U-Man Trio nasce nel 2001 con il nome Low Bud Jazz Trio, dall’incontro tra la pianista Gaia Possenti, il contrabbassista Fabrizio Cecca e il batterista Massimo Carrano, i quali nel giro di un decennio di attività hanno messo a frutto tutta l’esperienza maturata dal vivo insieme, dando impulso ad una nuova fase del gruppo. Parallelamente al cambiamento del nome, il trio ha deciso di cristallizzare su disco l’originale alchimia sonora nata dalla loro frequentazione musicale, il tutto condito da una sorprendente ricerca stilistica che li vede partire dalle strutture del jazz, per contaminarle con influenze di musica classica e ritmi latini. E’ nato così “Infant Speech”, disco nel quale U-Man Trio ha raccolto otto brani originali più le eccellenti riletture di due standard. Durante l’ascolto emerge chiaramente come l’elemento caratterizzante di questa “formazione a leadership diffusa” sia la solida intesa tra la Possenti, Cecca e Carrano, in grado di tradursi in musica attraverso un interplay cristallino, in cui grande cura è riposta nella ricerca delle melodie e dei temi sempre cantabili, godibili, e di immediata presa, impreziositi da originali soluzioni armoniche e ritmiche. I brani originali, cinque firmati dalla Possenti, due da Cecca e uno da Carrano, svelano atmosfere differenti che spaziano dal tango (“Hija de Tanguero”) alla ballad classica (“Canzone”), passando per gli ammiccamenti alle sonorità latin del Sud America, e quelli al jazz tradizionale. Dal punto di vista prettamente tecnico non si può non notare e lodare il peculiare stile pianistico di Gaia Possenti, che a tratti evoca ora Brad Mehldau, ora nella musicalità Egberto Gismonti, e parimenti va evidenziato il pregevole lavoro al contrabasso di Fabrizio Cecca nell’esplorarne le immense risorse melodiche, nonché quello di Massimo Carrano alla batteria, sempre attentissimo alle timbriche. Vertici del disco sono senza dubbio le due eccellenti riletture di “My Favourite Things” dal repertorio di John Coltrane, e di “In A Sentimental Mood” di Duke Ellington, infatti laddove a prima è si caratterizza per una rilettura a tinte scure in cinque ottavi, la seconda è un omaggio doppio evocando la versione di Michel Petrucciani. “Infant Speech” è, dunque, un disco elegante che ci regala un viaggio in lungo ed in largo nella melodia jazz, il tutto condito da una scrittura poetica e mai banale.
Salvatore Esposito
Tags:
Suoni Jazz