Pneumatica Emiliano Romagnola – Zuffi. Qualsiasi musica, ma mai musica qualsiasi (Radici Music Records/Goodfellas, 2016)

Scomparso prematuramente all’età di cinquantacinque anni, il 15 novembre del 2012, Stefano Zuffi è stato non solo un eclettico polistrumentista e ricercatore, in grado di spaziare dalla musica antica a quella tradizionale fino ai suoni world dell’America Latina che tanto amava, ma anche una delle figure centrali nella riscoperta e nella riproposta del corpus di musiche e balli dell’Emilia Romagna. Dividendosi tra il suo lavoro presso il Resto del Carlino, l’attività musicale e l’insegnamento presso la Scuola di musica popolare di Forlimpopoli, il musicista bolognese, dopo gli esordi nel Canzoniere delle Lame, aveva dato vita a diverse esperienze musicali, come il duo con il cantautore Fausto Carpani e la Pneumatica Emiliano Romagnola, ed il suo lascito più importante è rappresentato dal suo ricchissimo repertorio musicale nel quale brani della tradizione della sua terra, si mescolano al repertorio klezmer e a quello della musica antica, senza contare le tante composizioni autografe. A distanza di tre anni dalla sua morte, Pneumatica Emiliano Romagnola lo ricorda con “Zuffi. Qualsiasi musica, ma mai musica qualsiasi”, un doppio album, pubblicato da Radici Music Records, realizzato con il patrocinio di diversi comuni (Bagnacavallo, Castel Maggiore, Castel San Pietro Terme, Cervia, Cesena, Cotignola, Ferrara, Forlimpopoli, Longiano, Lugo, Monterenzio e Ravenna) e curato da Umberto Cavalli che da Zuffi, ha raccolto il testimone artistico e la guida della storica formazione emiliano romagnola. A spiegarci la genesi di questo progetto è proprio quest’ultimo: “Come ho scritto nella presentazione del disco, quando ho cominciato le registrazioni di questo doppio disco, avevo esattamente in mente cosa non sarebbe stato. Non volevo che fosse un disco tributo, né un omaggio, né un addio, insomma una di quelle pubblicazioni che si usano per ricordare un artista. Non volevo soprattutto che fosse qualcosa di triste o di filologico, di strettamente legato al canto, al ballo o alla musica antica, che comunque erano aspetti della personalità artistica di Stefano Zuffi. 
L’ho immaginato come un bellissimo pranzo in mezzo al verde con un grande tavolo e una marea di invitati. C’è chi come noi ha suonato per anni con Stefano, chi viene da lontano, c’è chi suona, chi balla e chi preferisce solo ascoltare. Ognuno arriva con il suo dialetto, il suo strumento e suona liberamente, mettendo da parte ogni differenza. Stefano, infatti, diceva sempre che la musica doveva coinvolgere tutti, dalla corte al cortile, dalla regina alla pastora”. La realizzazione del disco è stata incentrata essenzialmente nel porre in risalto tutte le peculiarità della personalità artistica di Stefano Zuffi: “Ho avuto la fortuna di suonare al suo fianco per dodici anni. Lui era capace di farmi passare dalla risata alla tristezza nel giro di un istante e di sollevarmi da terra con un veloce cenno dell’arco del violino. Quando si ha la fortuna di trovare un maestro bisogna avere intelligenza di riconoscerlo, ma ci vuole fortuna anche ad incontrare degli allievi bravi e questo Stefano l’aveva capito. Durante un concerto in teatro, parecchi anni fa, presentandomi al pubblico, disse: “Sapete, è difficile trovare degli eredi; io, in particolar modo, mi sono dovuto accontentare!”. Il pubblico rideva mentre io rimasi in silenzio perché quello era un passaggio di testimone, anche se solo morale. Se dovessi descriverlo direi che era un ercole bambino, è quello che fa cose magnifiche ma anche cose terribili. Nella descrizione era un omone, grande e grosso con la barba bianca, ma aveva mani delicatissime. Era importante far emergere tutto questo, il lirismo e la cialtroneria che sapeva tirar fuori, la potenza e la capacità di essere delicato, e così abbiamo inserito la sua voce, la sua tecnica attoriale ed i suoi strumenti, a volte lievemente nascosti nel brano e non del tutto udibili, a volte in primo piano, da soli. In parallelo ho cercato di fare anche un excursus su questi anni trascorsi suonando insieme, creando un ponte fra ciò che era, e ciò che è oggi e ciò che continuerà ad essere la Pneumatica Emiliano Romagnola, fra il palco e lo studio di registrazione”. Ascoltando il disco, infatti, si nota come le registrazioni dal vivo si evolvano in brani in studio e viceversa, in un mash-up sorprendente come sottolinea Cavalli: “La difficoltà è stata quella di spiegare in musica il concetto di “passato che passato non è”, e lo abbiamo fatto utilizzando i brani registrati dal vivo durante i concerti che lentamente sfumano e si trasformano nel brano suonato da noi nel 2016. A distanza di tre anni l’insegnamento continua, il messaggio continua. 
Si parte dal palco con la gente che applaude e Stefano che presenta i vari brani, per passare poi al brano registrato in studio”. L’ascolto è, dunque, la preziosa occasione per ripercorrere tutta la vicenda artistica della Pneumatica Emiliano Romagnola e di Stefano Zuffi, tra le ricerche sul campo e le rielaborazioni, senza contare qualche incursione in repertori extraregionali o di ambito world. Ad aprire il primo disco è l’invito alla danza con il medley “Fulana, Polca Francesina e Tresca” proposti nella versione velocizzata di Zuffi ed impreziositi con estratti da un concerto con Canzoniere Contemporaneo. Si prosegue con la bella squenza in cui brillano “Stoppa e Vanna”, poesia musicata di Bruno Versari dedicata al partigiano Guido Buscarini, primo caduto della Brigata Garibaldi, quel gioiello che è “Oscurità” e “Polesine” per giungere al repertorio sefardita di Zuffi con “La Vida Do Por El Raki” e il medley “Cose affini ma non uguali/Fuggi Fuggi” con protagonisti Daniele Poli e il polistrumentista bolognese al violino. Ancora dal repertorio da ballo arrivano i medley “Baraben/Ballo di Mantova/Tresca dei Preti” e “Manfrina e Polca del Piffero” che ci conducono al finale con la dolcissima “Ninna Nanna di Monghidoro”. Ad accoglierci nel secondo disco è questa volta Zuffi che esegue in solo alla ghironda una superbe versione de “La Pastora” a cui seguono la bella rilettura di “Nina” di Gualtiero Bertelli proposta da Michele Corcella alla chitarra, Paola Sabbatani alla voce e Umberto Cavalli alla fisarmonica, e il ballo liscio “Stimleina”. Gli echi di grecia di “Sirba”, l’intensa “Martino e Marianna” e “Tesorina Mia” ci conducono all’omaggio di Fausto Carpani e Antonio Stagapede con “Walzer per Stefano” con il quale ci avviamo verso il finale in cui spiccano “Manfrina Castel D’Aiano e Manfrina di Porretta” ed il ballo cantato “Il Caprone”. Ma non è finita qui perché nel mezzo troviamo i brani dei vari ospiti, per la cui presentazione lasciamo ancora la parola ad Umberto Cavalli: “Suonando con Zuffi ho avuto modo di rendermi conto di chi apprezzava e chi invece detestava. In ogni caso, ho dovuto scegliere tra tanti amici, però è stata un po’ più semplice, perché almeno sapevo anche chi non chiamare. 
Alcuni non potevano mancare, altri sono stato io a chiamarli, perché avevo piacere nel farlo. Ci sono innanzitutto alcuni attori, perché con Stefano ci siamo conosciuti in teatro. Troviamo quindi Ivano Marescotti, che ha letto quattro poesie di Walter Galli che Zuffi adorava, Roberto Mercadini, Marina Pitta, e Sergio Diotti che ci hanno legato e con cui abbiamo collaborato. Passando alla musica, mi piace ricordare che Zuffi suonava strumenti di tutti i tipi ed in particolare la ghironda, e per questo ho scelto di chiamare i Lou Dalfin di Sergio Berardo che ci hanno regalato “Bachasset” e i Tendachent di Maurizio Martinotti, uno dei primi ghirondisti italiani, i quali partecipano con “Re Gilardin”, un brano che Stefano ha suonato in mille modi nel corso della sua carriera. Non potevano mancare le donne che lui adorava e quindi ho scelto la più grande ricercatrice di musica popolare in Italia, Giovanna Marini della quale mi aveva spronato a studiarne le ricerche e che ci donato “Un po’ di qua un po’ di là”, poi c’è anche Maddalena Scagnelli con la splendida “E c’era una ragazza” e la pianista Francesca Perrotta che rilegge “Profumo sottile” un brano di liscio antico molto amato da Zuffi. Sul versante emiliano romagnolo troviamo i Modena City Ramblers che ci hanno concesso “Al Dievel” registrata dal vivo e nella quale hanno voluto identificare Stefano con il comandante Diavolo, mentre Cisco gli ha dedicato “La Rivoluzione”, brano che racconta di un gruppo di ragazzi che prima mangiano fino al mal di stomaco e poi decidono di rimandare la rivoluzione al giorno dopo. Poi ancora c’è Genova dove Stefano ha vissuto a lungo con Armando Corsi, chitarrista straordinario che gli ha dedicato una ninna nanna genovese molto bella”. Insomma, non poteva esserci modo migliore per ricordare Stefano Zuffi se non con un lavoro articolato e ricco che fosse quanto più rappresentativo possibile del suo approccio alla musica. 


Salvatore Esposito

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