Intervista con Gianluca Avallone

Appassionatosi alla musica sin da giovanissimo, Gianluca Avallone, ha affiancato agli studi di psicologia, un intenso percorso formativo che lo ha visto studiare dapprima canto lirico, come tenore, e successivamente dar vita ad un personale percorso di ricerca sulla musica tradizionale del basso Lazio, di Terra di Lavoro, e più in generale del Sud Italia. Affascinato dal ritmo percussivo dei tamburi a cornice, ne approfondisce le tecniche esecutive Andrea Piccioni, e parallelamente anche quelle realizzative, diventandone uno dei costruttori più apprezzati del sud Italia. Abbiamo intervistato Gianluca Avallone per farci raccontare il suo percorso formativo, approfondire le peculiarità costruttive dei suoi tamburi a cornice, e soffermarci sulla loro commercializzazione.

Com'è nata la tua passione per la musica popolare?
Riferirmi alla musica popolare mi sembrerebbe riduttivo. Infatti, se non avessi avuto, da sempre, un fortissimo interesse verso la musica non sarei arrivato a concedere a me stesso la scoperta la sua scoperta, circa 7 anni fa. Prima con la danza e poi coi tamburi, passando per le inevitabili abrasioni sulle mani che contraddistinguono tutti i suonatori principianti. Negli anni ho vissuto le varie feste tradizionali cercando sempre di “rubare” con gli occhi i segreti dei danzatori, suonatori e dei costruttori guardandoli e provando i loro strumenti. Sono sempre stato molto curioso e quindi questa passione si è rinnovata di volta in volta ma per fare capo sempre alla passione per la musica che mi vede coinvolto anche su altri “stili” e, soprattutto, quello dell’opera lirica come cantante, tenore per la precisione."

Che rapporto c’era e c’è con la musica nella tua famiglia ?
Il rapporto della mia famiglia con la musica è iniziato sostanzialmente con me, quando a 4 anni preferivo i programmi di musica classica, lirica e sinfonica, su Rai3 (i bei tempi del servizio pubblico ancora non erano finiti, era il colpo di coda) rispetto alla visione dei cartoni animati. Mia madre da bambina sognava fortemente di suonare il pianoforte, al punto che sua madre raccontava che spesso nel sonno muoveva le mani come per suonare un pianoforte invisibile. Fu grazie a questo suo sogno che quando iniziai a leggere e scrivere, avevo alle spalle già un paio d’anni di lezioni di musica. 

Dove e come ha imparato a costruire i tamburi a cornice?
Chi ha il “mestiere”, in questo campo, difficilmente lo divulga se non a persone del parentato o comunque di strettissima conoscenza. Io, per fortuna, sono stato costretto ad imparare da solo e dico “per fortuna” perché questo mi ha permesso di iniziare subito un cammino sulla mia strada e non su quella di un maestro di bottega che per me sarebbe potuta essere una presenza ingombrante.

Chi è stato il tuo maestro?
Non ho avuto maestri ma persone, per lo più musicisti, tutti con una forte esperienza, con cui avere un costante confronto, un dialogo sul tamburo e le sue varie tecniche che mi permette di cercare sempre di migliorare quel che faccio. 

Quanto è durato l’apprendistato?
Nell’ottica che le ho appena descritto l’apprendistato è costante, non si ferma mai e lascia sempre spazio alla sperimentazione di cose nuove.

Pensi di aver raggiunto il massimo come costruttore?
Non esiste un massimo, sarebbe presuntuoso. Preferisco pensare di aver raggiunto un livello accettabile e che quello che faccio possa reggere il confronto con il prodotto di molti altri costruttori.

Quale tipologia di tamburi a cornice costruisci? Quali sono le misure più richieste?
Costruisco tamburi a cornice sugli stili della tradizione italiana ma non solo: negli ultimi tre anni sto sperimentandomi nella costruzione di tamburi di altre tradizioni, mediorientali soprattutto, e nella costruzione di tamburi accordabili. Tutto per garantire a chi volesse una maggiore affidabilità oltre che alla ricerca del suono “personale”.

Quali sono i materiali che utilizzi per la costruzioni dei tuoi tamburi a cornice?
Utilizzo legno di faggio, acero, frassino, ciliegio, mogano. I sonagli in rame, latta, ottone. Pelle di capra, capretto, vitello, pesce. Non nomino le pelli sintetiche, nonostante io le utilizzi solo su richiesta, per via del suono metallico che producono.

C’è differenza tra legni, pelli e metallo da utilizzare? Da cosa dipende, la scelta dei diversi materiali?
Bisogna innanzitutto chiarire che il rapporto legno-pelle è completamente sbilanciato verso quest’ultima. E’ la pelle a fare il lavoro maggiore nella composizione del suono. A seconda dell’animale, dello spessore della pelle e della tensione con cui si monta sul tamburo, si possono avere suoni infinitamente diversi. E’ però vero che, come nel caso dei miei tamburi accordabili, aumentando la quantità del legno il tamburo acquisisce un maggior sustain ed una maggiore profondità del suono.

Come si indirizza il tuo lavoro in fase di intonazione dello strumento?
Sinceramente mi resta difficile pensare all’intonazione in uno strumento che così facilmente può variare le sue caratteristiche nel breve o medio termine. Un tamburo con la pelle naturale, per quanto lavorata bene e resa resistente all’umidità, appena viene tirato fuori dalla sua custodia inizia ad adattarsi alle condizione dell’ambiente in cui si trova diventando meno teso se trova un’umidità maggiore e viceversa.

Qual'è il pubblico che acquista i tuoi tamburi?
Credo nella qualità del mio lavoro e quindi penso che i miei strumenti possano essere utilizzati tanto dai principianti quanto dai professionisti, nei limiti del possibile cerco di accontentare tutti. 

Come gestisci la commercializzazione dei tuoi strumenti?
Dopo una prima fase in cui ho cercato di farmi conoscere, ora sto cercando di esporre in manifestazioni in cui ci sia un pubblico più interessato. A questo unisco la pubblicità sui social network (https://www.facebook.com/AGPercussioni) e, proprio in queste settimane, la pubblicazione di un sito web (www.gianlucaavallone.it) su cui è anche possibile acquistare direttamente il proprio strumento.

Quali sono le peculiarità e le particolarità tecniche dei tuoi strumenti?
Tutto lo studio che c’è dietro! Uno studio che mi ha portato ad usare legni piegati ad acqua, le migliori pelli possibili, sonagli che siano in equilibrio con il resto.

C'è qualche consiglio che daresti per la manutenzione di un tamburo a cornice?
Sicuramente un errore compiuto da molti è quello di esporre la pelle al caldo delle stufette elettriche nel caso in cui questa sia lenta. La pelle a contatto col calore diretto subisce uno stress. Un altro consiglio è quello di non lasciarlo mai in macchina, soprattutto d’estate, come deve essere per ogni altro strumento musicale. Il legno col calore si ammorbidisce, la pelle si asciuga e si tira sempre più. Il risultato è un tamburo a forma di “gondola” buono solo da appendere al muro!

Qual'è il tuo rapporto con gli altri costruttori?
Il rapporto è di “vicinato”. Esistono costruttori, ad esempio Antonio “’o Stocco”
Esposito, con cui si può parlare tranquillamente della propria “filosofia” sul tamburo, trovando sempre una persona sincera dall’altra parte. Purtroppo non è sempre così ma meglio non pensarci: ognuno fa il suo lavoro come meglio crede e questo è l’importante.


Salvatore Esposito e Ciro De Rosa

Alcuni modelli di tamburo a cornice costruiti da Gianluca Avallone



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