L’Irlanda In Rock Di Massimo Giuntini

Polistrumentista e profondo conoscitore della tradizione musicale Irlandese, del quale è tra i più importanti interpreti in Italia, Massimo Giuntini vanta un percorso musicale di grande prestigio speso tra Modena City Ramblers, Ductia e Whisky Trail, senza contare le tante collaborazioni artistiche e la sua attività di produttore. Parte importante della sua carriera è però anche la sua attività come solista, che con “Promises”, giunge al suo sesto disco. Lo abbiamo intervistato per parlare insieme di questo nuovo progetto, approfondendone le ispirazioni e i temi, senza dimenticare il recentissimo “Celtic Fragments” inciso con i Wiskey Trail. 

Come nasce “Promises”? Quali sono state le tue ispirazioni? 
“Promises” nasce da un particolare momento della mia vita in cui ho avuto la necessità di pensare a me stesso un po’ più in profondità del solito. Nel contempo eravamo nel mezzo di una campagna elettorale che non esito a definire ridicola, tutta fatta di promesse assurde fatte da parte di tutti gli schieramenti, e ho cominciato a pensare al ruolo che le promesse rivestono nella nostra vita. Siamo noi uomini che le mantengono o pagliacci che danno solo aria ai denti, come si suol dire? E poi, quanto le nostre decisioni condizionano gli altri? Una nostra promessa mancata può costituire un problema per qualcuno? Difficile dirlo, difficile quantomeno generalizzare. Questo è stato l'input "filosofico" che sta dietro la nascita di questo lavoro, che peraltro ha avuto anche una gestazione più lunga del solito, vista la pausa che ho dovuto prendermi, quindi c'è stato anche tempo di pensarci proprio bene.. 

Come mai la scelta, di lavorare in solitario? 
Non è una novità, tutti i miei dischi solisti sono stati suonati, composti e registrati in solitaria. “Promises” è il sesto della serie, cominciata nel 2001 con “Celticaravan” e passata poi per lavori come “Indoeuropean”, “Ancestral Breath”, “Traditional” ed “Epica”. L'unico altro lavoro mio in cui ha suonato qualcun altro è stato il recente, “Terre In Vista”, che proprio per questo è uscito a nome mio e del mio amico Raffaello Simeoni. 

Nella presentazione sul tuo sito, scrivi che “Promises” è un disco che raccoglie un po' tutti gli ambiti che hai esplorato nella tua carriera. E' un po' un lavoro che fa fotografa lo stato dell'arte delle tue ispirazioni e della tua scrittura? 
Spero di sì; fino dall'inizio della mia esperienza con i suoni tradizionali irlandesi ho avuto sempre molto chiaro l'obbiettivo di allargare gli orizzonti e di non fermarmi alla musica suonata nelle sessions: ho avuto la fortuna di godere di una ampia formazione fatta di rock progressivo e non. di blues, di country e successivamente anche di jazz (pochino) e musica tradizionale (parecchia). Ho sempre ascoltato tutta la musica che ritengo essere buona, e quindi ho risentito, spero positivamente, di ogni ascolto fatto.

Come si inserisce questo nuovo disco nel tuo percorso musicale, nel giro di pochi anni hai messo insieme vari progetti interessantissimi dal già citato “Terre In Vista” con Raffaello Simeoni a quello su Jacopo Bordoni fino all'ultimo con i Whisky Trail, in uscita in questi giorni.. 
Effettivamente la mia schizofrenia positiva ha lavorato molto in questi anni, ma è proprio che sono fatto così, mi piace così tanto quello che faccio che non riesco a fermarmi; se trovo un progetto che ritengo valido lo prendo, lo gestisco e vado fino in fondo, non tanto per accumulare un punteggio, quanto per poter dire di aver provato ad esplorare una spetto diverso della musica e del mio modo di scrivere. Sono un curiosone... 

Ci puoi parlare del tuo processo creativo? Come nascono le tue canzoni, le melodie, i suoni? 
A volte si parte da un ritmo di batteria, specie per quanto riguarda la musica da ballo; sono però soprattutto le suggestioni visive quelle che mi guidano, ho un approccio molto espressionista al riguardo. Per esempio il brano “Le Calvaire” è nato dalla visione di una foto di un calvario bretone (scultura antica in pietra molto diffusa in Bretagna riguardante la passione di Gesù) e da lì ho preso un ritmo di Andro cercando di evidenziare il lato emotivo della storia. 

Quanto ha pesato nella tua formazione la ricerca musicale sulle fonti tradizionali anglo-sassoni ed irlandesi? 
Inevitabile che abbia pesato, visto lo strumento che suono; aggiungo anche che nonostante la mia propensione a variare molto il contesto in cui lavoro ogni tanto c'è proprio il bisogno di riconciliarsi con una bella session nel pub, quasi a riscoprire e ribadire radici che non sono mie del tutto. essendo io aretino, ma che spero di aver fatte mie almeno in parte. 

In “Promises” fai convivere magistralmente la tradizione irish con il rock come nel caso della splendida “Take A Look”, un esperimento ben noto grazie a gruppi come Runrig e Clannad, ma il tuo approccio sembra andare oltre, e porre l'attenzione più alle linee melodiche che al peso ritmico, il tutto a vantaggio della liricità dei brani.. 
Domanda molto interessante: ho sempre tenuto presente di non essere particolarmente "irlandese" o rosso di capelli (grigio, casomai, a momenti...), e so perfettamente di essere italiano al 100%, ma musicalmente me ne accorsi subito, non appena mi trovai a suonare con altri musicisti irlandesi. Rispetto a loro forse pagavo pegno nella esecuzione di reels and jigs, ma quando si trattava di suonare un lament o una slow air nessuno di loro aveva il mio lirismo. Questa è una cosa che ce l'hai nel sangue, e noi italiani ce l'abbiamo; mi fa anzi molto piacere che tu l'abbia notato, significa che l'obiettivo è stato raggiunto! Per quanto riguarda il rock, non penso tanto ai Clannad, che trovo davvero splendidi ma piuttosto lirici che rock, quanto all'ultimo Michael Mc Goldrick, musicista eccelso col quale ho condiviso il palco e molti gusti: abbiamo avuto molte conversazioni in cui la nostra volontà di andare "oltre" convergeva al 100%. 

Il disco svela anche un lato sorprendente ovvero alcuni dei brani e penso a “A Serius Polka” o “Swingin' Reel” evocano i passi della danza, quanto è importante per te l'aspetto coreutica della tua musica? 
Suono spesso in festival celtici dove la danza è importantissima, e sono abituato a vedere gente che balla ai miei concerti. Mi piace che la gente si diverta quando suono, in qualsiasi modo lo faccia: che balli, che ascolti musica o le fregnacce che dico durante la presentazione dei pezzi....sai com'è, essere aretino in questo senso aiuta non poco! 

Avendo inciso il disco in solitaria, come riproporrai i brani dal vivo? 
Ovviamente avendo due mani ho un gruppo di amici che mi aiuta, sono tutti di Ferrara (il mio primo editore musicale, Stefano Trentini, è di là e mi consigliò quel gruppo) e sono con me da molti anni: Davide Candini alle tastiere, Fausto Gherardi alla batteria, Gianluca Rizzoni al basso e Roberto Romagnoli alla chitarra e al buzuki. 

Ci puoi parlare della tua esperienza con i Wiskey Trail, storica band irish folk italiana?
Nei primi anni in cui cercavo di imparare a suonare le uilleann pipes mi capitò tra le mani un disco intitolato “Pooka”, e subito notai la particolarità di quei suoni che cercavano meglio l'intensità piuttosto che il volume fine a se stesso: quando scoprii che erano di Firenze pensai che sarebbe stato possibile, un giorno, suonarci insieme. Così' ci siamo incontrati, annusati per anni, fino a che la mia uscita dai Modena City Ramblers dette il via, nel 2002, a questa unione che continua ad essere sempre viva e vivace. 

Abbiamo detto poco fa che è in uscita anche il disco con i Whisky Trail, ce ne puoi parlare? 
Si tratta di un cd dal titolo “Celtic Fragments”, e sono appunto dei "frammenti", dei piccoli quadretti anche questi decisamente di stampo espressionista, riguardanti l'Irlanda, la sua storia e le sue arti, musicali e poetiche. Dal punto di vista musicale da segnalare l'esordio discografico del mio amico Luca Busatti, che ha sostituito nel 2011 lo storico Pietro Sabatini, portando un aspetto forse più tradizionale al suono del gruppo: molti brani adesso suonano più da pub che da concerto, e suonando musica irlandese trovo che sia un aspetto importante. 

Quanto ha inciso l'esperienza in questo gruppo nella tua carriera? 
Grazie a loro ho apprezzato l'importanza del dettaglio nella musica, l'attenzione più completa ad ogni singolo suono che posto in un modo o in un altro può fare la differenza. Così se prima ero già complicato grazie a loro sono diventato davvero insopportabile! 

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? 
Sono vivo, suono e ho una gran bella famiglia. Basta così... 




Massimo Giuntini – Promises (AI Music) 
Sono trascorsi quattro anni da “Epica” e da allora Massimo Giuntini non è affatto stato fermo dal punto di vista artistico, ma anzi questo periodo può dirsi tra i più ricchi della sua carriera avendo dato alle stampe l’ottimo “Terre In Vista” in coppia con Raffaello Simeoni, il disco dedicato a Jacopo Bordoni con La Società del Chiassobuio, e una serie di collaborazioni che spaziano da quella con il vecchio amico Cisco alla Zampognorchestra e gli Inchanto. Era dunque necessario, un ritorno a casa verso la sua attività come solista, e non poteva esserci modo migliore di “Promises”, disco che raccoglie dieci composizioni strumentali autografe, attraverso le quali il polistrumentista aretino ha voluto ripercorrere tutte le influenze musicali che hanno caratterizzato il suo vissuto artistico, includendo anche la sua attività con i Ductia. Musica celtica, rock, jazz e spaccati introspettivi, fanno di questo album un lavoro dalle atmosfere e dalle sonorità diversificate, in cui gli stilemi della musica irlandese vengono riletti in una chiave differente, che lascia ampio spazio alla sperimentazione e alla ricerca su melodie e timbriche. Prodotto ed inciso in completa solitudine il disco riflette le tante promesse non mantenute della nostra società, dai politici, da chi ci è vicino, da chi ci ama, è allo stesso tempo una risposta e una descrizione degli stati d’animo che genera un tradimento, la mancanza di una parola data, un amore finito, l’onestà calpestata. Dal punto di vista prettamente sonoro, gli strumenti di elezioni di Giuntini ovvero uilleann pipes, il low whitle e il bouzouki, incontrano il basso e la batteria, che stendono una base ritmica tipicamente rock ai vari brani, ma anche il pianoforte, vera novità del disco, elemento già presente nel suono del primo disco dei Ductia. L’ascolto così ci regala brani di grande intensità e suggestione come la title track che apre il disco con il suo intreccio tra folk irlandese e rock, o le eccellenti “Take A Look” e “Stumbling”. Il disco però rivela altre grandi sorprese come la struggente “Le Calvaire” in cui le sonorità bretoni si sposano con quelle irish in un atmosfera introspettiva e densa di pathos, o gli spaccati coreutici di “A Serious Polka”, “Swingin’ Reel” e “The Good & Evil Jig”. “Promises” è, dunque. un disco che fotografa in modo superbo l’ispirazione e la qualità compositiva di Massimo Giuntini, facendo emergere tutta la sua capacità di dialogare con altri linguaggi e stili musicali. Il cd “Promises” è disponibile online al sito www.ai-music.it. 



Salvatore Esposito
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