Ganavya – Nilam (Leiter, 2025)

Il quarto album di Ganavya conferma la sua collaborazione con l’etichetta berlinese Leiter: “Cercavo un’etichetta che mi facesse sentire come in un villaggio e credo Leiter sia la mia realtà, e ne sono grata. Tutti hanno i piedi per terra”. E in lingua tamil “terra” si dice “nil”, la radice della parola che dà il titolo al nuovo album che ha registrato nello studio Funkhaus Berlino nelle giornate di pausa fra i concerti europei. Il manager di Leiter, Felix Grimm “ha insistito che con alcune delle canzoni che stavo cantando avremmo potuto registrare un album. Io dicevo: ‘Non credo ne venga fuori un album, penso siano canzoni spaiate’. Ma mi sono fidata quanto bastava per andare a registrarlo. Nils Frahm era lì e l’ha prodotto, e avevano ragione”. A proposito della parola “nil”, Ganavya sottolinea come possa essere usata anche come comando per chiedere di muoversi o di fermarsi: “Per chi è insensatamente rumoroso, è un comando che dice di stare fermo. Per me è equilibrio, il cuore del vero ritmo della vita, del cambiamento, della terra, dell'approdo. Il mondo cambia e si sposta e tutto diventa vertiginoso mentre la terra continua a scomparire da sotto i piedi, ma queste canzoni sono sempre state un posto dove stare in un modo che non so davvero come descrivere. La musica è sempre stata l’unica vera terra...”. Incastonato a metà dei sette brani, “Sinathavar Mudikkum” offre una perla rara: il suono della yaazh, l’arpa tamil considerata estinta. “Qualche anno fa, stavo parlando al telefono con Elsz, un’arpista, sulla possibilità di vedere un giorno l’antica arpa tamil yaazh. Qualche giorno dopo, un mio cugino mi scrisse dicendo che un suo amico aveva studiato un antico strumento e lo stava ricostruendo da vecchi libri: voleva sapere se fossi disponibile a sostenerlo ordinandone uno? Mi disse che lo strumento era una yaazh. Di quest'arpa tamil la maggior parte di noi ha solo vagamente sentito parlare. Jaffna, nello Sri Lanka, deriva da ‘Yaazhpaanam’, che significa la terra dello yaazh: uno strumento mitico che viveva solo nella nostra immaginazione. L’amico di mio cugino ha aperto l'impresa Uru dove produce yaazh su misura, con alcune parti moderne: usa la pelle e il legno, ma anche i pioli e le corde moderne. Sta ancora lavorando alle versioni più grandi dello yaazh”. Il video dedicato a questo brano veicola anche un’antica preghiera a Muruga, divinità che cavalca intorno al mondo sul suo pavone - lo stesso uccello che costituisce il cuore dello yaazh. “Pasaydan” riprende una preghiera che invoca la pace, e il video che la presenta è stato diretto da Vali Chandrasekaran che ha coinvolto il danzatore David Adrian: “Alcune canzoni saltano la parte riflessiva e ti entrano direttamente nel corpo. Quando Ganavya mi ha inviato il suo arrangiamento di ‘Pasayadan’, una preghiera di 700 anni fa in lingua marathi antica, non ho capito le parole. Ma il suono mi ha colpito, ricordandomi che l'idea più radicale è sempre stata quella di rispondere alla crudeltà con la compassione, non con altra crudeltà. Lo sappiamo tutti. È solo che è facile dimenticarlo”. Tutti i brani riverberano anni di esecuzioni dal vivo: la capacità di far precipitare i diversi registri sonori in modo da costituire un’unica materia dinamica che suggerisce di volta in volta una differente cadenza danzante, tutte puntualmente emozionanti. Paradigmatica è “Land” che apre l’album con un incedere al contempo vivace e carico dei diversi timbri sollecitati da passi diversi che percorrono uno spazio, mentre le strofe cantate da Ganavya si fanno vento e carezza. “Song for the Sad Times” rallenta e ci porta in una nicchia acustica che volta pagina e parla alle emozioni più intime. Ogni canzone gira decisamente pagina; e, contemporaneamente, segnala elementi di continuità e accostamenti che, nei cambi di passo, comunicano che ogni nuovo brano è proprio quello adatto a continuare questa collana composta di sette perle sonore destinate a durare nel tempo. ganavya.bandcamp.com/album/nilam-2 


Alessio Surian

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