CONSIGLIATO BLOGFOOLK!!!
Considerato da molti come l’erede di Ali Farka Touré e dallo stesso incoraggiato a suonare la chitarra, Samba Touré è una delle figure di riferimento della scena musicale maliana, tanto per le esperienze giovanili con i Farafina Lolo, quanto per il suo percorso come solista, che lo ha portato negl’anni a dare alle stampe gli apprezzati “Crocodile Blues” e “Albala”. A colpire in modo particolare era stato quest’ultimo, pubblicato due anni fa, e dal quale emergeva una profonda e sofferta riflessione sulla sua nazione, il Mali, dilaniata dai conflitti etnici e religiosi, ed in fine preda di un golpe messo in opera dall’esercito regolare per far fronte alle rivolte dei tuareg e dei gruppi jihadisti di varia estrazione. Solo dopo l’intervento dell’ONU nel settembre del 2013, la situazione sembra lentamente essere tornata alla normalità, con Diré, il villaggio di origine del chitarrista maliano finalmente libero dalla sharia islamica. In questo contesto di rinnovata speranza ha preso forma il terzo album di Samba Touré, “Gandadiko”, nel quale ha raccolto dieci brani, prodotti da Philippe Sanmiguel. Come lascia intendere il titolo che in lingua Songhai significa “La Terra Brucia”, il disco riprende le tematiche di “Albala”, lasciando tuttavia trasparire la speranza per un futuro migliore per la sua terra. Sin dal primo ascolto, si comprende come questo album sia l’opera più matura e compiuta di Samba Touré non solo per l’evoluzione del suo songwriting, ma anche per la sua perfetta costruzione
sonora dei vari brani nella quale spicca il dialogo continuo tra le chitarre elettriche e gli strumenti acustici della tradizione maliana, il tutto impreziosito dalle brillanti poliritmie.
Aperto dalle suggestioni desertiche dell’ipnotica title-track, il disco ci regala momenti di grande intensità come nel caso di “Wo Yendè Alakar”, brano dal groove possente su cui si innestano i feedback della chitarra elettrica, o della successiva “Male Bano”, nella quale la chitarra elettrica cesella una splendida melodia, nella quale si inserisce il suono ancestrale dei cordofoni maliani. La trascinante “Farikoyo” ci introduce ad un’altra eccezionale sequenza di brani con il beat irresistibile di “Touri Idjé Bibi”, la ballata “Chiri Hari”, e quel gioiello che è “Gafoure” nella quale protagonista assoluta è la funambolica chitarra elettrica di Touré. In un gioco osmotico continuo di rimandi tra America e Africa, scopriamo poi la vera perla del disco ovvero “Su Wililé”, un brano che sfrutta il classico pattern ritmico di Bo Diddley, con le chitarre acustiche a tracciare la linea melodica, e l’elettrica a sparigliare le carte in tavola con riff e licks di grande impatto sonico. Da segnalare ancora è il testo nel quale Touré mette in guardia i giovani da una delle piaghe che sta segnando le nuove generazioni del Mali, ovvero l’abuso di alcool. C’è ancora tempo per una sorpresa ovvero il gustoso rhytm & blues desertico “I Kana Korto”, che insieme alla conclusiva Woyé Katé sugella un disco splendido, che a buon diritto può essere considerato tra i dischi più belli di sempre della Glitterbeat, la cui opera di divulgazione e diffusione della musica africana, continua a raccogliere consensi ed apprezzamenti.
Salvatore Esposito
Tags:
Africa