Nata nel 2007 da un’idea dell’attore Biagio Guerra, la Pocket Poetry Orchestra raccoglie i componenti del gruppo italo-palestinese dei Dounia ovvero il cantante palestinese Faisal Taher, Vincenzo Gangi (chitarra), Giovanni Arena (contrabbasso) e Riccardo Gerbino (tabla e percussioni), con l’aggiunta di Stefano Zorzanello (sax, flauto, elettronica), Marina Borgo (marimba e percussioni), e il poeta tunisino Moncef Ghachem. Già nel 2003 questo gruppo di artisti aveva dato vita al reading Dalle Sponde Del Mare Bianco, poi uscito anche su cd per Mesogea, ma il progetto Quelli Che Bruciano La Frontiera, edito da Folkclub Ethnosuoni rappresenta una ulteriore evoluzione di questo ensamble che oggi più che mai sembra indirizzarsi verso l’esplorazione di quel confine dove musica e parole si incontrano alla ricerca di quei legami sottili che possano generare un flusso sonoro unico in cui la potenza dei testi è completata dalla ricerca sonora. In questo senso di grande importanza diventa, dunque, anche la tematica trattata, infatti, quasi fosse un concept album, il disco ruota intorno al grande dramma dei migranti nord-africani che approdano sulle coste della Sicilia, e anche il titolo non è nient’altro che la traduzione letterale del termine arabo harraga, che indica appunto coloro che attraversano il Mediterraneo clandestinamente a bordo di vecchie e stracariche barche di fortuna che spesso diventano per loro delle vere e proprie tombe.
Ad accompagnarci durante l’ascolto sono due donne, due donne di mare, ovvero la madre di Moncef, ultima custode di una antica cultura di pescatori e la nonna di Guerrera, Rosa Viola, che nei primi anni del 1900 attraverso il Mediterraneo su un mercantile, entrambe diventano paradigma delle difficoltà che incontrano coloro che attraversano il mare verso la libertà. Pur utilizzando la medesima formula di Dalle Sponde Del Mare Bianco, che vedeva la musica porsi a metà strada tra reading letterario, poesia civile e protest song, questo nuovo album ha tratti più politici, ma la tensione poetica e la forza evocativa è rimasta intatta con la voce di Faisal Taher sempre pronta ad incantare accompagnato dall’incanto acustico dei Dounia e dalla potenza espressiva della poesia in francese di Ghachem. Ogni brano così diventa una terra di confronto per due mondi, due lingue, che si guardano e si parlano attraverso il mare nel tentativo di superare la distanza, la sofferenza e la disperazione, per la conquista di un futuro migliore e pieno di speranza. Siciliano, arabo e francese diventano una sola lingua, un solo dialetto, una sola voce che pretende di essere ascoltata e la Pocket Poetry Orchestra con questo disco è riuscita a dare vita a questa impresa in modo magnifico e siamo certi che gli altri due nuovi reading in cantiere ci regaleranno altrettante emozioni.
Salvatore Esposito
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