Da spalla delle vedettes maliane Toumani Diabaté e Ali Farka Touré, Bassekou Kouyaté, magistrale suonatore di ngoni, nel giro di tre album formidabili si è imposto come una delle personalità di punta della musica proveniente dall’Africa. Ha superato di gran lena i confini del grande continente e quelli del pubblico delle musiche del mondo, facendo proseliti tra i fan del rock occidentale. Originario di Garana, un piccolo villaggio sul fiume Niger, Bassekou (classe 1966) ha imparando da adolescente a pizzicare il cordofono ngoni con il padre Moustapha, poi si è fatto le ossa accompagnando la madre, Yakare Damba, apprezzata cantante. Trasferitosi nella capitale Bamako – siamo intorno alla metà degli anni Ottanta – Bassekou incontra il prestigioso maestro della kora Toumani Diabaté, con cui dà origine alla Symmetric Orchestra. Di seguito, le cronache raccontano della sua partecipazione rivelatrice, all’inizio degli anni Novanta, a una gigantesca convention sul banjo nel Tennessee, e dell’incontro fatale con Taj Mahal: i due si ritrovano in una session empatica, da una parte le scale pentatoniche dei bamanan, dall’altra il blues afro-americano. Quell’esperienza segna profondamente l’estetica musicale di Bassekou e, nel contempo, fa crescere le sue quotazioni artistiche: lo troviamo accanto a gente del calibro di Ali Farka Toure, Keletigui Diabate, Cheik Tidiani Seck, ma anche a numerosi artisti internazionali. Il suo strumento è lo ngoni, il liuto dei bamana (in francese sono i bambara), dotato di quattro o cinque corde con manico non tastato e cassa armonica di legno di forma allungata, che assomma in sé il forte senso identitario e il retaggio storico di questa popolazione. L’antico strumento, considerato da molti studiosi l’antenato del banjo, è descritto già nel 1352 dal viaggiatore ed esploratore Ibn Battûta, sorta di Marco Polo marocchino.
Intanto, lasciata la Symmetric Orchestra, e con Ali Farka Toure all’epoca già troppo malato per esibirsi, Kouyaté forma un quartetto chiamato Samagéra (voce, balafon, ngoni e ngoni basso).
Il gruppo è rinominato Ngoni Ba (che significa Grande Ngoni) nel 2005, quando esce lo strabiliante ”Segu Blue”, prodotto dall’etnomusicologa e giornalista inglese Lucy Duran e registrato dal vivo con ospiti, tra cui Zoumana Tereta, Lobi Traoré, Kasse Mady Diabaté. Il disco vince il premio come miglior disco di world music di BBC 3. Quattro ngoni di diversa foggia che si intrecciano in una musica potente, ora gioiosa ora scura.
Bassekou colpisce nel segno anche con il suo secondo capitolo, “I Speak Fula”, che esce nel 2009, ricevendo una nomination per il Grammy Award. Quattro anni dopo è la volta di “Jama Ko”, registrato all’inizio della crisi politica maliana, per la co-produzione di Howard Bilerman, già noto per il lavoro con gli Arcade Fire. L’album risente della condizione traumatica del Paese, dopo un colpo di stato, la guerra civile, l’avanzata islamista e l’intervento militare francese. I testi riflettono il travaglio sociale e politico, con Bassekou che invita alla fratellanza, alla comprensione e alla coesistenza pacifica tra le diverse componenti del Paese subsahariano. Sul piano musicale, se i primi due dischi, seppure innovatori nell’assortimento timbrico, sono ancora ascrivibili ad un suono tutto centrato sulla musicalità mande dell’area centrale del Mali, il terzo album è decisivo nello sviluppo compositivo dell’artista. Il flusso transnazionale delle tecnologie porta a nuove configurazioni sonore, con l’elettrificazione dello ngoni, distorsori e pedale wah wah forniscono gli effetti necessari ad ammodernare e alterare il timbro del liuto bamana. Ci sono i lunghi assolo del cordofono, c’è il duetto con la chitarra di Taj Mahal (“Poye 2”).
Insomma, Kouyaté vira consapevolmente verso il rock’n’roll. Per i periodici “Mojo” e “Uncut” è il miglior disco di world music, “Songlines” lo proclama artista dell’anno per il 2014. Insomma, Bassekou diventa, a ragione, musicista acclamato non solo nel campo delle musiche del mondo. Sale sui palchi del festival WOMAD, ma suona anche nelle kermesse rock di Rosklide e di Glastonbury. È accanto a Paul McCartney, a Bela Fleck e Damon Albarn. Il virtuosismo mai fatuo di Bassekou si impone in una fase storica in cui la musica maliana è al centro delle attenzioni, degli interessi culturali, artistici e di promozione commerciale del mondo musicale occidentale. Se da un lato non sono più in vista gli spettacolari maestri della kora (a ragione venerati dal pubblico world ma non sempre spendibili sul piano delle musiche popular globali) ed è scomparso il grande chitarrista Ali Farka Toure, dall’altro si prospetta l’insistente “scoperta” dell’universo maliano da parte di artisti e produttori rock e pop, piacevolmente travolti e rigenerati dalla febbre sonora saheliana, con tanto di retorica della terra di origine del blues, e con l’altrettanto fulminante ascesa dell’ipnotico suono tamashek del Nord desertico. Da subito la forza propulsiva e dirompente di Bassekou Kouyaté conquista il pubblico, la sua musica entra in circolazione su più vasta scala. Ci rivolgiamo ora al nuovo lavoro del compositore e ngonista, che è la sua prima incisione per la label Glitterbeat, realizzata sotto la produzione del boss dell’etichetta Chris Eckman.
Il suono della band e dei suoi ospiti diventa ancora più tosto, come appare evidente già dal titolo. Bassekou alza il volume, e lo ngoni si trasforma in una LesPaul, pur conservando il suo potere antico e visionario. Registrato nei MBK Studios di Bamako, “Ba Power” vede Bassekou Kouyaté (primo ngoni, a sette corde) circondato dai musicisti della sua famiglia (suonano moglie, figli e nipoti). Ci sono Amy Sacko (voce), Abou Sissoko (ngoni medio), Mamadou Kouyaté (ngoni basso, a quattro corde e controcanto), Bina Diabaté (medio ngoni ba), Moctar Kouyaté (calabash), Mahamadou Tounkara (yabara, tamani, tamaba). Attacco incandescente con “Siran Fen”, dove gli ngoni incrociano la chitarra elettrica tagliente del Lemonheads Chris Brokaw, assoli contagiosi, potente ritmo tenuto dalla batteria di Dave Smith (Fofoulah, Juju e Robert Plant), canto responsoriale: un’irresistibile apertura. Segue la fusione di stili di "Musow Fanga” (“Potere alle Donne”), un canto di lode per tutte le donne, che mette in campo la tromba sordinata del visionario Jon Hassell. Funziona alla perfezione la miscela di ritmi africani e armonizzazioni rock in “Abé Soumaya”, mentre “Ayé Sira ba”, in cui ritorna Jon Hassell (tromba e tastiere), offre aperture musicali più ampie. Si muove lenta “Borongoli ma Kununban”, con il canto imperioso di Amy Sacko e le corde degli ngoni ora carezzevoli ora affilate. Entra la voce afro-pop di Adama Yalomba sull’impianto afro-beat di “Waati (“Tempo”), che non manca di riff tortuosi e assoli potenti e distorti. Nella granulosa e magnetica melodia di “Fama magni” incontriamo la voce e la viella ad arco monocorde sokou di Zoumana Tereta, ma anche la flessuosa chitarra di Samba Touré. La voce di Sacko si erge sui toni più morbidi di “Te Duniya Laban”, in cui entra la chitarra acustica di Eckman, mentre a chiudere il disco sono gli umori notturni a tinte blues maliane di “Bassekouni”, brano cucito su essenziali linee di ngoni e percussioni. Sentirete parlare dello Hendrix dello ngoni, di un sound ledzeppeliano, di ngoni’n’roll: in realtà Bassekou Kouyaté dichiara di voler far parlare il suo strumento alle giovani generazioni, inglobando nella sua anima bamana l’energia del rock’n’roll. Coscienza di grande artista che sa quello che vuole? O farsi fatte? Come che sia, il disco raggiunge vertici d’intensità. È “Ba Power”!
Ciro De Rosa
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