Ensemble Èriu - Ensemble Èriu (Raelach Records, 2013)

Acclamato sin dal debutto al Galway Jazz Festival nell’autunno 2012, l’ensemble irlandese ha acquisito in poco tempo una solida reputazione negli ambienti dell’isola più orientati al crossover. Con un organico di foggia cameristica, gli Èriu ipotizzano una confluenza di moduli tradizionali irlandesi, classicità, minimalismo, digressioni world e jazz, improvvisazione: operazioni di questo genere sono sempre a rischio, ma la band non fallisce nell’impresa. Entrambi originari della contea di Clare, Jack Talty (concertina, concertina basso, elettronica) e Neil O’ Loghlen (contrabbasso, flauto, whistle) sono l’anima dell’ensemble (www.ensembleeriu.com); il primo ha un background tradizionale, il secondo possiede sostanzialmente un’impronta jazz e di musica improvvisata. Li affiancano Matthew Berrill (clarinetto, clarinetto basso), Matthew Jacobson (marimba, batteria), Úna McGinty (violino, viola), Jeremy Spencer (violino), Paddy Groenland (chitarra), Sam Perkin (piano), Colm O’ Hara (trombone) e Saileog Ní Cheannabháin (voce). L’album eponimo si sviluppa in sei lunghi brani; è una sorta di suite caratterizzata da una scrittura in cui si amalgamano diversi mondi sonori, dal portato tradizionale della contea di Clare, con il quale Talty e O’Loghlen sono cresciuti, incarnato da giganti come Willie Clancy, Bobby Casey e Micho Russell, alle ispirazioni provenienti da tutt’altri ambiti (nelle interviste i due citano Bill Evans, Steve Reich, Maurice Ravel, solo per segnare i nomi più altisonanti). Si inizia con il magnetismo iterativo emanato da “Jurna”: stratificazione di corde, legni e fiati, costruita con sequenze minimaliste, stilemi jazz e melodia che procede a tempo di reel. Con “April’s Fool” la concertina si muove agevolmente su ritmo di jig tra piano, flauto, marimba, contrabbasso, chitarra e clarinetto. Il whistle conduce i giochi su Gleann Na Réimsí’, mentre marimba, concertina e violino ricamano un tappeto ritmico-armonico di grande effetto. Segue “3 College Square” che conserva la sua fisionomia trad: violino e concertina duettano su un ritmo di reel, con flauto, marimba e via via altri strumenti che entrano, disegnando uno scenario sonoro per niente convenzionale. Anche il medley “Caoineadh do Lenbh Marbh”/ “Tírdhreach Garbh” /” Bobby Casey’s” è un susseguirsi di inusitati sviluppi timbrici, cambi di ritmo e atmosfere mutevoli, tra linee iterative, sprazzi jazz e melodia di matrice popolare. Si finisce con la visionarietà di “Seachrán Sí”: canto di Saileog Ní Cheannabháin nello stile sean-nós su un texture d’impronta ambient. Un disco che non cambierà il corso della musica irlandese, ma per molti può essere la rivelazione dell’enorme vitalità della scena musicale isolana. 


Ciro De Rosa
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