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Dalla ricerca teatrale all’esplorazione del sistema e del vissuto sonoro della Sardegna, dalla sperimentazione drammaturgica alla dimensione del canto al femminile, avvincente non solo sul piano estetico ma per la rilevante funzione sociale che il canto delle donne assume nelle culture orali. Provo con una sintesi, inevitabilmente riduttiva, a dare conto del percorso artistico trentennale che la Compagnia Actores Alidos (in logudorese significa "teatro di attori che si rinnovano") svolge dal 1982 a Quartu Sant’Elena. È passato un decennio da “Canti delle Donne Sarde”, sorprendente disco dell’ensemble di attrici e cantanti, che con passo deciso sfidava la tradizione polifonica dei cantadores declinandola al femminile. Ora è “Galanìas” il nuovo percorso nelle pieghe del canto, pubblicato sempre per l’etichetta Finisterre da Valeria Pilia (la boghe sola, vale a dire la voce solista, che disegna il canto), Elisa Marongiu, Manuela Ragusa (boghes de punta), Roberta Locci (boghe mediana) e Valeria Parisi (boghe de suta). Racconta Valeria Pilia, che del quintetto è anche regista e autrice: «Non ci occupiamo soltanto di musica, abbiamo fatto un percorso di teatro, dove la musica è sempre presente. Abbiamo realizzato anche degli altri concerti come “Laras de coraddu”, “Anninnia”, “Su pizzineddu”, però è stato “Galanìas” lo spettacolo che abbiamo voluto registrare e non gli altri. Diciamo che le altre produzioni sono dei passaggi intermedi. In questo CD la novità è che, se da un lato siamo un po’ sulla stessa linea del precedente disco, dall’altro abbiamo avuto degli ospiti con cui ci è piaciuto lavorare. Si tratta sempre di canti al femminile con l’elaborazione in polifonia, ma anche di pezzi nuovi che rievocano la tradizione. Nascendo con il teatro, il fine ultimo per noi non è fare un CD, ma questa è una tappa che abbiamo voluto festeggiare con amici che ci stavano intorno e con cui ci piace molto collaborare».
Voci sole per la ninna nanna “Dammi Li Mani”, composta dal grande studioso tempiese Gavino Gabriel. Daniele Cossellu dei Tenores ci delizia con un’introduzione poetica, che fa da incipit a “A cicchittu a cicchittu”, «un gioco sul vino e su i suoi effetti», chiosa Pilia, che ne è autrice, dove Mascìa ci mette la sua trunfa. La voce principale delle Actores firma anche la filastrocca-ninnananna “Festa po sa pippia”. Nell’antifona mariana pasquale “Regina Coeli”, cantata a tasgia, Elisa Marongiu prende la guida del quintetto come voce solista. Invece, le parti si ridistribuiscono nella celebre “Ave Maria ‘e Deus”. Altri brividi ci scuotono per l’intreccio di voci con il canto armonico di Sainkho in “Lughe jara” (ancora su liriche di Pillonca). Arriva, poi, il simposio di voci di “Anghelos cantade”, in cui le Actores ritrovano il quartetto a tenore barbaricino, mentre nella sospesa e quasi sussurrata title-track la cantante siberiana duetta con la sola Pilia. La tensione sembra stemperarsi con la trallalera “Galluresa”, proveniente dal repertorio di Maria Carta. La forza teatrale del quintetto si manifesta nella rivisitazione della filastrocca “Tiri tiri de sa cipudda”, dove entra la prospettiva dell’«uomo ammazzato» – racconta Pilia – che poi è Raffaello Simeoni (anche a sax soprano, synth e saz), il cui intervento vocale contrappunta le cinque ugole femminili. Interessante anche la resa del tradizionale “Vida mia”, un canto monodico reinterpretato nella pienezza delle cinque voci. Conclusivo tripudio festivo e danzante con le launeddas possenti di Mascìa, che mette la sua maestria in “Si non ballat su coro”.
Ciro De Rosa
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