Per raccontare il Premio Tenco 2015 conviene partire dalla fine. Dall'entusiasmo di cui è colmo il teatro Ariston quando si chiude il sipario della "tre giorni"; dall'emozione che si legge sulle guance colorate degli spettatori appena oltre le pesanti tende rosse che contornano la sala, dai sorrisi soddisfatti e pieni degli addetti ai lavori che finalmente si lasciano andare ai commenti finali della rassegna. E se è vero che il tradizionale filo conduttore dell'evento si è quest'anno impersonato nella figura concreta quanto mitica di Francesco Guccini, solida roccia su cui contare per il successo della nuova edizione, è vero anche che le tre serate sono state un crescendo di musica e poesia di alto livello grazie all'avvicendamento sul palco di tanti artisti di generi e di età molto diverse, la cui esibizione in nessun caso è stata affidata esclusivamente all'interpretazione di rito di una canzone del Maestrone di Pavana, ma ciascuno ha portato sé la propria arte apportando così il proprio fondamentale valore aggiunto. La rassegna di quest'anno lascia dietro a sé strascichi di vita interiore vissuta appieno, come accade quando l'arte - in particolare la musica nella sua peculiarità di arte "ineffabile", per dirla con il filosofo-musicista francese Jankélévitch - compie fino in fondo la sua missione comunicativa. Ci pare importante mettere l'accento su questo risultato giacché il Club Tenco, pur ampiamente riconosciuto quale più autorevole punto di riferimento della canzone di qualità italiana e mondiale, è quasi strutturalmente circondato anche da critiche negative di ogni sorta: vetustà, autoreferenzialità, incapacità di rinnovarsi, incapacità di adattarsi alle nuove esigenze del web e così via.
Così, la voce pressoché unanime del successo di pubblico e di critica ottenuto in questi giorni è qualcosa che il vasto universo umano che si muove con passione attorno all'evento centrale dell'attività del Club può assaporare ora il risultato di tanto impegno, profuso - altro aspetto da ricordare - a titolo esclusivamente e rigorosamente gratuito.
Ecco allora il nostro racconto di quanto accaduto e di quanto vissuto in questo lungo weekend sanremese, dislocato tra incontri musicali pomeridiani nello storico quartiere della Pigna, conferenze stampa, incontri e dibattiti alla vecchia stazione nonché nuova sede del Club, e il teatro Ariston, finalmente tornato ad accogliere le serate musicali dopo due anni di “distaccamento” al teatro del Casinò.
Francesco Guccini, indirettamente, è subito protagonista del palco - "rubando" la parte a Luigi Tenco e alla tradizionale apertura con "Lontano lontano" - attraverso l'interpretazione della sua "Auschwitz" da parte di tre artisti d'eccezione: Vittorio De Scalzi con voce e chitarra, Mauro Pagani con il suo violino ed Edmondo Romano ai fiati. Sull'applauso del pubblico dopo le loro ultime note, fa il suo ingresso il presentatore storico Antonio Silva, con il suo consueto e immutato sorriso gioviale e accogliente, che dà ufficialmente il via alla rassegna.
È una novità il primo ensemble musicale: si tratta dell'Orchestra nazionale dei Giovani talenti del Jazz, composta di orchestrali freschi e sorridenti «perché non sono orchestrali», come sottolinea il loro direttore Paolo Damiani, ma eccellenti solisti; si esibiscono in due brani, una canzone scritta dallo stesso Damiani e la gucciniana "Quattro stracci", in un raffinato arrangiamento che è davvero un piccolo gioiello.
Il complesso cambio palco, come di consueto, è gestito dalla figura del "tappabuchi", quest'anno impersonata dal comico Paolo Migone: nel corso delle tre serate sarà sempre perfettamente all’altezza del proprio ruolo, per nulla semplice, e il pubblico mostrerà sempre di divertirsi tanto con i suoi esilaranti quadretti di vita familiare.
Arriva il momento della consegna della prima Targa Tenco, il riconoscimento riservato alla canzone d’autore italiana. Destinatari, quali autori del Miglior disco di esordio, i due fratelli Niccolò e Jacopo Bodini, in arte La Scapigliatura; i due omaggiano Guccini interpretando “L’antisociale”, preservando intatta la loro cifra stilistica, garbata ed elegante. Certamente, è forte il contrasto al passaggio di palco che accoglie il cantante John De Leo e i suoi eccellenti musicisti: qui il livello artistico si impenna vertiginosamente, non solo grazie alle straordinarie e ben note capacità vocali e interpretative di De Leo, ma anche per gli strumentisti e i loro sofisticati ma non di meno appassionati arrangiamenti; prova per tutti ne è la loro versione de “Il pensionato” di Guccini, canzone dal piglio asciutto ed essenziale che viene qui riletta musicalmente in modo profondamente diverso, giocando a rendere le atmosfere di un testo esistenziale che riflette sulla vita e sul tempo che passa, assecondando ed enfatizzando in termini musicali di volta in volta i vari momenti del racconto; un lavoro geniale, per chi scrive.
L’artista che lo segue è Appino: sarà per la conseguenzialità delle esibizioni, tanto avvolgente e ricca di timbri come è stata la precedente, ma la prova del cantautore pisano, assai coccolato dal Club Tenco, già leader degli Zen Circus e Targa Tenco 2013 per l’omonimo disco d’esordio solistico, appare poco convincente, sia per le sue composizioni che per la sua versione della lunga ballata gucciniana “Eskimo”.
È quindi la volta di uno dei momenti più solenni della rassegna, ovvero la consegna del prestigioso Premio Tenco per l’Operatore culturale: Silva chiama dunque sul palco Guido De Maria, disegnatore e vignettista che ha fatto la storia del fumetto portandolo persino in televisione con le fortunate trasmissioni “Gulp!” e “Supergulp!”, e che ha creato personaggi divenuti celebri come Nick Carter (accanto al grande Bonvi) o il divertentissimo protagonista di “Carosello” Salomone pirata pacioccone. Grande amico e compagno di creative e goliardiche avventure con Francesco Guccini, è lo stesso Maestrone che gli consegna l’ambito Premio, senza peraltro riuscire a interrompere il meraviglioso fiume in piena di racconti, aneddoti, risate e battute di questo giovanissimo ottantatreenne. Un personaggio che conquista il pubblico e viene inondato di applausi ancor più del suo celebrato amico.
Ancora una Targa Tenco viene poi invitata a salire sul palco: è Cristina Donà, accompagnata da Saverio Lanza, entrambi autori della canzone “Il senso delle cose”, premiata dalla giuria di giornalisti e critici musicali quale più bella dell’anno. Sul palco, la cantautrice lombarda si muove con padronanza, e canta una dietro l’altra la sua “Universo” e la gucciniana “Stelle”, scegliendone con cura alcuni versi e disvelandone così la profonda affinità tra questa e la sua canzone, seppure nella diversità del loro sguardo sul mondo.
Il finale è affidato a Roberto Vecchioni, una delle presenze più costanti al Premio Tenco fin dagli inizi, e grande amico di Francesco Guccini; lui sceglie di dare enfasi alle parole del suo collega di Pavana recitando l’evocativa “Bisanzio”, testo di grande respiro egregiamente accompagnato dal chitarrista Massimo Germini e dal polistrumentista Lucio Fabbri; interpreta anche la nostalgica “Incontro”, e brani propri come le acclamatissime “Vincent” e “Luci a San Siro”, su cui si chiude il sipario.
Mentre puntuale riapre l’“infermeria”, altro mitico luogo di incontri dove ogni male viene curato con un bel bicchiere di vino offerto dalla compagnia tenchiana, suona la campanella d’inizio della seconda serata. Che parte in grande stile: sul palco è infatti dispiegata l’Orchestra Sinfonica di Sanremo, per l’occasione diretta da Vince Tempera, uno dei fedeli musicisti di Guccini. Con loro una cantante dalla voce limpida e dalla comunicativa aperta e appassionata, Vanessa Tagliabue Yorke: impossibile non innamorarsi di questa giovane e straordinaria artista dopo averla ascoltata cantare “Canzone quasi d’amore” e “Cirano”, accompagnata dal superbo arrangiamento orchestrale di Tempera.
Si svuota poi il palco per lasciare spazio a un personaggio molto amato e atteso dal pubblico, Bobo Rondelli. Il cantautore livornese si accompagna con un ukulele per eseguire asciutto e diretto una perfetta “Avvelenata”, scelta particolarmente preziosa perché questa canzone, pur essendo forse tra le più popolari di Guccini, lo stesso Maestrone non la cantava in concerto da tanti anni. Rondelli, infine, commuove tutti con una sua canzone dedicata alla madre, scomparsa di recente.
Viene dunque invitato sul palco un musicista cui il Club Tenco ha riservato un proprio riconoscimento, “I suoni della canzone”, dedicato agli artisti che hanno contribuito a costruire la personalità dei cantautori con il suono del loro strumento: è Armando Corsi, che si siede al centro del palco solo, con la sua chitarra classica, e muovendo le sue dita sulle corde riesce a stupire e a commuovere la platea.
È poi la volta della Targa Tenco per il miglior album, riconoscimento tra i più ambiti e difficili da conquistare: quest’anno è Mauro Ermanno Giovanardi, con “Il mio stile”, che ha convinto la maggior parte dei giurati. Lui, con la sua voce calda e i suoi modi raffinati, avvolge il pubblico come sa, lo invita a immergersi nelle sue atmosfere, e omaggia a suo modo Guccini con un “Dio è morto” in parte recitato sullo sfondo musicale, in parte cantato, lento e morbido.
L’apertura della seconda parte è affidata al trio L’ora canonica, e al suo spiritoso e intelligente omaggio a Guccini, parafrasando “La genesi”. È una breve parentesi prima del momento più importante: la consegna del Premio Tenco per l’artista, quest’anno assegnato dal Direttivo del Club a Jacqui McShee, cantante del gruppo folk rock inglese Pentangle. La sua voce serena si distende nelle atmosfere evocative della canzone popolare inglese, “tra canto e incanto”, come recita la motivazione del premio, accompagnata da due grandi musicisti: Gerry Conway alla batteria e Spencer Cozens al pianoforte.
La segue una presenza un po’ anomala per questo palco: l’attore Leonardo Pieraccioni, invitato dal Club quale grande fan di Francesco Guccini e lui stesso cantautore per diletto. Di tempo a disposizione gliene viene offerto in abbondanza, tanto da intrattenere il pubblico con un breve e divertente monologo mentre strimpella la chitarra, cantare una sua canzone e infine offrire una sua versione di “Venezia”, un brano portato al successo da Guccini; che però, va detto, è una delle poche canzoni del repertorio del cantautore tosco-emiliano che non portano la sua firma, bensì quella di Gian Piero Alloisio.
Il palco si riaccende di grinta e di rock con l’ultima, grande ospite della serata, Carmen Consoli, che si presenta al pubblico cantando una personalissima, intensa versione di “Il vecchio e il bambino”, per proseguire poi con alcuni brani tratti dal suo ultimo album “L’abitudine di tornare”, e non solo: convincente, determinata, grintosa come sempre, porta in primo piano il tema della donna e del suo ruolo nel mondo, sia nelle canzoni che nella musica, presentandosi in trio con altre due donne, alla batteria e al basso. Una chiusura perfetta per lo spettacolo di oggi.
La serata finale dedica la sua apertura alla Targa Tenco per il Miglior album di interpretazioni, conquistata dai Têtes de Bois con “Extra - Têtes de Bois per Léo Ferré”: loro hanno ormai una meritatissima e consolidata posizione nell’Olimpo della migliore canzone di qualità italiana (solo per citare il Club Tenco, questa è la loro terza Targa: la prima nel 2002 per “Ferré, l’amore e la rivolta”, poi nel 2007 con “Avanti Pop”), e la loro esibizione sul palco dell’Ariston non delude. Di Guccini cantano “Canzone delle domande consuete”, a parere di chi scrivere uno dei suoi capolavori, per poi proseguire con il “loro” Ferré; avvolgono la platea con i loro suoni, e la platea li ricambia con calore e commozione.
Ancora Targhe Tenco in programma per la serata: la prima, quella per il Miglior album in dialetto, viene consegnata a Cesare Basile per “Tu prenditi l’amore che vuoi e non chiederlo più”: splendida la sua interpretazione de “La ballata degli annegati”, perfettamente inserita tra le sue corde stilistiche fatte di tradizioni popolari e sonorità arcaiche miste a sapori moderni e concreti.
La seconda Targa è ancora per la Miglior canzone (ex aequo con il duo Donà-Lanza) per “Le storie che non conosci”, scritta da Samuele Bersani e Gino De Crescenzo “Pacifico”, e incisa dai due con un prezioso cameo proprio di Francesco Guccini (un’operazione nata a sostegno della fondazione Lia per la creazione di laboratori di lettura per bambini non vedenti). Il palco è tutto per Pacifico, perché Bersani ha problemi alla gola e non può cantare; così è lui a interpretare la gucciniana “Gli artisti”, poi la canzone vincitrice, e la sua “Le mie parole”, cantata anche a suo tempo con grande successo proprio da Samuele Bersani.
Ad aprire la seconda parte arriva un momento che il pubblico presente in sala difficilmente potrà dimenticare: sale infatti sul palco il cantautore canadese Bocephus King. È una fiammata intensa, un fuoco d’artificio fatto di musica, di ritmo e di energia travolgente che trascina e conquista. Lui canta “Autogrill” tradotta in inglese, nel pieno rispetto del testo e della melodia, restituendone una forma certamente diversa ma almeno altrettanto affascinante rispetto all’originale; una meraviglia. Così come belle e travolgenti le canzoni che canta, contagioso nella sua grinta e nel suo entusiasmo tanto che il pubblico non vuole lasciarlo andare, e lo stesso Silva, in deroga alle regole di scaletta, non può non concedergli un “bis”.
Dopo di lui viene invitato sul palco Giovanni Truppi, singolare cantautore fuori da qualunque schema, già più volte portato all’attenzione del Club Tenco e oggi assegnatario del Premio Nuovo Imaie. Difficilissimo esibirsi dopo la prova esaltante di King con la sua colorata band, ma il Nostro non si scompone e lì solo con la sua chitarra si lancia – con successo – nell’interpretazione de “Gli amici”, per poi proseguire con due suoi brani. Colpiscono in questo giovane artista l’originalità dei suoi testi, dal taglio spesso ironico, talvolta surreale, sempre intelligente, come pure la particolarità della sua tecnica chitarristica; bene ha fatto il Direttivo del Club a invitarlo e a sostenerlo, con coraggio, questo artista che sembra avere molto da dire.
Si arriva così al gran finale: per l’occasione, il Club Tenco ha messo assieme molti dei musicisti che hanno seguito Guccini nella sua lunga carriera: riuniti sotto il nome di “Musici & Friends”, sono Juan Carlos “Flaco” Biondini, Jimmy Villotti, Vince Tempera, Antonio Marangolo, Deborah Cooperman, Pierluigi Mingotti, Roberto Manuzzi e Ivano Zanotti. La voce di Flaco sostituisce quella dell’amico e compagno di una vita Francesco, e lo fa assai degnamente, tanto da conquistarsi con la “sua” “La locomotiva”, e con i suoi compagni di palco, una standing ovation dalla sala, mentre anche lo stesso Guccini sale sul palco a chiudere la trentanovesima edizione della Rassegna della Canzone d’autore.
Alessia Pistolini
Foto di Marco Donatiello
Foto di Marco Donatiello
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