È uscito per l’editore Squilibri “Musiche tradizionali dell’Umbria. Le registrazioni di Diego Carpitella e Tullio Seppilli (1956)”, a cura di Piero G. Arcangeli e Valentino Paparelli.
Il volume, al quale sono allegati due cd con un totale di sessantatré registrazioni originali, si inserisce nella collana “AEM-Archivi di Etnomusicologia”, dedicata alle ricerche etnomusicologiche che sono state condotte in Italia a partire dai primi anni Cinquanta del secolo scorso.
Nel loro insieme queste campagne di registrazione – di cui Squilibri, in collaborazione con l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, presso i cui archivi sono depositati i documenti, ha già pubblicato diversi resoconti, tra i quali quello sulla Basilicata, sul Salento, sulla Calabria e sull’Abruzzo – oltre a rappresentare la fase pionieristica dell’etnografia etnomusicale scientifica nel nostro paese, documentano un ampio spettro di repertori di tradizione orale, in gran parte (e in quelle forme) estinti unitamente ai contesti culturali all’interno dei quali sono stati prodotti (e anche documentati).
Il volume sull’Umbria è il resoconto della Raccolta 33 degli Archivi di etnomusicologia dell’Accademia di Santa Cecilia (AESC). Carpitella e Seppilli – accompagnati da una troupe di tecnici della Rai, che aveva fornito le attrezzature per la registrazione – svolsero la ricerca alla fine del 1956 (e precisamente dal 9 al 16 dicembre). Raccolsero, prevalentemente nell’area nord-ovest della regione, un totale di 108 documenti, registrati nelle località di Norcia, Maltignano di Cascia, Caprareccia di Spoleto, Coldipeccio di Scheggia e Pascelupo, Pietralunga, Gubbio, Volterrano di Città di Castello, Morra di Città di Castello, Monte del Lago di Magione, Torre dei Calzolari Alta di Gubbio. Tra i documenti registrati vi sono interviste, ottave rime (sia memorizzate che improvvisate), canti della mietitura a voci sole alterne, stornelli accompagnati all’organetto, pasquarelle, canti da bifolco, ninna nanne, racconti popolari, canzoni narrative e canti della mietitura.
La ricognizione che portò alla Raccolta 33 AESC si inserisce in uno scenario particolarmente vivace sul piano della ricerca etnomusicologica italiana, sia in Umbria che in altre regioni.
Negli anni Cinquanta, infatti, l’Umbria fu interessata da altre due ricerche. La prima condotta da Alan Lomax nel 1954, durante la quale (nel suo viaggio che toccò quasi tutte le regioni italiane) l’etnomusicologo di Austin registrò un numero limitato di documenti nelle località di Gualdo Tadino, Assisi e Norcia, che confluirono nella Raccolta 24/R AESC. La seconda, condotta dagli stessi Carpitella e Seppilli nel gennaio del 1958, poco più di un anno dopo la loro prima spedizione, interessò la zona sud-orientale della regione e portò alla registrazione di 94 documenti, confluiti nella Raccolta 37 AESC.
Riguardo il contesto nazionale, invece, lo stesso Diego Carpitella condusse altre due ricerche fondamentali per la storia degli studi etnomusicali italiani, entrambe come membro di un’equipe di studiosi coordinata da Ernesto De Martino. La prima in Basilicata, nel 1952 (Raccolta 18 AESC) – considerata, come si può leggere nel volume che ne pubblica il resoconto a cura di Giorgio Adamo, “l’atto di nascita dell’etnomusicologia italiana perché per la prima volta si effettuarono registrazioni sul campo secondo criteri organicamente unitari” – e la seconda in Salento, nel 1959 e nel 1960. Quest’ultima rappresenta probabilmente l’episodio più famoso dell’etnografia italiana (Raccolte 48 e 53 AESC), che portò alla più ampia documentazione esistente sulle musiche legate al fenomeno del tarantismo.
Come ha ricordato Tullio Seppilli durante la presentazione del volume – svoltasi a Perugia lo scorso 10 novembre – le ricerche sul patrimonio etnomusicale dell’Umbria degli anni Cinquanta sono state un’occasione di registrare le ultime testimonianze di una cultura che si sarebbe irreversibilmente disgregata da lì a pochi anni, lasciando evaporare gli elementi più arcaici che la caratterizzavano. Seppilli, infatti, ha sottolineato quanto in quegli anni fosse sconosciuta l’organizzazione e i riferimenti socio-culturali di aree periferiche e isolate come quelle dell’appennino umbro-marchigiano, dove le relazioni sociali e l’immaginario collettivo erano in parte determinati da elementi culturali che persistevano da secoli. Tra questi vi era “la vitale presenza, allora… della materia mitico-letteraria relativa al Guerrin Meschino e al suo lungo soggiorno nella Grotta della Sibilla, e un orizzonte culturale ancora popolato di fate e di streghe, di strane apparizioni e di notturni paurosi incontri”; “le rappresentazioni notturne itineranti del ‘sega la Vecchia’, anch’esse persistenti, in quegli anni, in varie aree rurali della regione”; e infine l’uso dell’improvvisazione poetica in ottava rima, praticata da pastori e contadini semianalfabeti in grado di declamare a memoria i poemi della tradizione cavalleresca (scritta) del XVI sec. A questo proposito Seppilli ricorda l’incontro con Adolfo Consolini, un contadino di Maltignano di Cascia, che cantò ai due studiosi un’ottava rima sulla città di Norcia (riportata come prima traccia del primo cd con il titolo dell’incipit “Norcia è città che in mezzo a un piano siede”).
La presentazione del volume a Perugia è stata anche l’occasione per commemorare Valentino Paparelli, scomparso nei mesi scorsi nelle fasi finali di stesura del volume.
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