originariamente pubblicato su Folk Bulletin con il titolo “Le Maitunate”: Viaggio alla riscoperta di un genere musicale dimenticato
Una Doverosa Premessa
Alcuni suonatori di Maitunate (dal Forum di Alfonso Toscano) |
Uno dei primissimi articoli dedicati alla musica popolare, che ho scritto per le gloriose pagine di Folk Bulletin, è stato “Le Maitunate”: Viaggio alla riscoperta di un genere musicale dimenticato, nel quale, con l'aiuto di due autorevoli due musicisti e musicologi molisani come Silvio Trotta dei “Musicanti del Piccolo Borgo” e Mauro Gioielli de “Il Tratturo”, tentavo di tracciare un'idea per un percorso di ricerca attraverso le Maitunate, canti augurali tipici della notte di San Silvestro diffusi in una vasta area compresa tra le province di Isernia, Campobasso e quella del Fortore nel quale la piccola regione italiana si incontra con Puglia e Campania. Il desiderio di approfondire questa particolare tradizione tutta molisana nasceva dal fatto che sin da piccolo ero stato testimone e sopratutto partecipe di quest'uso, avendo trascorso i primi sei anni della mia vita a Tufara (Cb), paesino sospeso su un rupe tufacea posta nel punto più estremo del Molise giusto a confine tra Puglia e Campania, e nel quale I'Maitinat, hanno mantenuto la loro originaria caratteristica del canto di questua, al fianco della più moderna e recente portata benaugurale e satirica. Nel precedente lavoro, avevo cercato, riuscendoci però a tratti, di ricostruire questo fenomeno in tutta la sua complessità, ma la mia scarsa esperienza nel campo, mi aveva condotto ad un risultato non pienamente soddisfacente, almeno rispetto a quella che era la mia idea iniziale. E' proprio per questo che ho deciso di rimettere mano a quell'articolo, per riscriverlo ed ampliarlo, anche all'aiuto di qualche personale ed artigianale ricerca. All'epoca dedicai il lavoro a mio zio Gino, ex brigadiere dei Carabinieri a Firenze, che puntualmente ogni anno non mancava di tornare per il 31 gennaio a Tufara per suonare la sua grancassa insieme alla squadra di amici con i quali si divertiva a portare in giro le maitinate; in questa nuova versione, alla precedente dedica voglio aggiungere un pensiero per il mio indimenticato papà, che mi ha lasciato cinque anni fa, e che con la sua voce chiara e forte spesso si divertiva a cantare le strofe più satiriche delle maitinate.
Introduzione
un suonatore di organetto da Tufara.net |
Da tempo immemore in Molise, così come nelle aree più vicine di Puglia e Campania, nella fremente euforia delle ultime ore dell'anno, si rinnova la tradizione delle Maitunate, un chiassoso ed irriverente spaccato di teatro popolare fatto di musica e canti. Ronde, ma sarebbe più giusto chiamarle squadre, composte da persone di ogni età attraversano le ruelle (i vicoli) e le strade dei paesi, al suono di strumenti tipici della tradizione, bussano alle porte proponendo canti satirici o ben augurali, ma sopratutto quelli di questua, che rappresentano la matrice originaria di questa particolare usanza. Il primo a studio a riguardo risale al 1903 ad opera di Berengario Amorosa, il quale evidenziò come la struttura tipica di questi canti prevedeva una parte di recitato-augurale alla fine di un ritornello musicale collettivo. Tuttavia la ricerca più approfondita sulle Maitinate la si deve a Alberto Mario Cirese che nel secondo volume de "I Canti Popolari del Molise", a riguardo scrive: "In varie località però i canti di augurio di San Silvestro e Capodanno non sono altro che strambotti di carattere amoroso (o anche scherzoso) che vengono adattati all'occasione solo aggiungendovi un ritornello o cantandoli sul motivo musicale che nelle località viene tradizionalmente usato per le maitenate o mattinate che è appunto il termine con il quale nel Molise si indicano tutti i canti di San Silvestro e Capodanno, e che pare costituiscano l'elemento a tutti comune (ed in ciò sta, forse, un eco dell'originario significato del termine)". Sempre Cirese individua una seconda tipologia di canti nell'ambito delle Maitunate: "Più diffusi e più decisamente dialettali e popolari, sono invece i canti di augurio e di questua per San Silvestro e Capodanno. Avevano essi un tempo (e ancora un secolo fa) un certo carattere ufficiale, di cui si trova traccia anche negli atti amministrativi, e costituivano uno dei compiti che i bidelli e i banditori municipali dovevano assolvere; ma sono oggi affidati solo all'iniziativa di singoli o di gruppi (un tempo anche femminili, e qualche volta ancora adesso a carattere semiprofessionale) senz'altro obbligo che quello che nasce dalla tradizioni". Di grande interesse è inoltre quanto scrive circa l'improvvisazione poetica: "Quanto ai testi, è evidente come i giri di questua e di augurio costituiscano delle occasioni di improvvisazione più abitualmente ricorrenti: di anno in anno è necessario non solo adeguare le strofette già note a condizione variate, ma anche trovarne di completamente nuove perchè gli indirizzi personale, che ne costituiscono l'elemento caratteristico, siano sempre adatti alla persona a cui sono diretti. Naturalmente l'ambito entro cui si muove questa improvvisazione o creazione di nuovi versi è piuttosto limitato: non solo perchè si tratta soltanto di rivolgere un salunto ed un augurio, ma sopratutto perchè esiste una serie di espedienti retorici già fissati e noti, congengnati in modo che tutto lo sforzo dell'improvvisazione si riduce a trovare una rima nuova o diversa. Tuttavia anche per la nota festosamente satirica che spesso affiora, qualche volta ci si imbatte in talune espressioni nate di getto e che hanno una vivacità non disprezzabile" (le citazioni di Cirese sono tratte da Fanelli e Moffa - Acqua e Jerve In Comune, Nota 2011).
Maitunate, Maitinate o Maitenate? e la ricerca delle possibili etimologie, definizioni ed origini
Alcuni suonatori di Maitunate a Gambatesa (Cb) |
Prima di addentrarci nel vivo della nostra trattazione è bene sgomberare il campo da ogni equivoco, circa il nome di quest'uso antichissimo. Il termine più diffuso è senza dubbio quello di Maitunate, con il quale il fenomeno è maggiormente noto, ma non si cade in errore nell'indicarle in una delle tante diverse pronunce come nel caso di Tufara dove vengono indicate come Maitinate o Maitenate come si usa in altre zone del Molise. Più arduo è invece cercare un'etimologia certa, perchè alcuni fanno risalire il termine Maitunata alla Mattinata ovvero ai festeggiamenti in attesa del mattino del giorno nuovo e dunque del nuovo anno, e ciò collima con l'incipit di molti canti che era appunto "Bonnì e Bonnanne", corruzione dialettale di Buondì e Buon Anno, come dimostra il verso iniziale tipico: "Che ru bondì e che ru bonanne/ puozza campà tanta anne/ pe quante pese i' che tutte re panne". A tal riguardo è bene citare anche un tipico verso di una maitunata di Tufara (Cb): “E mo me ne veng cantenn e sunenn/ t lass lu bonni, buon capodanno” (E ora vengo a cantare a suonare e ti lascio buon anno e buon capodanno). Accettabile però ci sembra anche l'ipotesi che voglia far derivare il loro nome dalla locuzione "mai intonate" (mai-ntunot o mai-ntunat in dialetto), evidenziando il grande uso dell'improvvisazione su una base musicale più o meno fissa in questa tradizione. Volendo però cercare una definizione più letteraria e generica definiremmo Maitunata, una una sorta di madrigale improvvisato, spesso a rima baciata o alternata, i cui testi spesso hanno risvolti spesso tanto mordaci ed esilaranti quanto beneauguranti e ricchi di speranza per un anno migliore. Questi canti possono essere rivolte ad una o più persone, e spesso raccontano in chiave comica eventi o episodi che hanno caratterizzato l'anno appena trascorso, più spesso possono essere dirette ad una persona amata o in qualche altro caso servono a prendersi gioco dei difetti, dei vizi o delle debolezze di qualche amico. Se a colui al quale è diretta la maitunata è pratico nel "far di rima" può controbbattere con un'altra strofa, dando vita ad un botta e risposta, spesso esilarante. All’apparenza potrebbe sembrare come una satira popolare dai contorni rudi o grossolani, ma all’ascolto si svela in tutto il suo primitivo senso dell'ironia e del sarcasmo. A voler rintracciare la sua origine, alcuni l'hanno collocata al tempo delle Signorie medievali per la sua evidente forma di temporanea e autorizzata rivalsa sociale, o addirittura la si fà risalire ora ai “fescennini” (Mottetti satirici di epoca romano-arcaica) ora ai Saturnali, dei quali c'è traccia, del resto in varie feste e tradizioni tipiche dell'inverno. Ad ogni modo ci sembra illuminante quanto sostiene a riguardo, Mauro Gioielli: “Personalmente, sono sempre molto cauto nel trovare collegamenti che presuppongono una così rilevante profondità storica, in quanto ne spiegherebbe solo parzialmente la loro "complessità". I secoli trascorsi sono un velo che non permette di vederci chiaro”. Ciò che è certo è che la Maitunata, come aggiunge Silvio Trotta trova le sue radici “nell’uso, diffusissimo in tutta Italia di portare canti casa per casa al fine di ricavarne qualcosa da mangiare o del vino, data la grande povertà delle zone rurali. Con il passare del tempo, quest’uso, è diventato comune soprattutto durante le feste e un esempio lampante è l’uso toscano di portare casa per casa il Maggio o la N’ferta tipica della Campania”. Tenendo presente tutto questo è facile capire, come sostiene Gioielli, che la Maitunata ha una valenza complessa dal punto di vista demo-etno-antropologico.
Le Maitunate come rito collettivo
da Matunat.it |
Uno degli aspetti più controversi delle Maitunate è quello rituale, al di fuori della notte di Capodanno, infatti a Tufara, come in altre zone del Molise non è raro ascoltare questi particolari canti durante alcune festività spesso nell'arco del mese di Gennaio come nel giorno cinque, o il sedici per la festa di Sant'Antuono (Sant'Antonio Abate) o ancora il diciannove per San Sebastiano, ma non è strano ascoltarle anche a margine dei pranzi in campagna a Pasquetta o nelle notti d'estate. A Montefalcone del Sannio vengono eseguite le Maitunate durante la notte della vigilia di Natale, contestualmente e a conclusione del rito della Farchia, un insieme di fascine incendiate che vengono portate in giro attraverso le stradine del paese e quando i suonatori e i portatori sono accolti all'interno delle case, spesso insieme ai canti natalizi eseguono canti con sberleffi di scherno con l'intento di mettere in risalto in pubblico i difetti e i vizi delle persone prese di mira, che se presenti sono quasi obbligati a controbbattere usando lo stesso ritmo e la stessa rima. Alla luce di quanto sopra, appare chiaro che le Maitunate in origine eseguite come appendice di riti apotropaici o propiziatori, in alcune zone ha rubato la scena a questi ultimi diventanto la protagonista di alcune festività e non è casuale, che in relazione a ciò, vengano usati strumenti atti a produrre rumore, proprio con lo scopo di allontanare il male, in funzione purificatoria ed esorcizzante, ma anche come augurio per un nuovo anno di prosperità.
Gli strumenti tipici delle Maitunate
Ad introdurci agli strumenti tipici delle Maitunate è Silvio Trotta, fondatore del gruppo I Musicanti del Piccolo Borgo che, a riguardo, sostiene: “Le maitinate si facevano e probabilmente si cantano ancora con l’accompagnamento di strumenti di fortuna e come ogni cosa nella musica popolare è che non esistono regole ben precise”. Tuttavia stando a ciò che aggiunge Gioielli è possibile individuare alcuni strumenti tipici: “C'è un campionario di strumenti davvero vasto. Per rendersene conto, basta leggere quanto documentato dai folkloristi molisani dell'Ottocento o, nel Novecento, dai due Cirese. Nelle mie ricerche ho verificato l'utilizzo di zampogne, tamburelli, chitarre, organetti, fisarmoniche, mandolini e altro ancora. È attestato anche l'uso di oggetti paramusicali, tra cui la “strucuratora” (tavola delle lavandaie, un italianissimo modello di wahsboard), usata come idiofono a raschiamento. Lo strumento musicale davvero caratteristico, però, è senz'altro il tamburo a frizione (bufù)”. Importante però è notare, continua Gioielli che: “in una monografia di metà Ottocento su Sepino, dove attualmente la tradizione delle maitunate è caratterizzata dall'accompagnamento dei bufù (tamburo a frizione) non si fa menzione di tale membranofono, ma si dice chiaramente che, l'ultimo giorno dell'anno, le musiche dei canti d'augurio e di questua venivano, a quel tempo, eseguite dagli zampognari”.
Ciò dunque dimostra chiaramenteche la maitunata ha avuto uno sviluppo particolarissimo anche nell’uso degli strumenti che addirittura come nel caso di Tufara presentano nomi diversi come ad esempio il bufù chiamato con il più strano appellativo di “pulign” e addirittura costruito con mezzi di fortuna e dalle dimensioni ridottissime rispetto a quelli più noti di Casacalenda. Tra gli altri strumenti vanno menzionati anche organetti, fisarmoniche, tamburi, chitarre e altri strumenti ideofoni come racanella, tap tap, tre martelli e strumenti paramusicali, vale a dire oggetti d'uso comune, che per l'occasione diventano strumenti di accompagnamento come: u' murtal (mortaio di bronzo o di pietra), usato come strumento a percussione, le campanèlle ovvero piccoli campanelli, normalmente utilizzati come finimenti al collo di alcuni animali da lavoro, insomma ogni cosa adatta a produrre un ritmo o semplicemente del rumore.
Uno strumento tipico della Maitunata: Il Bufù
di Mauro Gioielli
Nel Molise è detto bufù il "tamburo a frizione", cioè lo strumento musicale monopelle costituito da un contenitore col fondo chiuso e col lato superiore aperto e intorno a cui è tesa una membrana, al centro della quale è inserito un bastone. Lo strumento produce suono quando il bastone viene frizionato dal suonatore con le mani inumidite oppure munite d'uno straccio bagnato, mettendo in tal modo in vibrazione la pelle che, utilizzando quale camera di risonanza il contenitore, produce un rumore cupo, così caratteristico per il bufù da avergli dato, per onomatopea, il nome. Nel 1894, l'uso del bufù venne documentato in un articolo di Flaminio Pellegrini (Il capo d'anno nel Molise, "Rivista delle tradizioni popolari italiane", I, 2, 1894): "A Capo d'anno girano per Campobasso compagnie più o meno numerose di ragazzi e d'uomini, munite dei più discordi istrumenti […]. Caratteristico è il così detto bufù, composto con un piccolo barile, sfondato da una delle due parti e ricoperto di pelle tesa…".
Lo strumento si compone di più parti:
a) il recipiente che è solitamente un barile. Di norma è di medie dimensioni, ma può essere anche un piccolo barilotto d'uso domestico oppure una grande e panciuta botte da cantina. In talune tradizioni, in sostituzione del classico barile viene utilizzata la tinozza per la raccolta del mosto. Meno frequentemente possono essere impiegati quale 'cassa di risonanza' pure recipienti in metallo o di terracotta e quant'altro può servire all'uso;
b) la membrana, che negli strumenti grossi è una pelle d'animale, mentre in quelli piccoli e moderni può essere anche una pelle sintetica. Quando la pelle d'animale è sistemata sulla circonferenza superiore del barile, il suo pelo è rivolto verso l'interno dello strumento (camera di risonanza). La pelle è legata al recipiente con una fune che, soprattutto nei grandi bufù, viene ulteriormente stretta e tenuta in massima tensione con l'ausilio di mazze-tiranti;
c) il bastone, realizzato quasi sempre con una solida canna di grossezza proporzionata alle dimensioni del bufù. Il bastone viene allacciato al centro della pelle dello strumento con un semplice sistema d'assemblaggio: si preme una estremità della mazza sulla membrana ottenendo una sacca d'alloggiamento, quindi con un laccio si serra la sacca intorno alla mazza.
Affinché la legatura sia stabile, i costruttori intaccano con un coltello il bastone, ottenendo così delle scanalature intorno alle quali il laccio trova un saldo appiglio.
Il tamburo a frizione è di due tipi: stanziale e portativo. È stanziale quello costruito con una grossa cassa di risonanza, le cui considerevoli dimensioni consentono di suonarlo solo stando fermi in un luogo. Questo tipo di strumento deve essere frizionato a mani doppie, si fanno cioè scivolare lungo il suo bastone entrambe le mani. Invece, è portativo il tamburo a frizione che può essere suonato mentre viene trasportato; il suonatore, infatti, lo tiene con un braccio e ne friziona il bastone con la mano dell'altro braccio. Nel Molise sono usati entrambi i tipi, con una prevalenza di quello stanziale.
I Luoghi delle Maitinate
Guardando la cartina del Molise e prendendo in esame il percorso compiuto dal Tratturo che da Castel Di Sangro conduce a Lucera, noteremo che l'uso delle Maitunate si sviluppa proprio in relazione al tracciato di quella importante via della transumanza, infatti in larga parte i paesi in cui è documentata questa tradizione, sono posti proprio ai margini di questa primitiva autostrada che consentiva ai contadini di portare al pascolo le greggi dalle zone montane o collinari dell'Abruzzo a quelle più pianeggianti della Puglia. Non è casuale che l'uso delle Maitunate sia ancora largamente presente in Abruzzo e a cui anche Gabriele D'Annunzio non ha esitato ad ispirarsi epurandole però della caratteristica della questua, così come non è strano che quest'uso sia presente anche in paesi della Puglia come San Marco La Catola (Fg) o Celenza (Fg) o dell'area campana del Sannio come Colle Sannita (Bn), sicchè seguendo le tracce della Maitunate dalla provincia di Chieti, ed attraversando la provincia di Isernia da Capracotta a Chiauci (dove hanno assunto il nome di capedannarie), passando poi attraverso quella di Campobasso con Sepino, Ferrazzano, Pietracatella, Tufara, Riccia, si giunge proprio all'area che lambisce la Capitanata ovvero laddove finiva proprio il tratturo e che conduceva a Lucera.
Tufara (Cb) |
L'uso delle Maitunate ha raggiunto addirittura la Calabria, dove nella provincia di Cosenza, questi canti di questua dell'ultima notte dell'anno vengono chiamati "Strine". Questa tradizione, comunque, ha visto uno sviluppo diverso e per motivi differenti a seconda dei luoghi in cui si è radicata e per questo, dunque, anche in tempi più recenti ora si è evoluta in modi differenti come dimostano le realtà di Tufara e Gambatesa, due paesi distanti pochi chilometri ma in cui la Maitunata ha assunto caratteri differenti, se nel primo i pochi “fedeli alla tradizione” continuano ogni 31 dicembre a girare il paese, nel secondo si è cercato di rendere questo genere un fenomeno collettivo con la manifestazione “I Maitinat n’copp u’palc” (le maitunate sul palco) con tanto di premiazione finale del miglior cantore. Di grande interesse è anche il caso della piccolissima San Biase, da cui è partita la ricerca di Silvio Trotta che nel disco “Fiore De’ Tutti I Fiori” ha riproposto insieme ai Musicanti del Piccolo Borgo un esempio tipico di Maitunata: “Grazie ad un importante informatore come Achille Porfirio, siamo venuti a contatto con questo genere musicale di cui in passato avevo sentito solo parlare, essendo io originario di Capracotta, dove purtroppo è scomparsa”.
Scansione metrica, struttura delle Maitunate nella questua
Alcuni suonatori di Maitunate a San Biase (Cb) |
Dal punto di vista della sequenza dei versi, la struttura della Maitunata presenta spesso endecasillabi dalla rima baciata o alternata dalla struttura molto semplice, unita ad una ritmica costante e ripetitiva. Di solito i versi vengono adattati a seconda delle esigenze o rispetto a chi è rivolta la maitunata, oltretutto spesso viene indicato il nome o il sopranno di colui o colei a cui sono indirizzate le strofe. Nel caso in cui non si conoscono i nomi di tutti i membri della famiglia, oppure se i componenti sono molti, per non annoiare si conclude cantando: "La cante a chi sacce e a chi nonsacce" (la canto a chi conosco e a chi non conosco). Addentrandoci nei temi della Maitunata, e volendo tentare una classificazione è bene tenere presente ciò che dice a riguardo Gioielli: “Le maitunate si compongono di più sezioni strutturali; soprattutto due: il canto d'augurio e il giro di questua, sezioni molto diverse per finalità e, quindi, benché funzionali ad un contesto unitario, sono pur sempre distinte per ispirazione e contenuti. Molti testi sono stati documentati in pubblicazioni, altri sono affidati solo alla tradizione orale. Una delle componenti fondamentali di questo repertorio cantato è l'improvvisazione. I cantori, infatti, sovente creano al momento dell'esecuzione nuovi versi, sia essi d'augurio, di scherno, di richiesta di cibarie. L'improvvisazione si rende necessaria anche per il fatto che i canti si indirizzano, di volta in volta, a determinati personaggi del paese. Ecco un esempio che parla di un tale Giovanni divenuto papà: Chesta maitunata la faceme a cumpare Giuvanne/ ca la mugliera ze figliate propria auanne. Eccone un altro che allude al vizio del bere: Ru bone capedanne a don Nicola Carline/ ca sta sempe appise a la buttiglia de vine. Una non secondaria caratteristica delle maitunate è la questua, cioè la richiesta e la raccolta di cibi di stagione, dolci, vino e, in certi casi, denaro” (O. Conti, Letteratura popolare capracottese, Napoli 1911). Altro particolare esempio è il verso "'Ncicce e 'ncicce/damme nu poche de salsiccia/nen me ne dà tanta poche/ca se struie pe ru foche/ma na cosa iustamente/sant'Antuone ze cuntenta/ca se la casa perze à l'use/
l'anne che vè/pozza sta chiusa", spesso ricorrente in diversi paesi della provincia di Campobasso e nel quale oltre la richiesta di cibo (salsicce) si avverte il padrone di casa che, nel caso ci sia un rifiuto o un'offerta troppo modesta, il canto diverrebbe male augurante, laddove la chiusura della casa sottintende la morte del padrone. Un'altro esempio di maitunata per la questua ci viene ancora da Tufara: “Scendi padrò, vieni ad aprire il portone/facci sedere e prendi il bottiglione/e noi quel che cerchiamo a voi signori/è il vino buono che ci dà calore”. Non meno interessante tuttavia è anche il filone amoroso in cui si scopre una poesia rurale di rara bellezza, come quella riprodotta nella Maitinata di San Biase presente nel già citato disco Fiore De’ Tutti I Fiori dei Musicanti Del Piccolo Borgo in cui cantano: “Fiore di ginestra fiore di ginestra/ ch’ sctie’ ‘ffacciat’ ‘ncopp’ a ‘ssa fnesctr’/e mammet’ n’ nd’ marit’ apposct’/ p’ nn’ leva’ ss’ fior da’ la fnesctr’/ Suc’ d’ mlangella prezijos’/ tu sie’ ccalat’ da l’ paradis’/beat’ a cchi t’ piglj’ e cchi t’ spos’/ baet’ a cchi z’ god’ ss’ bel vis’” (Fiore di ginestra fiore di ginestra/che stai affacciata sopra la finestra/tua madre non ti marita/per non togliere questo fiore dalla finestra/Succo di limoncella preziosa/tu sei discesa dal paradiso/beato chi ti prende e ti sposa/beato chi si gode quel bel viso). Non mancano quadretti tipici della terra Molisana, come quello che emerge da un maitunata contemporanea scritta da Luigi Coratolo su una linea melodica tradizionale, e particolarmente eseguita a Tufara: “Zompa la crapa e canta l’aucell/Viva Rusell’ e viva l’amor/Fa l’occhi a luna n’du valangell e n’ gopp u rizzuntell/U sol stà spuntà” (Salta la capra e canta l’uccello/Viva Rosetta e viva l’amore/la luna si specchia nel ruscello e all’orizzonte/il sole stà spuntando). Resta il fatto che il senso pregnante della Maitunata sia quello di una sorta di rito collettivo ed euforico in cui si vorrebbe esorcizzare il nuovo anno e allo stesso tempo fare una sorta di autocritica sull’anno precedente sottolineando i comportamenti di ognuno con ironia pungente. A canto ultimato, si entra nella casa delle persone nominate e la festa spesso ricomincia con vino, taralli, salsicce e tanti altri canti fino a notte fonda.
Le Maitinate di Tufara
Una squadra di suonatori di Maitunate a Tufara (dal Forum di Alfonso Toscano) |
"Quist fest d' mò so pe' chi n'ntè nient da fà e che stà a spass. Quann j'avam giun nuj, c'stev a fam e a uerr, e quann t'aviv magnat nu poc d'pan cu fumargg o i rest du jorn ev fnut a cen e z' sunav. A nott de cap d'ann, z'iv sunenn pa' terr e accuscì t'faciv u' biccher du'vin o t'magnav nu cacchj de' saucicc fresc" (queste feste di oggi sono perchè non ha niente da fare. Quando noi eravamo giovani, c'era in giro la fame e la guerra, e quando avevi mangiato un po' di pane con il formaggio o i resti del pranzo era finita la cena e si suonava. La notte di Capodanno, si andava in giro a suonare e così potevamo bere un po' di vino e mangiarci qualche pezzo di salsiccia fesca, così un vecchio suonatore di Tufara racconta come viva l'ultima notte dell'anno, girando attraverso il paese a suonare e a portare canti di casa in casa. A distanza di oltre cinquant'anni, la tradizione delle Maitinate nel piccolo paesino del Fortore è rimasta quasi integra, per merito di tanti giovani che legati alle proprie radici, continuano quest'uso, ma il tempo l'ha in qualche modo scalfita, facendo venire meno, ad esempio quelle che erano le motivazioni originarie della questua, oggi che il benessere regna più o meno in ogni casa. Si è perso, un po' di quello che era lo spirito vero di quei versi improvvisati, che restano nella memoria dei più giovani nelle versioni più recenti degli ultimi suonatori. Qualche anziano, come Michele Barrea meglio noto come Michel I'Martin, che ancora si difende dall'avanzare dell'età, imbraccia gli strumenti, e finchè ce la fà gira almeno attraverso le case degli amici, o dei familiari, qualche altro si unisce ai più giovani, che riscaldati da qualche bicchiere di vino si avventurano fisarmonica in spalla formando squadre improvvisate, lentamente si vanno formando gruppi di trenta o quaranta persone, che si improvvisano percussionisti, e ascoltandoli si ha la sensazione di fare un salto indietro nel tempo. Le squadre si dirigono in direzioni diverse del paese, fermandosi di portone in portone, tra amici e conoscenti, e se questo si apre, all'interno delle case comincia la festa e si continua a suonare, altirmenti si passa oltre, perchè la macchina del canto non si può fermare. Non c'è freddo, pioggia o neve che tenga. La tradizione va mantenuta viva. E non importa, se i più giovani cantano le vecchie strofe dei nonni e non si impegnano ad improvvisare, quello che conta è suonare, suonare, cantare e bere vino. Alla fine, tutti si radunano in Piazza Largo del Carmine, che illuminata da avvenieristici e poco caratteristici fari da stadio ha perso quella poesia che le luci dei lampioni potevano imprimere all'atmosfera dei loro canti. E così si suona tutta la notte, tirando al mattino, interrotti solo da qualche bottiglia di spumante il cui tappo salta alla mezzanotte, e che ben presto entra in circolo confondendosi al vino, o dal rumore di qualche petardo che esplode quà e là. L'esigenza originaria di mantenere viva quest'usanza è comunque ancora viva ed integra, e rifugge qualsiasi forma di spettacolarizzazione, o di attenzione mediatica, perchè in fondo anche ai più giovani importa poco l'esibirsi su un palco, magari con qualche artista famoso, piuttosto conta il divertimento genuino, accompagnato da un buon vino della vigna dei nonni.
Alcune strofe tipiche delle Maitinate di Tufara
Il fiore che fiorisce a primavera/e che si secca al primo di gennaio/Siamo Fedeli alla Tradizione/Siamo Venuti avanti al tuo portone/Scendi Padrò vieni ad aprire il portone
Facci Sedere e prendi il bottiglione/
E' ritornato ancora capodanno/è già passato e morto un'altro anno/fedele sempre alla tradizione/noi siamo tornati sotto al tuo portone/Vieni padrò apri il portone/facci sedere e prendi il bottiglione/e noi che siamo chiusi fuori/vogliamo il vino buono che ci dà calore/e il freddo che qua fuori ci tormenta/noi non vogliam restar senza nient/col vino moscato o la malvasia/vogliamo stare tutti in compagnia/Vieni padrò col bottiglione in mano/che qui fa freddo e non si può suonare/Portateci frittelle o tarallucci/mangiamo pur calzoni o cannolini/e un po' di squisiti vini così brindiamo al nuovo anno/Scendi padrò apri il portone/facci sedere e prendi il bottiglione/E una cesta piena di dolcezza/di grazia e di bellezza sei composta/il tuo sorriso è come una carezza/e passar tra le tue braccia io non posso
La Luna dentro al pozzo/arriva mezzanotte/Oh mia cara noi ce ne andremo/ noi ce ne andremo/La rosa nel giardino/si odora ma non si tocca/se cadran le foglie/l'odore perderà/E' tornato Capodanno/E' tornato per tutto l'anno/E l'uccellin ca' son e cant/ca' son e cant/ca' cant e son/e n'za l'av che magnà/E tu fin a mu' fà l'ann/stiv' ammalatell/Arret a quellà funstrell/tu t'mttist t'mttist/a pazzià
Sem vnut allegr allegr/p' ce fà n'atu biccher/Ohi uagliò comm' ammà fà/prepar u' biccher e n't ne sunnà/Ohi uagliò comm' ammà fà/prepar u' biccher e n't ne sunnà/nui vnim e vu' dic u' pnzer/prparat a' buttigl e u' biccher/Ohi uagliò comm' ammà fà/prepar u' biccher e n't ne sunnà/Ohi uagliò comm' ammà fà/prepar u' biccher e n't ne sunnà
Oi Madonn che vocca lisc/e dacc nu poc d'saucicc/Oi Madonn che vocc arasciat/e dacc nu poc d'saprsciat/Oi Madonn che arsur ca' tnem/e dacc nu poc d'vin ner
E nu jam cantenn e sunenn/pe lassa lu bonni buon capodanno/e comm ce sem vist auann e qua e cent'ann/crammatin passam pu cumpliment/e po' ve a volp malandrina/e va truann cert la farina/a ser ammass e a matin schan/e va trunn semp a luatin/E ogni ann jamm cantenn e sunenn/te lassa lu bonni boncapodanno/pe lassà lu bonni buon capodanno/e comm ce sem vist auann e qua e cent'ann/crammatin passam pu cumpliment
Oi cioccr furmucus che stai durmenn/ca tutte le furmic te se magnano
Fiore d'jalandr/e questa maitinata a purtam a signora joland
Fiore d'melorie/ e questa maitinata a Don Vittorio
M'aveta scusà c'hai fatt tard ma z'è llamat u' ciucc sott Prdcatell
Palazzo che stai fatto con la penna/stai misurato con la mezza canna/ce stà nu giuvinott che/ancor non finisce i quindicianni/Dice la mamma toia che ti guverna/Cumpagn pe' cent'ann avimma jess/Io ho deciso di farmi una vigna/vcin a muntagnell masculagna/E Mo che so' decis a farm a vigna/Vjat a' l'uv e a chi z'a magn/e ci stann questi due fiori/uno si chiama giglio e l'altra rosa
Le Maitunate di Gambatesa
Squadra di Suonatori a Gambatesa (Cb) |
Si è detto in precedenza che l'uso delle Maitunate varia di paese in paese e anche a distanza di solo otto chilometri come nel caso Tufara e Gambatesa, si trovano sostanziali differenze nell'approccio di questa tradizione. Mentre i tufaroli hanno conservato integro, almeno idealmente, lo spirito più godereccio del canto di questua e quello di augurio, a Gambatesa si è sviluppato maggiormente l'aspetto satirico, e come detto, vanno fieri del fatto che siano arrivati ben oltre la trecentesima edizione del loro festival delle Maitunate, che si svolge su un palco posto nella piazza principale del paese con tanto di amplificazione e folla di spettatori provenienti anche dai paesi limitrofi. Si è perso dunque il valore originario, ma piuttosto si è puntato nel corso degli annni ad esaltare le invettive e le prese in giro improvvisate tra i paesani. Non non si è smarrito però l'uso delle squadre che girano il paese portando canti ed auguri nelle case, mentre tutti li aspettano con le tavole imbandite e piene di ogni ben di Dio.
Conclusioni
L'aver tentato di descrivere una tradizione così complessa ed eterogenea come le Matunate, cercando di elaborare anche un'analisi di tipo antropologico e sociale, è stata una scommessa o meglio questo articolo, è per me una base di ripartenza, per una futura campagna di ricerca, una traccia molto personale per un percorso ancora da compiere, partendo però da una serie di dati certi come quelli su esposti. Nell'approcciare questo lavoro di riscrittura, mi sono sentito coinvolto emotivamente, per ragioni affettive e per i tanti ricordi che mi legano a questa tradizione, ma allo stesso tempo l'aver rotto di nuovo il ghiaccio mi ha permesso di avere una prospettiva nuova e forse più distaccata ed oggettiva, consentendomi di ampliare ed approfondire un lavoro che sulle pagine di Folk Bulletin temerariamente aveva un piglio più pretenzioso. Ho cercato di far venir fuori lo spirito vero, riportando anche alcune strofe delle Maitinate di Tufara che nella prima versione erano rimaste ingiustamente escluse, e a darmi man forte in questa nuova edizione c'è anche un corredo di immagini video, che recano alcune maitinate tufarole riprese nel momento più ebbro della serata. Un grazie di cuore a Mauro Gioielli e a Silvio Trotta, che furono le mie guide durante la mia prima ricerca, mentre un particolare ringraziamento va anche ai miei informatori di famiglia, ovvero i miei nonni Salvatore Esposito e Antonietta Iaconianni, che mi hanno insegnato sin da piccolo le strofe e le rime delle Maitinate. Un ultimo pensiero, da ultimo, ancora a mio padre, che durante la notte di Capodanno vorrei incontrare in sogno per cantare ancora insieme a lui: "e comm ce sem vist auann e qua e cent'ann/crammatin passam pu cumpliment".
Salvatore Esposito
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