I Luf sono uno di quei gruppi preservati dalla banalità e dall’ovvietà, e a dimostrazione di come difendano costantemente la loro integrità artistica, ci sono i loro dischi e i loro concerti, in cui hanno sempre dato prova di come si possa essere ottimi musicisti, senza svendere un grammo della propria onestà intellettuale con il proprio pubblico. Dario Canossi e soci amano anche le sfide, e non ci sorprende che nel centenario della Prima Guerra Mondiale abbiano voluto incidere un album che raccogliesse alcuni brani del repertorio della Grande Guerra, con l’aggiunta di alcuni inediti. Questa scelta coraggiosa, si inserisce nel sentiero tracciato da Massimo Bubola, prima con “Quel lungo treno”, e più di recente con “Il Testamento Del Capitano”, e proseguita da Massimo Priviero con “Dolce Resistenza”, i cui temi sono stati ripresi successivamente nel lavoro teatrale “Dal Tagliamento al Don”, con Roberto Curatolo. Lasciando da parte le primogeniture, è necessario soffermarsi sull’idea e la necessità di riscoprire e far conoscere, canzoni di ormai cento anni fa, magari ascoltate in qualche documentario o attraverso le voci dei nostri anziani. “Terra e Pace 1915-2015, cent’anni di gratitudine”, non vuole essere certamente l’esaltazione di una guerra (sciagurata e distruttiva, che ebbe come conseguenza l’avvento del Fascismo), bensì il ricordo della gente semplice, delle persone comuni che si ritrovarono improvvisamente a diventare adulti in un periodo terribile della nostra storia. La Prima Guerra Mondiale fu lo spartiacque di un tempo antico e di uno nuovo, non necessariamente migliore. Ora, a distanza di molto tempo, si ha la lucidità storica necessaria a comprendere le ragioni di quella guerra, tuttavia non si potrà mai eliminare il dolore nelle famiglie che, ancora oggi, ricordano un parente, un nonno, uno zio che non è più tornato dal fronte. Fu guerra di trincea, fu guerra di paura e solitudine, fu guerra di interessi e Stati Maggiori inetti ed ignavi. Mentre la Storia però passava sulla testa della povera gente, con la divisa oppure senza, c’erano storie minime che venivano raccontate nelle trincee, nel silenzio della notte, nell’ozio, quando c’era, delle attese di nuovi lutti. Storie minime che sfociavano in canzoni da cantarsi e suonarsi per farsi coraggio, per trovare un minimo di normalità in una situazione, in un paesaggio pieno di desolazione. Così I Luf hanno ripreso queste canzoni e le hanno trasformate in ballate folk rock, eliminando, come già fatto da Massimo Bubola, quel vestito pieno di epica e liturgia che, oggi, certamente, non ha più ragione d’essere (come per alcune canzoni della Resistenza….). “Terra e pace” è, dunque, un album potente, che usa una trama antica per costruirvi sopra un vestito totalmente nuovo che calza perfettamente ai nostri giorni, anch’essi, con le debite proporzioni, pieni di nubi e nebbie che tolgono la visuale sul futuro. Ogni brano viene riproposto in modo quasi gioioso, facendo esaltare il contrato con le liriche dolorose dei testi, pieni di nostalgia e malinconia. Durante l’ascolto si ha la sensazione di volgere lo sguardo verso il passato, cancellando, con un giro di fisarmonica ed un accordo di mandolino tutta la lugubre liturgia di un nazionalismo che, fortunatamente, non ci appartiene. Arricchite di suoni che sorprendono per la loro brillantezza e gioiosità melodica, queste canzoni parlano alle orecchie ed al cuore, facendoci discernere tra poesia ed iperboli. I Luf rileggendo questi canti, noti a molti (almeno quelli della generazione di chi scrive) fin dal tempo dell’asilo, riuscendo non solo nell’impresa di conciliare pace e guerra, attenzione alla custodia della propria “terra” con lo sguardo verso un bisogno di “pace”, non necessariamente eterna, ma soprattutto rendono la realtà del conflitto mondiale meno duro e più accettabile. Dal punto di vista sonoro, piace la scelta di arrangiamenti acustici, pieni di calore e sfumature melodiche, che riportano in vita armonie antiche senza neppure un brandello di elettricità. Ad impreziosire il tutto la voce di Massimo Priviero a supporto nei cori e che si esalta nell’autografa “La strada del Davai” e nella bella versione de “Il testamento del Capitano”. Dei dodici brani proposti otto sono della tradizione mentre “Sulla cima del Tonale”, “Fiore amore disertore” e “Barbos Barbei Barbù” ci arrivano dritte dalla produzione dei Luf. Tra le perle del disco va segnalata la splendida versione di “O Gorizia” incisa insieme ai Vad Vuc. “Terra e Pace” è, insomma, un album godibile, pieno di passione, che si fa apprezzare dal punto di vista artistico così come si rende disponibile ad esprimere una sorta di viatico per ripensare ad un periodo importante della storia del nostro Paese. Così pieno di ombre che, spesso, solo la musica e l’arte riescono ad illuminare.
Rosario Pantaleo
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