Le festoù-noz bretoni di ieri e di oggi

Pur esistendo in Bretagna anche le festoù-deiz, che sono le corrispondenti diurne (e più familiari) delle festoù-noz, sono queste ultime ad aver cristallizzato le aspirazioni di quella comunità culturale, epicentro della sua vita artistica, passaggio spesso obbligato per la musica della regione. Traggono storicamente origine dall’antica euforia che prendeva i contadini al termine dei lavori agricoli comunitari autunnali in Centro e Bassa Bretagna dove, fino agli anni ‘50 le fatiche venivano compiute unicamente a mano. A queste feste notturne erano invitati solo i partecipanti ai lavori che a sera si scatenavano collettivamente di balli cantati, dispute vocali, complimenti improvvisati alla voce (kan a boz), giochi di forza e piccoli concorsi di danza, ricompensati con tabacco per gli uomini e nastri per le donne. Queste ultime di giorno maneggiavano zappe, ganci o ceste di vimini come gli uomini e cantavano mascherando, spesso con pudore, fatiche e stati d’animo tutt’altro che allegri, poi a sera giravano i loro grembiuli (indossati all’inverso durante tutta la giornata), cospargevano di cera gli zoccoli e iniziavano a danzare a perdifiato. La tradizione delle festoù-noz era stata quasi del tutto abbandonata negli anni Trenta e venne ripresa clandestinamente proprio durante la seconda guerra mondiale quando gli occupanti nazisti
interdissero l’organizzazione di balli pubblici. Mancando la musica ci si arrangiava con il kan ha diskan, i giovani si resero conto in questo modo di come si poteva divertirsi, da quelle parti, in maniera semplice e indipendente. L’inizio della meccanizzazione dell’agricoltura fu anche la fine di quel rituale godereccio ed ecco che alcuni, come Loeiz Ropars di Poullaouen, ebbero l’idea di non rinunciare e pensarono a come rilanciare in Bretagna le danze guidate dalle voci. Si trattava di reinventare l’evento trovandogli una nuova ragione di esistere. Ropars venne appoggiato sia dai partecipanti ai “cercles celtiques”, desiderosi di evadere dai loro circuiti chiusi, che da anziani contadini, nostalgici dei tempi in cui quei balli erano consolidata tradizione regionale. Numerosi concorsi vennero organizzati inizialmente a Rumengol, Poullaouen, Spézet, proprio per far uscire dai villaggi, gli sconosciuti cantanti. Ad alcuni di loro si offrì perfino l’occasione di incidere dischi presso la neonata etichetta musicale Mouez Breiz, comparvero sulla scena bretone in questo modo, alcune splendide voci: in testa quelle celebri delle tre sorelle Goadec di Carhaix e dei tre fratelli Morvan di Botcol ma ne andrebbero citate svariate altre. Senza
dimenticare però alcune di quelle rimaste confinate localmente e mai giunte ad alcuna notorietà fuori Bretagna, non certo perché valessero di meno tra cui (in ordine unicamente alfabetico): Louis-Marie Caro, Lomig Donio, Louise Dubois, François-Louis Gall, Catherine e Bastien Guern, Marcel Guilloux, Marcel Guilloux, Manu Kerjean, Madame Le Vève, Jean-Marie Long, François Loza’h, François Menez, Pierre Poher, Gwillou Rivoal. I canti di questi interpreti erano dotati di un senso ritmico fuori dal comune, traducevano una civiltà dimenticata o addirittura del tutto sconosciuta, pareva che il tempo si fosse immobilizzato nella storia della vecchia Armorica. I ritmi di danza giungevano quasi a ipnotizzare l’ascoltatore con l’umiltà reale dei veri poeti popolari, all’interno di un clima originale di palpabile sincerità, favorendo l'aggregazione armonica tra appartenenti a qualsiasi strato sociale. Partite dall’Alta Cornovaglia le festoù-noz oggi in Bretagna non vengono più organizzate dai comuni e non sono musicisti o cantanti ad attirare le genti ma sono i danzatori stessi a garantire la qualità dell’evento. Numerose sono le serate nelle quali i partecipanti risultano più di mille. Purtroppo molto raramente, dopo talmente tante
decine di anni, si possono ascoltare ancora le prime gavotte del Pays Fañch, plinn d’Aven, ridées di Coglès o avant-deux del Pays Vannetais. Il tempo avanza e ogni decennio ne scaccia un altro, con l’avvicinarsi del termine del secolo scorso ogni tipo di fusione musicale è stata sperimentata, le barriere geografiche si sono dissolte nella cosiddetta world music e andare alla ricerca delle radici ha perso la connotazione militante che aveva negli anni Settanta. Pure in Bretagna, termini quali “bretonante”, che indicavano l’appartenenza a un impegno sociale e politico nell’arte, sono spariti dal linguaggio corrente. A partire da quel decennio l’organizzazione delle festoù-noz è diventata un buon affare commerciale, l’assenza di diritti d’autore e gli scarsi rischi di violenze o di traffici illeciti sono argomenti assai attraenti per pubblico e impresari. Persistevano rari nuclei di convinti sostenitori che rappresentassero ancora un mezzo di espressione dell’identità bretone attualizzata, comunque la danza collettiva è sempre stata molto praticata nella regione e ascoltare la musica dal vivo mentre si balla tutti insieme, rende più attivo lo spirito di partecipazione anche interiore. Le importanti questioni identitarie
armoricane non erano ovviamente risolte, comparivano sempre drappi bretoni portati dalle nuove generazioni in ogni fest-noz ma anche…nelle discoteche. Le prime, ad ogni modo, non hanno mai cessato di moltiplicarsi sia da parte di amatori che di professionisti in un mescolarsi informe di suonatori, cantanti e ballerini di qualsiasi età. Tra i nuovi ensemble musicali, si sono formati anche quelli con attitudine specifica alle danze, forniti di strumenti in parte tradizionali e in parte no. I primi a raggiungere una discreta notorietà sono stati gli autodidatti “Ar Re Yaouank”, la loro carta di identità era ben chiara fin dalla scelta del nome che significa “Noi Siamo Giovani” e oltre ad accordéon, biniou, bombarda e chitarra, comprendevano un bassista elettrico di hard-rock. Animavano le festoù-noz suonando una musica rock di propria composizione per almeno il 70%. Anche all’interno delle bagadou si iniziava a respirare aria di aperture: la Bagad d’Auray diretta dal creativo Roland Becker, a fianco alle Sorelle Goadec riprendeva brani di Miles Davis o Weather Report. Non dimentichiamo che Becker, erudito, valente musicologo, autore di una lodevole serie di variegati e magistrali dischi, aveva esordito nel 1980, come responsabile
delle orchestrazioni delle bombarde nella celebrata “Sinfonia Celtica” di Alan Stivell (Si veda l'articolo su Terre Celtiche). Seppur nelle ristrettezze di uno spazio breve, non va dimenticato infine l’impatto pubblico di Denez Prigent che, anche da solo e a cappella, sulla scena faceva vibrare folle deliranti ed entusiaste che, ascoltandolo, non riuscivano a stare ferme. Fiutata l’aria, dal 1993, San Patrizio in versione interceltica ha iniziato a essere festeggiato un po’ ovunque in Francia e, sull’onda di antiche creatività ritrovate, cambio di tempi e show biz, artisti famosissimi come Shane McGowan o Kate Bush davano man forte alle esibizioni di pionieri della musica celtica quali Alan Stivell o Dan Ar Braz. Da allora persiste un perenne e affascinante vortice di creatività contemporanea della musica tradizionale che fa incontrare Alta e Bassa Bretagna nonostante differenti origini culturali. Dagli incontri di inedite combinazioni musicali nascono continuamente inondazioni voluttuose sia per chi ama ascoltare che per chi preferisce danzare. Per progredire o avanzare, bisogna girare le pagine, qualche volta il destino si fa carico di questa parte, altre volte è l’ora dell’intraprendenza umana. In Bretagna di certo quella non manca mai! 

Flavio Poltronieri

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