quando Mi Racconti” il disco ci regala subito una bella sorpresa con le trame cantautorali de “La Leggenda dell’Ape”, un omaggio a Sting in cui brilla l’ispirato approccio improvvisativo sostenuto da una ritmica dai colori cangianti. Si spazia poi dalle pagine autobiografiche di “Ascolto di un silenzio” e “Angoli di visuale” alle trame narrative di “Linea all’orizzonte” in cui brilla la tromba di Sigurtà, passando per l’evocativa “Natale”, fino a giunge alla conclusiva “I residui dell’anima”, una composizione dal tratto crepuscolare densa di poesia. “Geometrie, Affetti Personali” è disco prezioso non solo per la cura con la quale è stato realizzato, ma anche per la profonda sensibilità che lo permea.
Salvatore Esposito
Daniela Spalletta feat Urban Fabula – D Birth (Alfa Music, 2015)
Avete presente l’incredibile performance live, da oltre otto minuti, in cui la favolosa Ella Fitzgerald interpreta “Flying Home”, brano esclusivamente strumentale di Benny Goodman e Lionel Hampton, sostituendo al sax tenore il suo virtuosismo vocale? In caso negativo prima di proseguire sarà d’obbligo per i lettori ricorrere all’album “Digital III at Montreux” del 1979 che testimonia tale esibizione. Fatto? Ora siete pronti all’ascolto di “D Bith” (AlfaMusic, 2015), esordio discografico (un’idea di nascita e debutto è già nel titolo stesso) di Daniela Spalletta. Al suo fianco, in un sodalizio ormai ben rodato, gli Urban Fabula (Seby Burgio pianoforte, Alberto Fidone contrabbasso, Peppe Tringali percussioni), trio di talentuosi musicisti siciliani cui in alcuni brani si aggiunge Max Ionata e l’“Hermes” string quartet. La prima delle undici tracce, dimostra fin da subito l’abilità della trentunenne cantante di Mazzarino (CL), nel costruire una melodia vocale esclusivamente attraverso gorgheggi, onomatopee, vocalizzi e acrobazie verbali. Non è dato sapere se a ispirarla sia stato effettivamente l’ascolto della Fitzgerald del Montreux Jazz Festival, ma è d’obbligo riconoscerle, proprio in ragione di questo impegnativo confronto, un innegabile talento. “D Birth” rappresenta forse il modo più immediato - a patto che abbiate una sessantina di minuti a disposizione, insomma il tempo di un aperitivo rilassato - per conoscere Daniela Spalletta. Vi si paleserà allora non solo il suo accurato studio del canto jazz (laurea con lode), ma anche la sua abilità di compositrice e arrangiatrice. Ben otto tracce sono frutto della sua penna che scrive talvolta anche in inglese e in siciliano, mentre “Blip Unforeseen Variation” è firmata a quattro mani col sassofonista Max Ionata. Fra i brani originali si segnalano “One Day on a Sudden” misto di inglese e vocalese su un tappeto jazz dei più classici ma sempre affascinante, “Manipura” pura ventata di Mediterraneo, e la dolce, dialettale e quasi disneiana “Zahara”. Culmine artistico del disco sono i singolari arrangiamenti di “Far Away” di Astrud Gilberto e “But Not for Me” di George & Ira Gershwin. L’auspicio per il futuro è un album di cover, dove la voce di Daniela Spalletta e il talento degli Urban Fabula riscrivano, alla loro maniera, pagine fondamentali della musica internazionale.
Guido De Rosa
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Suoni Jazz