Castagnari, organetti, cento anni di storia guardando al futuro (parte seconda)

Proseguiamo il percorso di valorizzazione della Castagnari, unendo alcuni fili della memoria, per meglio comprendere le prospettive musicali dell’organetto bitonico, aerofono ad ance libere, nel quale a ogni tasto corrispondono due suoni diversi a seconda della direzione del mantice (il sistema è detto anche “a doppia intonazione”). 

Cenni storici 
Pare opportuno accennare alla storia dell’organetto, ripercorrendo le tappe che hanno caratterizzato l’origine, lo sviluppo, il declino e la rinascita dello strumento, in passato prevalentemente utilizzato in ambito folclorico ma che oggi, grazie a una serie di perfezionamenti tecnici e tecnologici, può essere imbracciato per eseguire stili e generi musicali diversi secondo le più svariate esigenze espressive. Alcuni studiosi ritengono che le origini dell’organetto siano da ricercare nei manoscritti strumentali di Leonardo da Vinci, sui quali, da diversi anni, ricercano i liutai Mario Buonoconto, Michele Sangineto e il progettista Edoardo Zanon. Tuttavia la fisarmonica diatonica è stata brevettata a Vienna sul finire degli anni Venti del XIX secolo. L’invenzione è attribuita a Cyril Demian; il brevetto è del 6 maggio 1829. In pochi decenni, l’organetto ebbe una notevole diffusione nelle principali nazioni europee, grazie ai pregi strumentali riferibili a maneggevolezza, robustezza, potenza sonora, varietà armonica nell’accompagnamento, suono melodioso e semplicità d’uso. In un manoscritto del 1842, don Giuseppe Greggiati scriveva che « … circa l’anno 1833 fu portato da Vienna in Lombardia un nuovo strumento da fiato a mantice, chiamato ...dai francesi Accordéon e da noi Italiani Armonica». “Armonica a mantice” venne denominata nel suo metodo, ripubblicato, nel 2012, da Attilio Amitrano (“Metodo per l’Armonica a Mantice di Don Giuseppe Greggiati del 1842”, Mori, Trento, 2012). 
A causa del costo piuttosto elevato, in principio lo strumento divenne tipico della borghesia ma, nel tempo, finì per essere prevalentemente suonato in ambito folclorico, durante l’accompagnamento dei canti e (soprattutto) dei balli. A partire dal 1863, il paese marchigiano di Castelfidardo (con i fratelli Soprani) divenne il principale centro di produzione in Italia. Per comprendere la diffusione delle botteghe artigianali, si rammenta che, nel 1924, secondo i dati riportati da Pierre Monichon (1971), in Italia erano attivi ben novantatré fabbricanti di organetti operanti in cinquantadue cittadine, segno del rapido sviluppo e diffusione dello strumento. Il successo dell’organetto andò in parte a discapito di strumenti popolari più arcaici come, ad esempio, le launeddas. In merito, sono indicativi gli studi di Francesco Giannattasio (“L’organetto, uno strumento musicale contadino nell’era industriale”, 1987). Con l’invenzione e lo sviluppo della fisarmonica cromatica, l’organetto bitonico subì repentino declino. Per un certo periodo, i Castagnari smisero di produrlo, concentrandosi sulla costruzione della fisarmonica cromatica, in quanto maggiormente richiesta dal mercato. L’organetto è rinato principalmente grazie ai suonatori appartenenti al cosiddetto folk revival, primo fra tutti il francese Marc Perrone, figlio di emigrati italiani originari di Cassino. Così Massimo Castagnari ricorda quel periodo determinante per le scelte operative effettuate nell’azienda di famiglia: « Nel 1979 venne a trovarci nei nostri laboratori Marc Perrone, il quale allora suonava con uno strumento realizzato da Arrigo Guerrini di Castelfidardo. Deceduto questo, Perrone chiese a mio padre di costruirgli una fisarmonica diatonica e rimase entusiasta, perché venne costruita secondo le sue specifiche richieste. A quel modello venne dato un nome, preso dal mio “nickname”: “Hascy” (in paese mi chiamano così sin da quando ero bambino). Perrone per noi è come un fratello. Grazie a lui vi è stata una forte riscoperta dell’organetto»
Dopo Perrone, a catena, si sono rivolti ai Castagnari altri musicisti di rilevo quali Philippe Krümm (studioso di musica tradizionale, in particolare, di tutto ciò che riguarda “accordéon & accordéonistes”) e Olivier Durif (fondatore, nel 1993, del “Centre Régional de Musiques Traditionnelles du Limousin”). Nel tempo, la voce tra gli esecutori di organetto si è diffusa e le richieste per i Castagnari sono progressivamente aumentate, a tal punto che oggi il loro “core business” è tutto concentrato sulla fisarmonica diatonica, che poi, ormai da anni, solo diatonica non è più. Chiarisce Sandro Castagnari: «Con coraggio abbiamo ripreso a costruire gli organetti quando erano quasi totalmente scomparsi, per via della fisarmonica cromatica. Abbiamo man mano introdotto le necessarie innovazioni e questo ha permesso il riavvio dello sviluppo della fisarmonica diatonica. La nostra è una crescita tecnologica, ma anche un modo personale di lavorare che ci spinge a perfezionare l’esistente non appena si presenta l’occasione». Il fenomeno del folk revival ha riportato in auge l’uso dell’organetto anche in Italia. A seconda della regione sono utilizzati modelli strumentali differenti, ma data la diffusione nazionale è difficile generalizzare. L’organetto è radicato in tutto il centro-sud, in Sardegna, in Piemonte (nelle valli occitane), nel Friuli-Venezia Giulia. Spostandoci in Europa, gli organetti sono diffusi in Slovenia e in Austria. Numerosi suonatori sono presenti in Francia, Paesi Baschi, Germania, Inghilterra, Irlanda e Scandinavia. Nel resto del mondo, l’organetto è suonato in Québec, in Louisiana, nella musica tex-mex, nel nord-est del Brasile e nell’Africa post-coloniale del Madagascar e de La Réunion. Gli accenni nazionali e internazionali sono sommari, tuttavia indicativi dell’estesa diffusione dello strumento. 

I modelli strumentali 
Un’approfondita analisi etnomusicale sull’organetto dovrebbe essere declinata al plurale, in considerazione del fatto che esiste una varietà di modelli riferibili agli impieghi nelle diverse comunità, cui corrispondono specifici repertori. Nell’attuale catalogo della Castagnari sono presenti circa quaranta differenti modelli (ai tempi di nonno Giacomo erano al massimo quindici), i cui nomi sono in prevalenza scelti abbreviando i nomi di alcuni componenti della famiglia, compresi figli e nipoti. Ha chiarito Sandro Castagnari che «… i tempi di lavorazione per realizzare un organetto vanno da un minimo di venti giorni ad un massimo di un mese e mezzo. I tempi di attesa sono più elevati. Al momento, i modelli più richiesti sono i “tre file”, mentre qualche anno fa erano i “due file”». Prosegue Sandro specificando che «… il modello che richiede maggiore impegno è “Handry 18/44”, soprattutto per via della tastiera della mano destra che è a quattro file vere, quindi non facile da suonare, richiede molto impegno e conoscenza del mestiere». Può sembrare paradossale ma tra i Castagnari nessuno suona la fisarmonica diatonica e ciò, ha spiegato sempre Sandro Castagnari, perché « … storicamente nel nostro territorio non ci sono scuole di musica che insegnano questo strumento, ma soltanto corsi per fisarmonica a piano o cromatica. Nella nostra famiglia non ci sono musicisti, tuttavia un tempo c’era Mario Castagnari che sapeva suonare la fisarmonica». Negli anni in Italia, diversi suonatori hanno aperto scuole (anche on line) per lo studio dell’organetto. Con conseguenti pubblicazioni per uso didattico. Su questo fronte, vi sarà da lavorare anche in termini di ricerca pedagogico-musicale al passo con l’evoluzione dei gusti musicali e dell’evoluzione tecnologica (elettrica, elettronica e digitale), verso la quale mi sembra si stiano orientando alcuni giovani esecutori. La Castagnari rappresenta l’azienda di spicco nella vendita di organetti. Sandro e Massimo Castagnari ritengono indispensabile arricchire la liuteria tradizionale con l’innovazione: «Con la ricerca cerchiamo di guardare oltre. I musicisti che sanno il fatto loro sono in grado di capire le innovazioni, soprattutto quando intuiscono che queste potranno essere un mezzo per crescere strumentalmente». L’organetto, strumento del recente passato, evolutosi nel presente, come guarderà al futuro? Dalla Castagnari fanno sapere che, per filosofia familiare, guardano in avanti con positività:: «lo siamo sempre stati in passato … saremo sempre pronti al cambiamento che il nostro mercato esige, con l’augurio che anche in futuro gli organetti possano continuare il loro trend positivo»

Cento anni sono un giorno… 
Il cammino dei Castagnari è stato contrassegnato da successi, conseguiti con sacrificio e impegno. Successi commerciali, certo, ma anche culturali e d’immagine, poiché rappresentano un patrimonio prezioso per Recanati e per l’Italia. A mio avviso, proprio nella cittadina marchigiana che ha dato i natali al poeta Giacomo Leopardi e al tenore Beniamino Gigli, sarebbe utile e interessante aprire un museo interattivo dedicato agli organetti, trovando sinergie con gli Enti pubblici del territorio e con la Regione, nella quale si trova un ricchissimo patrimonio artistico. Ben inseriti nella modernità, i Castagnari sono riusciti a conservare una metodologia operativa e umana basata sul dialogo e sul confronto con chi suona. Un atteggiamento attivo e propositivo, che ha contribuito allo sviluppo produttivo e sociale della musica popolare e di tante iniziative ad essa collegate. Ai Castagnari l’augurio che il prezioso lavoro svolto nel corso di questi cento anni possa proseguire efficacemente, intrecciando la solidità della tradizione alle innovazioni che riguardano il mondo delle esecuzioni musicali, inserite in un contesto fruitivo sempre più internazionale che, tuttavia, non può (e non potrà) prescindere da quelli che sono i riferimenti culturali locali. La “glocalità” (sintesi tra il globale e il locale) proposta dai Castagnari non è stereotipata e, ove possibile, si pone l’ambizioso obiettivo di proporre ai musicisti strumenti musicali in grado di precorrere le mode, offrendo loro l’opportunità di evolversi musicalmente grazie al “mezzo” che imbracciano. Dalla fiorente cittadina marchigiana, dopo aver scritto di “ars” e “humanitas” dei Castagnari, come ricercatore ritengo indispensabile porgere l’orecchio a quanto riferiscono i musicisti, autorevoli “voci” di chi con l’organetto esegue quotidianamente musica nelle feste, nelle piazze e nei concerti. Ferrati nella “practica”, sono proprio loro, più di altri, in grado di valutare, anche da un punto di vista tecnico, il valore dei singoli strumenti musicali prodotti a livello artigianale. 

Paolo Mercurio

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