Trent’anni fa un gruppo di musicisti e apprendisti organizzatori di eventi musicali creava un circolo virtuoso fra i due principali teatri di Nijmegen e il miglior jazz club dando vita ad un festival autunnale che spaziava fra musiche del mondo, dancefloor urbani e improvvisazione, attento, quando possibile, ad incoraggiare incontri e collaborazioni. Tre decenni dopo il festival si articola fra sei palchi e uno spazio dedicato a film e documentari, ospitati nel parco Brakkenstein, sempre in coincidenza con il fine settimana dell’Ascensione che nei Paesi Bassi regala un lunedì di ferie. Impossibile dar conto in poco spazio dello straordinario programma allestito a Nijmegen per il trentennale del festival, aperto e chiuso da due formazioni brasiliane in gran forma: il quartetto della cantante e rabequera Renata Rosa e l’Orkestra Rumpilezz, condotta da Letieres Leite.

Per gli ultimi tre era previsto anche un palco fuori programma per un’inedita session, ma i ritardi nei trasporti dei gruppi cubani hanno rimandato la mezcla ad una prossima occasione. Peccato perché tutti sono arrivati al Meeting in gran forma e con grande capacità di coinvolgere nel ballo il pubblico (concerti sold-out). Ottimi anche gli altri gruppi africani: Ndima incanta con le polifonie degli Aka, Mamar Kassey ha dimostrato ancora una volta la profonda conoscenza del vasto repertorio maliano, sia in versione acustica sia elettrica, avvolgendolo in messaggio di dialogo e pace, che è anche al centro delle canzoni del trio della cantante Foune Diarra, impeccabile tanto nella propria performance quanto con il gruppo allargato N’Diale, che comprende anche il quartetto acustico di Jacky Molard. Altrettanto riuscito il progetto Soul’Afrique che vede protagonisti i fiati di Fezile Feya Faku e Sidney Mnisi e la chitarra di Louis Mhlanga dal Sudafrica e un’eccezionale gruppo di jazzisti olandesi capitanati dal veterano sassofonista Paul van Kemenade.
Ma uno spazio speciale il Meeting l’ha riservato anche alle voci: finestra aperta all’incontro con la spiritualità africana quella di Christine Salem (La Reunion), inarrivabili e altrettanto spirituali i melismi di Raza Khan, cristalline ma non meno intense quelle di Rachel e Becky Unthank con un sentito omaggio a Costello e Wyatt: una versione di “Shipbuilding” di cui Adrian McNally (al piano con Unthanks) non manca di sottolineare la vena antimilitarista. E per chi ama gli strumenti a corde: la tecnica acustica di Raul Midon, il trash degli l’Hanoi Gupsy Project, l’incrociarsi del kemancheh di Kayhan Lalhor e della baglama di Erdal Erzincan. Meno coinvolgente il cartellone jazz con i francesi dell’ONJ/Orchestra Nazionale del Jazz ancorati a una ritmica molto scandita ed un incontro promettente, ma ancora in rodaggio fra la pianista Julia Hulsmann (quest’anno “artist in residence” a Moers) con Theo Bleckmann, Hayden Chrisholm e Moritz Baumgartner. Gremita e riuscita la riproposizione da parte di Fred Frith del suo “Gravity”, con dieci musicisti di prima qualità e il lirismo della chitarra elettrica di Ava Mendoza in bella evidenza: ancora una bella idea del Music Meeting, mai a corto di progetti e rendez-vous “speciali”. Già fissato l’appuntamento per il 2015: in scena dal 23 al 25 maggio!
Alessio Surian
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