Brivele – Khaveyrim Zayt Greyt (Borscht Beat, 2025)

Brivele (“Letterina”), formatosi nel gennaio 2017, ha scelto questo nome perché intende la propria musica come “corrispondenza”: “come le lettere, le canzoni viaggiano, attraverso il tempo e oltre i confini, assorbono sporcizia, profumi, impronte digitali, vengono inviate agli amanti, fomentano la rivoluzione, vengono rubate e censurate, bruciate e recuperate”. Il duo femminile di Seattle appartiene generazionalmente al post klezmer-revival ma non dimentica per niente il rigore delle vecchie canzoni yiddish, le arrangia in maniera acustica, mescolandole ai propri umori che spaziano liberamente tra folk e punk. Stefanie Brendler (voce, accordion, glockenspiel, percussioni) e Maia Brown (voce, banjo, percussioni) si avvalgono del contributo di Hannah Hamovid (voce, ukelele, violino e bells) precedentemente componente fissa e giunta qui alla sua ultima partecipazione al gruppo. Il nuovo disco incorpora l’EP del 2022 “What Joyis Yours” che conteneva cinque canzoni, aggiungendone nell’occasione altre sette registrate tra luglio e ottobre dello scorso anno. Due sono stati i precedenti dischi di Brivele: l’esordio di “A Little Letter” (2018) dove le epoche si confondevano nell’unione della celebre “Dos Kelbl” (Dona, Dona) con “Why Oh Why” di Woody Guthrie e il secondo “Cradle Songs, Grave Songs” (Canzoni Di Culla, Canzoni Di Tomba) di tre anni dopo. All’interno del quale potevano alternarsi una ninnannna spagnola del 1938 su melodia rivoluzionaria nicaraguense, “Electric Bistu Shey” (irresistibile hit ebraico del passato di due emigrati sfuggiti ai pogrom, mescolato a un brano di una diva pansessuale contemporanea come Janelle Monáe) e la rivisitazione di “Innocent When You Dream” tratta dagli Anni Selvaggi di Frank ("Franks Wild Years) di Tom Waits. In quest’ultima il creativo gruppo di donne non si limitava a riproporre la dichiarata innocenza dell’immaginifico sogno waitsiano, con i suoi “pipistrelli nel campanile, rugiada sulla brughiera, medaglioni e promesse non mantenute” ma inseriva tra le strofe, estratti in yiddish di “Shof Mayn Kind” (Sholom Aleikhem) e “Voices Of A People: The Story Of Yiddish Folksong” (Ruth Rubin). Le lettere yiddish hanno spesso portato i propri travagli lungo viaggi musicali, magari sono anche giunte a destinazione, per poi prendere altre vie, alcune sono finite chissà dove, altre nella letteratura. Perfino i primi seguaci di Gesù scrissero lettere alle chiese d’Oriente e Occidente, raccontando ed annunciando ciò che avevano udito e visto. La famosa Lettera degli Apostoli (Epistula Apostolorum), apocrifo del Nuovo Testamento, scritta tra il 130 e il 170 in greco antico, fu pubblicata solo nel 1919 dopo che per un tempo lunghissimo la si credette perduta. 

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