Efrén López - Ciro Montanari - Jordi Prats – Mel (Worlds Within Worlds, 2025)

Sembra essere un bisogno dei musicisti di oggi rivolgere l’attenzione alla natura e il motivo sarebbe fin troppo facile da individuare. Così, annunciato dal singolo “Melissa”, mitologicamente la “produttrice del miele”, ecco arrivare “Mel”, he esce per la label australiana Worlds Within Worlds: un omaggio musicale all’ape, insomma alla bellezza selvaggia della natura (d’altra parte anche il precedente album “Bombyx Mori” era dedicato al baco da seta). A regalarci questa novità è il trio italo-spagnolo (al loro esordio si chiamavano 3,14) composto dal valenciano Efrén López (rabab, oud, shurangiz, gittern, chitarra classica ed elettrica fretless, mandolino, laouto cretese, santoor, violoncello, tanpura, swarmandal, chicotén, pandero de Peñaparda, bombo de Calanda, toumbaki, zil, crotali e voce), l’italiano di residenza spagnola Ciro Montanari (tabla, udu, carbas, morchang e recitazione ritmica) e il catalano Jordi Prats (sarod). Un disco che fonde la tradizione classica indiana, dell’Asia Occidentale e “mediterranea” e ci invita ad un includente e meraviglioso viaggio nella “modalità” del mondo. Infatti sono chiare le influenze del folk afghano, delle danze cretesi e delle ballate persiane ma anche della musica medievale e rinascimentale europea e della musica classica indiana. Tra una traccia e l’altra c’è una continuità di contenuti musicale e simbolici pur essendo, ma solo apparentemente distanti. A spiegarci il senso di questa continuità è il suonatore di sarod, un cordofono che possiamo considerare una versione più moderna del sitar, Jordi Prats: “In un certo senso, abbiamo semplicemente piantato un seme e lo abbiamo lasciato crescere organicamente nel tempo. Il processo creativo per questo secondo album è durato circa due anni, durante i quali abbiamo permesso alla musica di svilupparsi naturalmente, senza forzare le aspettative. Ciò che ci ha sorpreso di più è stato come l'album abbia preso vita propria, conducendoci a uno stile completamente diverso rispetto al nostro primo album: qualcosa di inaspettato, ma profondamente emozionante”. Infatti, rispetto al primo album, questo risulta spontaneo senza sacrificare la profondità strutturale. Ad arricchire l’album c’è una straordinaria schiera di artisti ospiti, tra cui i cantanti Azam Ali, Sandra Sangiao, Marianna Sangita Røe, Ali Keeler ed Erwin Grafe, oltre a Miriam Encinas al dilruba. Ognuno di loro porta una voce e una texture distintive, ampliando la tavolozza dell'album pur mantenendone la visione fondamentale. La prima traccia, “Tappya” è un brano tradizionale afgano con testo di Rumi che López e. Montanari hanno rielaborato. Un deciso attacco ritmico della dilruba, strumento storicamente femminile qui suonato da Miriam Encinas, incontra il contrappunto di tabla, rabab. tanpura e zil preparando alla recitazione di Azam e lasciando ampi spazi per tutti gli altri strumenti. il già citato “Melissa” è invece un brano con un’intensa introduzione libera del sarod, prima che il maqam si stabilisca simmetricamente con l’entrata di tabla, shurangiz, violoncello, daf e bombo de Calanda. A seguire “Akarpo Dendri”, un tradizionale cretese su testo di López e Prats. Mandolino, liuto cretese, toumbaki, oltre alla formazione più o meno stabile sarod-tabla, sono i protagonisti di questo brano in cui sorprendente è l’intervento vocale prima solistico e poi corale di Sangita Røe in unisono con i cordofoni, creando una dimensione spaziale della tessitura, creata con diverse prospettive dovute al cambio delle armonie. Brano curioso è “Pernice di Montanari, introdotto da stili di canto armonico höömey. Si aggiungono il morchang (idiofono a bocca a lamine pizzicate da noi conosciuto come scacciapensieri), il bombo de calanda e il pandero de Pañaparda che si intrecciano con il bol, il canto sillabico ritmico indostano creando una curiosa e affascinante poliritmia. “O Blessed Lord” è un’antica carola natalizia inglese di un anonimo del quindicesimo secolo in cui ogni frase è segnata dalla tipica cadenza rinascimentale come segno di interpunzione, dopodiché si susseguono una serie di variazioni. A seguire “Favus Distillans” con cui entriamo in un clima spirituale grazie alla chiara e profonda voce Sandra Sangiao: siamo nella piena modalità medievale della mistica, scrittrice e compositrice tedesca Hildegard di Bingen, vissuta tra l’undicesimo e il dodicesimo secolo. La voce risulta in primo piano anche per favorire la comprensione del testo, mentre per creare le giuste atmosfere ci pensano gli altri strumenti (santoor, tanpura, swarmandal, crotale,). Di grande intensità è l’entrata di Montanari con la modalità di recitazione ritmica indiana e accompagnandosi con la tabla. Ancora un clima indiano, ma di ispirazione classica, continua con “Şehnaz ilahi” di Şehzade Mehmed Seyfeddin Efendi (1874-1927) in cui protagonista assoluto, quasi a sostituire la voce umana e ancora il sarod accompagnato dalla chitarra elettrica oltre che dal kudüm, dal bendir e dallo zil. Di natura diversa il successivo “Ghateye Dad O Bidad” di Parvez Meshkatian, (1955-2009), praticamente una danza popolare di sapore moderno e allo stesso tempo antico. “The Inspired Bee”, titolo che ha come soggetto il mondo delle api da un punto di vista interiore, è una recitazione coranica di Ali Keeler. Invece in “An-nahl” sentiamo l’imitazione del ronzio delle api in un clima sonoro aereo e sospeso grazie ai suoni della chitarra elettrica accanto ai tradizionali, oğur sazı,tabla e sarod. Il risultato è un album che appare al tempo stesso fresco e antico, spontaneo ma concreto. Un ascolto che si pone come necessità interiore che proietta nella bellezza della natura in un mondo sempre più frenetico e caotico. 


Francesco Stumpo

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