Un disco interessante rimane tale anche se le etichette che gli si affibbiano sono sbagliate. Classificare è un vecchio vezzo di chi lavora nei negozi di dischi, o di chi come il sottoscritto ci ha lavorato come commesso per tanto tempo. Per chi non lo ricordasse, i negozi di dischi, prima dell’arrivo dei centri commerciali, erano dei luoghi fisici e reali dove le persone si fermavano a comprare dischi, magari quelli mitici in vinile, li pagavano, e spesso li suonavano su impianti stereo buoni, ed a volte erano costretti anche a farli piacere. Poteva, infatti, accadere di prendere una sola, se ci si fidava troppo di un critico troppo generoso, e quindi dovevano piacere per forza per il solo fatto di aver investito quei pochi soldi a disposizione. Chi lavorava nei negozi di dischi spesso si trovava di fronte ad un problema di tassonomia, di classificazione, e tanto più era accurato questo sistema tanto più l’esercizio commerciale funzionava. Di tanto in tanto nasceva qualche problema, come nel caso di Captain Beefheart, e ci si chiedeva se metterlo nel settore blues oppure al fianco di Frank Zappa o ancora accanto a Tom Waits. Di fronte ad un simile problema ci pone “Bloodshot”, il quinto album di Davide Lipari, alias One Man 100% Bluez, disco che raccoglie sei brani in cantati in inglese e due in italiano che mescolano sonorità che spaziano dal blues all’elettronica, passando per il rock e il punk. Ciò che affascina di questo disco è la sua atmosfera caotica e sconclusionata, dove l’atmosfera oscura dei brani e la voce sgraziata si sposano perfettamente con l’elettronica e le ruvide chitarre. I brani, basati essenzialmente su strutture blues, si muovono su una lama affilata come il rasoio, evocando scenari immaginifici e polverosi, nei quali Lipari si diverte a giocare con ingredienti pericolosi, ma a saltare fuori in tempo, con una credibilità tale da potersi misurare con tante realtà d’oltreoceano. Aperto dallo shuffle ostinato di “Future”, il disco ci regala una sequenza di brani interessanti che spaziano dall’oscuro blues della title-track, alla beat house evocata in “Aridità”, fino a toccare il rock’n’roll di “Never Stop” e lo slow blues di “The Desert”, uno dei brani meglio riusciti del disco. Insomma “Bloodshot” è un disco intrigante quanto godibile, ispirato quanto affilato, ma senza dubbio caratterizzato da un sound che non ha nulla da invidiare alle produzioni estere. Bravo One Man 100% Bluez i dig it deeply!
Antonio "Rigo" Righetti
Tags:
Taglio BASSO