The Rolling Stones e Il Blues

Bluesman si nasce (potrei parafrasare) e io lo nacqui, modestamente. Sotto ci sarebbe la firma di Keith Richards. È tutto lì. In quell'incontro con Mick dovuto al fatto che il giovane dalla bocca larga e dalle labbra carnose aveva una collezione di dischi della Chess da far invidia. Va avanti così da oltre cinquanta anni. Va avanti bene. Gli Stones hanno ospitato pochi giorni fa Tom Waits sul palco del loro tour per una versione del grande classico Little Red Rooster. Il pezzo porta la firma del grandissimo contrabbassista e autore Willie Dixon, quello di Spoonful, tanto per intenderci, quello che è riuscito a farsi riconoscere una paccata di dollari dai Led Zeppelin per un presunto plagio di alcuni suoi pezzi, quello che suona il contrabbasso in una serie quasi infinita di pezzi editi dalla Chess, perfino nella seminale Johnny B.Goode di Chuck Berry. Posto che ormai Keith e Tom sembrano due fratelli separati alla nascita, posto che non so cosa potrei aver dato per vedere i ragazzi fare a pezzi Little Red Rooster, alcune riflessioni sul Blues, su invito del direttore di Bloogfolk in occasione del centesimo numero mi vengono spontanee. Ecco cosa in una meravigliosa intervista del 1955 Georges Simenon, il grande scrittore padre di Maigret, alla Paris Review: "Per rendere l'idea del peso, un pittore commerciale dipinge in modo piatto; puoi passarci il dito attraverso. Ma solo un pittore, ad esempio, una mela di Cézanne ad esempio, ha un peso. Ha la polpa, e tutto, e solo con tre pennellate. Con le parole cercavo di dare alle mie parole lo stesso peso che una pennellata di Cézanne dava a una mela.". Sta ovviamente parlando di blues. Sì, perché sta parlando di anima. Nel 1964 gli Stones portano, per la prima e ultima volta, un pezzo blues al primo posto in Inghilterra. È “Little Red Rooster”. 
La canzone la vanno a registrare ai Chess Studios, quelli dove racconteranno di aver visto un imbianchino che rinfrescava una stanza scoprendo in seguito che si trattava di Muddy Waters, loro totale e completo idolo. Storia o leggenda? È ininfluente. È come il senso del ritmo, o ce l'hai o non ce l'hai. Gli Stones sono tutti ritmo. È il blues che è ritmo, misura, coesione, concisione. Mistero. Proprio come la mela di Cézanne. Proprio perché il blues è mercurio che scappa in tutte le direzioni, inafferrabile, blues è amore, quell'amore che Keith mette in ogni cosa che racconta nel suo libro meraviglioso Life, quell'amore che lo fa andare in giro ed essere felice, festante, sorridente solo con la chitarra al collo. E non è per prendere solo le parti dell' Always Cool Keith, ritengo che Mick "Brenda" Jagger sia una voce da paura e un enorme armonicista blues, di quelli che fanno male quando li senti.Non sono cose che si possono inventare a tavolino. Ci vuole fegato, anima e coraggio. Ci vogliono i maroni, scusate il francesismo ma, come sapete, Modena ha un passato ducale francese che ne influenza lo sproloquio. Il blues lavora per sottrazione, togliendo e togliendo e ancora togliendo e alla fine rimane solo l'essenziale. Il blues è vita, vita vera, non solo tristezza, anche tristezza, ma anche sesso, gioioso e liberatorio, e sfighe varie ed eventuali. È un accettazione delle disgrazie con un sorriso che salva la vita. È un inspiegabile serie di oltraggiose deroghe dal diktat dei conservatori, è un fare musica che esce totalmente da quello che può essere insegnato a livello di scuole. È un fare musica che bypassa l'approccio dell'uomo occidentale per riappropriarsi del ritmo e della spinta conseguente dell'Africa. Gli Stones sono quelli che hanno incarnato con maggior pertinenza e rispetto non agiografico l'amore per quelle atmosfere. Come sempre l'Amerika ha dovuto aspettare dei giovani inglesi per far ripartire l'amore per una musica che è americana dal punto di vista putativo. Con amore.


Antonio "Rigo" Righetti
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