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Dalla cittadina serba di Vladičin Han, epicentro della tradizione delle telluriche bande di ottoni rom, passando per la cassa di risonanza internazionale data dall’arruolamento nelle file bregoviciane per le colonne sonore delle pellicole di Kusturica, è una storia lunga quella dell’Orchestra Marković, piena anche di riconoscimenti conquistati al festival serbo di Guča riservato alle bande di ottoni, senza dimenticare la partecipazione del leader trombettista Boban al progetto Il terrone, l’ebreo e lo zingaro, al fianco di Roy Paci e Frank London. Da un po’ di anni il figlio di Boban, Marko, ha preso le redini della fanfara paterna di tredici musicisti, infondendo un’impronta indiavolata agli ottoni della banda, aprendo i fiati a un repertorio world pop, macinato secondo le proprie vedute, e colorando di funky e jazz le danze tradizionali (si ascolti la superba “Mrak kolo” che apre l’album).
Dall’universo rurale di Zece Prajini, Romania nordorientale, arriva invece la frastornante Fanfare Ciocărlia di dodici elementi, scoperta anni orsono dal produttore tedesco Henry Ernst, che la strappa a matrimoni e feste proiettandola sui palcoscenici internazionali.
Insomma, le due formazioni appaiate in questo disco sono due delle protagoniste incontenibili, responsabili di quella epidemia di fiati rom balcanici che fa consumare ai gaggé di mezzo mondo la loro musica debordante in maniera inversamente proporzionale alla benevolenza e accoglienza riservate ai Rom che bussano alle porte di casa. La fanfara romena ha un piglio più robusto dell’orchestra serba, attinge non solo alle tradizioni locali, ma anche a quelle dei Paesi confinanti, senza dimenticare le incursioni nel pop internazionale. Il suo eclettismo furibondo è pienamente espresso nella rilettura del tradizionale “Suita a la ciobanas”.
Per mettere a confronto le due bande non c’è niente di meglio che andare alla sequenza giustapposta dell’ellingtoniana “Caravan”, riletta da entrambe le formazioni con gusto e atteggiamento molto diverso. Oppure gettarsi a capofitto nella traboccante versione del tema jamesbondiano di Monty Norman che combina le due irrefrenabili brass band. Questo gypsy contest messo in scena dalla teutonica etichetta Asphalt Tango nelle fredde lande transilvaniche, dove è stato registrato di getto nella Pensiune Dracula (poteva non essere così?) rappresenta una sfida all’ultima nota: maestosa, grossolana, viscerale, esilarante, entusiasmante, una collaborazione e una resa dei conti al contempo, costituita da brani di tradizione, proprie composizioni e cover, che non tralasciano incursioni nella muzak (”I am your gummy bear”).
Colpiscono nel segno anche “Optisani” e “Topdzijsko kolo” sul versante Marković, “Disco Džumbus”, scritta dal violinista ungherese Lajko Felix, e “Devla”, giocata insieme dai due ensemble.
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Europa