Valorizzare e diffondere la musica di tradizione orale, partendo dalla creazione di un’orchestra multiculturale, in cui sono messi a confronto stili, strumenti e background musicali differenti, è una scommessa non semplice da vincere, soprattutto se dietro l’angolo c’è il rischio di finire catalogati come uno dei tanti esperimenti più o meno riusciti di ibridazioni sonore. Quando, però, alla base ci sono precise istanze culturali, e un rigoroso approccio metodologico, allora la prospettiva cambia completamente, e così prendono vita programmi culturali di grande spessore, come il progetto finanziato dall’Unione Europea “FolkMus-Young musicians and old stories, folk music in musEums and more” (www.folkmusicproject.eu), che dal maggio 2013 fino al prossimo aprile, ha visto protagonisti undici giovani musicisti provenienti da Estonia, Grecia, Italia, Portogallo e Spagna, i quali hanno unito le forze, spinti dall’esigenza di raccontare quella parte della storia spesso sconosciuta del nostro continente, in cui i protagonisti non sono le battaglie o gli eroi nazionali, ma piuttosto la gente comune, quella che ha attraversato i mari, coltivato la terra, celebrato riti, cantato e danzato attraverso i secoli. A sostenere questo progetto sono stati numerosi partner istituzionali come Roma Capitale, che lo ha coordinato attraverso l’azienda partecipata Zétema, l’Archivio Aurunco, il centro di musica tradizionale estone, l’associazione culturale portoghese d’Orfeu, la catalana Fiera Mediterrania de Manresa e il dipartimento di solidarietà sociale della regione dell’Egeo Meridionale in Grecia, mentre la produzione esecutiva è stata affidata ad Erasmo Treglia.
Forti dell’esperienza maturata nel corso del programma culturale culturale “FolkMus - Folk music in MusEUms, young musicians and old instruments” promosso e finanziato dall’Unione Europea nel biennio 2010 – 2012, gli spagnoli Pau Figueres (chitarra), Manu Sabaté (gralla, clarinetto basso, voce), i portoghesi Manuel Maio (violino e mandolino), Sara Vidal (voce, adufe e tamburello galiziano) e João Pratas (voce, flauto, cavaquinho, mandolino, adufe), gli italiani Gian Michele Montanaro (voce, tammorra, tamburello, cucchiai) e Valerio Rodelli (organetto e tamburello), gli estoni Toomas Oks (fisarmonica estone e voce) e Katariin Raska (voce, torupill, scacciapensieri, sax soprano), i greci Yannis Pantazis (tsambouna, sax tenore) e Nikos Tsantanis (voce, tsambouna e clarinetto) hanno deciso di partire dalla conoscenza e dalla pratica reciproca dei rispettivi repertori di musica tradizionale, per costruire un percorso di ricerca sonora comune in cui la condivisione, la sperimentazione, e la valorizzazione della cultura orale viaggiassero di pari passo. Questo importante laboratorio interculturale si è concretizzato attraverso una serie di incontri residenziali, nel corso dei quali ognuno dei musicisti ha scelto i brani musicalmente più rappresentativi per il suo paese di appartenenza, andando a comporre un repertorio che spazia dai temi sacri ai riti, dalle cerimonie alle feste.
Al fianco dei materiali tradizionali sono nate anche composizioni originali, ma la vera fonte di ispirazione è stata data dall’interscambio osmotico che si è creato tra i musicisti, i quali nell’approcciare gli arrangiamenti hanno individuato una sorta di leader per ogni brano, e lavorando in sezioni sono riusciti a costruire un terreno comune su cui sperimentare liberamente. Empatia, condivisione, e curiosità, hanno consentito di superare le difficoltà iniziali, così come di trovare delle sorprendenti combinazioni tra strumenti tradizionali con accordature e scale diverse, come la zampogna greca o il torupill, così come la cornamusa estone che accompagna un inno della regione portoghese di Beira-Baixa. Questo progetto è stata una preziosa occasione di condivisione ed integrazione per tutti i musicisti coinvolti i quali, rispettando le diversità culturali, hanno avuto modo di venire in contatto con background musicali differenti, ma anche di scoprire nuove tecniche e stili esecutivi. La seconda fase del progetto si è svolta attraverso interventi in aree differenti, dall’attività didattiche nelle scuole, al concerpt-multimediale, fino a toccare i concerti proposti in centri culturali e luoghi dove di solito non si ascolta musica tradizionale, come i musei. La risposta del pubblico è stata assolutamente entusiastica, così come le varie esibizioni state caratterizzate da una grande energia, come nel caso dei concerti a Syros in Grecia, o la performance al festival estone di Viljandi.
A cristallizzare questa straordinaria esperienza è il disco “Folk Music In Museums”, prodotto da Erasmo Treglia, musicista, responsabile dell’Archivio Aurunco e responsabile dell’etichetta discografica Finisterre, nel quale sono stati raccolti quattordici brani, che nel loro insieme disegnano le rotte, e i sentieri di un viaggio attraverso l’Europa, tra canti e danze rituali e devozionali dei cicli festivi. Si parte dalle pendici del Vesuvio al ritmo delle tammorre e dei tamburi a cornice con “Fronne & Tammurriata”, per raggiungere il Portogallo dove scopriamo la splendida “Tirioni” nell’arrangiamento di Manuel Maio e João Pratas, e poi ancora la Catalonia con il ballo tradizionale “Ball Pla De Sant Magì”. In fase di arrangiamento il lavoro dell’orchestra si è indirizzato verso una completa riscrittura delle matrici originarie dei brani tradizionali, mirando alla ricerca di aspetti melodici nuovi ed inesplorati, che si concretizzano in pregevoli tessiture melodiche ed originali scelte timbriche come nel caso del tradizionale estone “Ilm Tülist Udune” o del greco “Nikedre” o ancora del canto natalizio portoghese “Beijai O Menino”. Sul versante delle composizioni originali sorprendono il riuscito esperimento sul ritmo ternario di “Tarafun” di Rodelli, e la magnifica “Suite n.4” nella quale si spazia dal “Balos” greco alla commistione delle tecniche chitarristiche del flamenco e la sardana catalana (“Sardana Flamenca”, dalla polka estone alla pizzica salentina. Verso il finale incontriamo ancora la tradizione portoghese con canti devozionali “Senhora Do Remédio”, e “Macelada”, quella estone con “Wind Duo – Pill Ütleb: Pidu Lõpeb” in cui spicca l’uso della cornamusa turupill e la danza “Vengerka”, e poi ancora quella greca con “Trata”. Il progetto “FolkMus” è, dunque, un esempio tangibile di come la valorizzazione del patrimonio tradizionale possa andare di pari passo non solo con il dialogo interculturale ma anche con la sperimentazione sonora.
Salvatore Esposito
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