Musicisti Basso Lazio - Tarantella ribelle (CNI Unite, 2015)

Musicisti Basso Lazio ci riconduce a una dimensione musicale e, in generale, espressiva, articolata e colma di riflessi interessanti. Perchรฉ la produzione dell’ensemble - che ha all’attivo sei album e un paio di documentari video - รจ radicata dentro un contesto politico ben reciso. Che รจ quello a cui fanno riferimento (o lo hanno fatto in passato) diverse formazioni musicali riconducibili allo scenario folk e tradizionale del nostro paese. Uno scenario che si puรฒ riconoscere in modo sufficientemente verosimile in un uso politico delle musiche popolari e che - piรน in passato che oggi - ha supportato diversi movimenti di critica e contestazione. E nel quale le espressioni musicali tradizionali in un dato contesto, in un’area piรน o meno definita (non credo sia un caso che la provenienza del gruppo sia stata inclusa nel nome stesso), sono non solo rielaborate e riproposte, ma piuttosto rigenerate e ri-significate su un piano di rappresentazione che si configura in termini sopratutto politici. Le soluzioni in questo senso sono diverse, come diversi sono gli esempi che potrebbero servire a inquadrare un album come “Tarantella ribelle”, l’ultimo lavoro dell’ensemble guidato da Benedetto Vecchio: ricco, denso, costruito su una successione significativa di temi legati alla nostra contemporaneitร , come il lavoro, i rapporti e i conflitti sociali, l’immaginazione, la memoria. Penso agli Zezi di Pomigliano d’Arco (anche loro con il riferimento territoriale nel nome), ai loro epigoni anche estremamente distanti sul piano della forma o nei modi in cui hanno elaborato i linguaggi tradizionali del napoletano (99 Posse, Bisca, Daniele Sepe: gli esempi potrebbero essere tanti, anche se il panorama รจ attualmente un po’ sfocato). “Tarantella ribelle” รจ il risultato di una storia espressiva che si รจ articolata sopratutto seguendo quel doppio codice che vede la politica e la musica convergere in un linguaggio elaborato e forte, ben piantato nella memoria musicale e in tutto ciรฒ attraverso cui questa si articola: l’oralitร , il dialetto, gli strumenti popolari, il richiamo alla ritualitร  e alla condivisione. Il primo brano in scaletta, che dร  anche il nome all’album, รจ il manifesto dell’intero lavoro, che si connette idealmente alla storia del gruppo e a ciรฒ che questo ha prodotto negli anni. E che lo spinge anche piรน avanti, grazie a una lavorazione molto attenta a tutti i dettagli – dal ritmo, all’andamento generale, al timbro e agli arrangiamenti – e, soprattutto, a un equilibrio che inquadra tutti gli strumenti in un flusso coerente e compatto. La costruzione del pezzo, che รจ strutturalmente semplice (come lo รจ anche il testo, che in questo guadagna in efficacia: “Gli sogni d’gli giovan’ so fatt’ d’ progett’/ persa la speranza, stann dent’ a nu’ cassett’”), esce da uno schema scontato grazie all’arrangiamento. Soprattutto nel prologo, dove si accenna l’aria che poi sosterrร  tutto il brano, colpisce il modo in cui si intrecciano la zampogna e i fiati. L’atmosfera รจ cupa e coincide con la densitร  sonora dell’interno album, cosรฌ come con la rappresentazione del tema che lega gran parte delle undici tracce di cui รจ composto. In questo senso, se dovessimo individuare gli elementi piรน ricorrenti, diremmo che si possono riconoscere nella volontร  di cantare e suonare la critica, da un lato, e il riscatto dall’altro (“Cant’ pe’ la gioventรน”). E, come accennato in apertura di queste note, se questo si vuole fare, si deve cercare un codice efficace. Che sia non solo “contrapposto” a quello con cui si veicola l’oggetto della critica, ma soprattutto capace di rappresentare (politicamente) la critica. Il cerchio si chiude qui, perchรฉ l’ensemble si affida agli strumenti che rappresentano “naturalmente” e nel modo piรน diretto un altro modo di parlare, di vedere e di descrivere le cose, grazie anche a un progetto di ricerca e documentazione effettuato nel territorio. 


Daniele Cestellini