Considerato uno dei cantautori italiani più originali degli anni Settanta e non solo per aver scritto quella “Storia Disonesta” diventata poi sua croce e delizia, Stefano Rosso era soprattutto un virtuoso della chitarra acustica e del fingerpicking, ed un grande conoscitore della musica folk. Solo lambito dal successo e volontariamente lontano dalle scene, il cantautore trasteverino non ha goduto di alcun tributo o celebrazione dopo la sua morte, quasi la sua esistenza si fosse chiusa con il contestuale oblio sulla sua figura. Tuttavia a gettare nuova luce sulla sua vicenda umana ed artistica c’è l’eccellente “Che Mi Dici Di Stefano Rosso?”
curato da Mario Bonanno e la figlia del cantautore romano Stefania Rosso, che tratteggia in modo impeccabile la complessità della figura di Stefano Rosso. Senza avere la pretesa di essere un saggio critico o una biografia, quest’opera è una sorta di scrapbook nel quale sono confluite analisi sul suo songwriting, frammenti del suo diario, una dettagliata discografia, nonché i ricordi di alcuni amici e colleghi, e un corposo apparato fotografico. Per chi ben conosce Stefano Rosso, sarà come ritrovare un vecchio amico, ma allo stesso modo anche quanti incuriositi si avvicineranno alla sua storia, avranno modo di lasciarsi affascinare dalla sua figura, dalle sue canzoni e dalla sua vita. Si scoprirà così il suo amore per la chitarra, la sua passione per il fingerpicking e quella per il folk, ma anche le cause della patina di oblio che avvolge la sua figura, il suo caratteraccio poco incline ai compromessi, la volontaria lontananza dalle scene e la miopia dei discografici, che non seppero valorizzare il suo talento.
Stefano Rosso era un cantautore nato dal popolo, la cui scrittura mescolava sarcasmo urbano ed ironia popolare, poesia e malinconia, pungenti riflessioni e spaccati intimistici. Più che essere un atto di giustizia, questo libro è un atto d’amore, un ricordo accorato, partecipato e commosso di una figura importante della canzone italiana, il cui solco tracciato corre dai vicoli di Trastevere, tocca la Londra di Ralph McTell fino a giungere, agli States del suo amato bluegrass e del country. Ad impreziosire il tutto c’è anche un disco dal vivo inedito registrato nella storica cornice del Folkstudio a Roma nel 1993. L’ascolto di questo prezioso documento ci conduce indietro nel tempo in quella fucina di canzone d’autore che era il locale di Cesaroni, e ci consegna intatta la genuinità delle esibizioni di Stefano Rosso. Nel corso degli undici brani spiccano perle come le iniziali “Canzone Per Un Anno” e “Gli Occhi dei Bambini” ma anche brani storici del suo repertorio come “Letto 26” in medley con “Gina Blues”, e “Una Storia Disonesta” e qualche sorpresa come il tradizionale “Galopeira”, “I Got Rhythm” e il travolgente “Nashville Rag”.
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