Esistono dei modi di far musica nell’ambito delle musiche di tradizione orale che sembra non smettano mai di sorprenderci. Musiche in cui pare che la regola sia l’assenza da essa, per poi ritrovare invece, dopo un’attenta analisi, delle finissime strategie rivoluzionarie per le nostre orecchie. È necessario entrare e immergersi in questo mondo sonoro per poter capire i sistemi spesso complessi che si cela dietro questo universo ancora, a quanto pare, da scoprire sino in fondo.
È questa la riflessione che tanti partecipanti hanno portato a casa al rientro dalla conferenza “Boghe sèria, boghe ‘e ballu. Alcune considerazioni sul ritmo nel canto a tenore”, tenutasi a Cagliari il 15 Luglio, che ha coinvolto Marco Lutzu, etnomusicologo, docente del Conservatorio cagliaritano “G. P. da Palestrina”, delle cui attività di studio blogfoolk si è già occupato, a cominciare dall’Enciclopedia della Musica Sarda, di cui è stato il responsabile scientifico. La conferenza rientra in un ciclo di seminari annuali organizzati dal Maestro Luigi Oliva e dal coro dell’Associazione culturale Terra Mea (www.associazioneterramea.it), mirati all’approfondimento teorico del canto polifonico sardo. Infatti il tema, il ritmo nel canto a tenore, canto polifonico a quattro voci di tradizione orale, è stato trattato analiticamente e indagato sotto numerosi aspetti.
Considerato l’argomento alquanto tecnico e specifico, degne di nota sono state l’attenzione e l’accuratezza rivolte ad un pubblico non assiduo a uno studio musicale teorico, propenso, piuttosto, ad una conoscenza immediata mediata dall’esperienza pratica. Acquisiti alcuni concetti preliminari, come quelli di poliritmia o polimetria, fondamentali per una completa comprensione dell’organizzazione del tempo nel repertorio del canto a tenore, Lutzu si è servito di un buon numero di esempi sonori per ripercorrere e sottolineare le peculiarità ritmiche proprie del genere. Infatti, il repertorio è composto da due sezioni principali, ovvero una parte iniziale, s’istèrrida, caratterizzata dall’alternanza tra il solista (sa oghe) e il coro e una seconda sezione, sa zirada, contraddistinta invece dalla loro sovrapposizione. La particolarità di questo repertorio, nonché della combinazione tra le due sezioni, è che la prima sezione è a ritmo libero, mentre la seconda è a tempo determinato. Questa peculiarità ritmica si ritrova in tutte le numerose varianti del genere.
Ciò comporta una particolare capacità di gestione del tempo sia da parte del solista, che segnala il cambiamento durante il canto tramite delle variazioni ritmiche, e sia da parte del coro che ha la capacità di sincronizzarsi simultaneamente all’apparire della pulsazione di riferimento sino a quel momento assente. Ampio spazio è stato dato, inoltre, al tema del trattamento ritmico del testo nei balli da parte del solista, nonché all’uso delle principali scansioni metriche, in particolar modo l’ottonario. L’ottonario infatti, dal punto di vista testuale, è uno dei componimento maggiormente impiegato e di gran lunga il più costante, tramite l’uso di formule ritmiche ricorrenti. Un ulteriore approfondimento è stato riservato al tema della polimetria che contraddistingue ancora una volta le due diverse sezioni del repertorio con due diverse configurazione ritmiche. In questo modo si realizzano dei particolari incastri tra le due griglie metriche che, dando vita a particolari accentuazioni, permettono sia al solista che al coro di eseguire il canto nel loro metro ma allo stesso tempo di mettere in risalto il giro metrico dell’altra parte. Non sono mancate le delucidazioni anche sui casi particolari, come il componimento in metro settenario o le forme asimmetriche.
Valentina Onnis
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