Nel dialetto delle isole Shetland Vamm vuol dire fascinare, incantare o stregare. Dietro questo nome che evoca il folklore nordico è un trio di eccellenti strumentiste: la scozzese del Perthshire Patsy Reid (violino e viola), già con i Breabach, la shetlandese Catriona Macdonald (violino), già con Blazin’ Fiddles, e la norvegese Marit Fält alla mandola nordica (uno strumento a cinque cori di corde doppie, sviluppato da Ale Möller e dal liutaio Christer Ådin sul finire degli anni ’80). Guardando all’estero, ciò che constatiamo è quanto siano attivi i musicisti, come si creino all’interno del circuito trad/folk incontri tra artisti che hanno uno spazio operativo significativo in festival, club e quant’altro sia riconducibile alle performance dal vivo. All’ascolto l’album, poi, rivela l’importanza dei solisti, la loro qualità tecnica, ma anche il loro interplay, che si traduce nella capacità di creare un prodotto dal forte appeal ma dalla percepibile immediatezza. Non perseguendo schemi ripetuti né limitandosi ad una rilettura del materiale di derivazione popolare, le tre fanciulle riescono a creare musica deliziosa, energica e raffinata, esemplare nell’esecuzione, emozionante, riuscendo a combinare alla grande le tecniche violinistiche scozzesi e shetlandesi e della Scandinavia, con la mandola a fornire un accompagnamento dinamico, efficace e potente. Davvero notevole il gioco di incastri, variazioni melodiche, armoniche e ritmiche messo in campo dalle Vamm. Del repertorio proposto solo quattro sono i brani tradizionali, tutto il resto proviene da compositori del passato, lontano (James Scott Skinner) e vicino (Andy de Jarlis), e del presente (Jim Sutherland, Aidan O’Rourke, Nathan Armstrong, Catriona Price, Donald Shaw, Jerry Holland, solo per citarne alcuni): nei dieci capitoli strumentali un attraversare in lungo e in largo l’oceano della musica acustica, dal Canada alla Norvegia, dalla Scozia alla Svezia fino in Irlanda. Se con l’iniziale “The Duchess of Yell/ Polska for Marit Fält” il trio scopre subito le sue carte e con “Castle Grant”, di Scott Skinner, è l’eleganza formale sposata alla linearità a trionfare. Quando si arriva al reel swingato "The Ostrich”, firmato Sutherland, quindi proveniente dal repertorio degli indimenticabili Easy Club, si comprende pienamente la pregevole fluidità dell’ensemble. Fa da contrasto "Miranda”, brano dal tratto malinconico, mentre l’accoppiata "Felgubben/ To the West”, di cui la prima è un tradizionale del nord della Svezia dall’incedere maestoso, il secondo, firmato dal violista Donald Grant, mostra chiaramente le doti esecutive di Catriona, Patsy e Maria. È poi la volta di tre danze scozzesi dell’isola di Skye, cui segue un trittico che mette insieme due danze di Cape Breton e un halling norvegese. Con l’atmosferica "Lurkas” è la mandola a ritagliarsi uno spazio solista, prima che l’ingresso del violino porti ad un dialogo raffinato. La conclusiva “Prospect Road” è la trasposizione di una vivace composizione per cornamusa del nord-irlandese Darren Milligan.
Ciro De Rosa
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