Quarto album per il gruppo Unnaddarè, guidato da Maurizio Catania (voce, basso e dan moi), con Adriana Persico (voce e piano), Martino Cappelli (bouzouki, chitarra acustica, oud e mandolino), Stefano Di Leginio (violoncello), Francesco Pradella (batteria e glockenspiel) e Davide Roberto (darbouka, tamburi a cornice e voce). Il titolo è “Crivu”, parola che in siciliano indica il setaccio con cui si separa la farina dagli scarti non filtrati dal mulino. Come il crivu, questo lavoro filtra l’essenziale e lascia il superfluo.
Dieci tracce già pubblicate in precedenti album, ma riarrangiate e risuonate in acustico. In apertura troviamo “Salendo in superficie” (unico brano inedito), sostenuta da una buona ritmica, dal pizzicato del violoncello e dall’innesto del synth di Stanislao “Spike” Costabile. “Fora chiovi” ha respiri etnici ed è impreziosita dalla zampogna di Giuseppe “Spedino” Moffa. Se un arpeggio di chitarra acustica accarezza di nostalgia “L’autunnu jetta vuci”, da parte sua “Terrarussa” ha tutta l’energia del Sud con la ciaramella di Gigi Liberti, l’oud e la tammorra.
Molto trascinante è “Taccu iautu”, con un bel solo di Danielle Di Majo al flauto traverso. Si prosegue con il tradizionale “Signuruzzu chiuviti chiuviti”, ben noto per aver fatto parte del repertorio di Rosa Balistreri, qui proposto con voce, chitarra acustica e violoncello. “A mo casa senza muri” è giocata sull’intreccio delle due voci in un crescendo sonoro, mentre “Riturnari a jucari!” riecheggia di blues e spiritual. Evocativa nella sua delicatezza è “Unni sii”, mentre, in chiusura, troviamo “Tramonto siciliano”, un piccolo passaggio del reading sonoro “Bonè Bonè”, tratto dall’omonimo libro di Maurizio Catania.
Un lavoro in cui tradizione e modernità danzano insieme, illuminate dall’eredità culturale del dialetto siciliano. L’auspicio del gruppo, pienamente realizzato, era quello di far rivivere l’anima della tradizione del Mediterraneo e dell’accoglienza, della pace e della sua vivace miscela di culture, colori e suoni. In tempi barbari, in cui si costruiscono muri, “Crivu” è la dimostrazione che la musica abbatte ogni distanza e vola libera verso rotte di umana speranza.
Marco Sonaglia
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