Duo Bottasso e Simone Sims Longo – Biserta e altre storie (Visage Music, 2018)

Se “Crescendo” era il titolo paradigmatico per due fratelli musicisti in viaggio oltre i dettami “familiari” della tradizione popolare occitana da danza, la seconda prova discografica, “Biserta e altre storie”, rappresenta la consapevolezza determinata a proiettarsi oltre, verso una visione ancora più aperta del comporre, pensando la musica come un divenire, cercando la libertà dell’improvvisazione, espandendo la narrazione in note, pur portando dentro di sé quel humus popolare dentro il quale si sono fatti le ossa e sono germogliati. Nicolò (violino, tromba, flicorno, live electronics) e Simone Bottasso (organetto e live electronics), in compagnia del sound artist Simone Sims Longo (live electronics e sound design), di Reza Mirjalall (tar) e dele voci bianche del Kinder-unf Jugendchor der Theater Chemnitz (diretti da Pietro Numico), costruiscono partiture che nascono come colonna sonora di un documentario (“Biserta. Storia a spirale”, un film di Francesca Zannoni e Michele Coppari), in cui, sull’impianto timbrico prodotto dai due fratelli, convergono e si sedimentano una pluralità di suoni e linguaggi. Un lavoro che intende anche portare un messaggio di riflessione e di comprensione in una fase storica in cui la strumentalizzazione della paura del diverso sta travolgendo conquiste di civiltà. Non è un lavoro da ascoltare con orecchie distratte: è il futuro presente. Del loro ricerca musicale, dei progetti in cui sono coinvolti e dell’approdo a “Biserta e altre storie” parliamo con Simone e Nicolò Bottasso. (Ciro De Rosa)

Da Crescendo a Biserta ne sono successe di cose…
Simone Bottasso - Si, da “Crescendo” sono successe tantissime cose! Abbiamo suonato in molti festival italiani, europei ed internazionali. Non solo di world music: spesso di musica classica, jazz o di musiques actuelles.  In “Crescendo” abbiamo arricchito le sonorità del Duo invitando ospiti che hanno portato nuovi colori alla nostra musica; la cosa ci è piaciuta molto, quindi anche dopo l’uscita del disco abbiamo continuato a collaborare con tanti artisti diversi; anzi, è meglio chiamarli amici, visto che la collaborazione è sempre stata molto profonda, tanto umanamente quanto musicalmente! 
Siamo stati sul palco con musicisti che hanno registrato in “Crescendo” (come ad esempio Elena Ledda), con musicisti che ci sarebbe piaciuto includere in Crescendo (Gigi Biolcati); siamo stati anche ospiti delle produzioni discografiche di artisti come il trio di Michele Marini ed il progetto di Luisa Cottifogli ed Aldo Mella YouLook Trio.  Anche l'esperienza di Folkestra&Folkoro, l'orchestra che abbiamo creato dieci anni fa, è cresciuta notevolmente ed abbiamo continuato fino a quest’anno a scrivere musica per loro.  Abbiamo entrambi portato a termine i nostri studi in Conservatorio e poi abbiamo lasciato libero sfogo alla voglia di sperimentare con l’elettronica e di portare la nostra musica a servizio di altre arti, come il cinema e la visual art.  Ed è proprio qui che inizia la storia che ci ha portato a “Biserta e altre storie”.
In questi anni come si è evoluto il vostro approccio alla ricerca musicale?
Simone Bottasso - Aver incontrato artisti di generi, estetiche ed età molto diverse ha allargato notevolmente i nostri orizzonti. Quando registravamo Crescendo eravamo un duo di bal folk che sporadicamente suonava per un pubblico seduto in teatri e festival di world music; adesso, a distanza di cinque anni, la situazione si è capovolta.  Tra le cose che sono cambiate nella musica che suoniamo, trovo che ci siamo liberati dalle “forme chiuse” della musica tradizionale per acquisire una maggiore libertà e consapevolezza nell'improvvisazione e nella ricerca timbrica e sonora. Cerchiamo di dare priorità alla chiarezza compositiva e alla narrazione musicale, sentendoci meno testimoni o portatori di una tradizione specifica. Questo non significa che il rapporto con la musica di tradizione sia andato perduto: ci rendiamo conto che, anche quando suoniamo musica che apparentemente non ha alcun legame con la musica occitana, il nostro background di musicisti tradizionali ritorna naturalmente alla luce. Per esempio quando componiamo melodie, o quando cerchiamo groove ritmici, la musica da ballo torna a galla e ci guida, a volte inconsciamente, nelle scelte compositive. 

Simone, quanto ha contato per te l’esperienza formativa vissuta all’estero?
Simone Bottasso - L’obiettivo della scuola che ho frequentato a Rotterdam, il dipartimento di Composizione del Codarts, era quello di affinare la componente artistica e di trasformarmi da suonatore ad artista. Spetta a chi segue la mia musica giudicare se ha funzionato, io in generale sento di aver trovato una nuova linfa, non solo per i diversi stili musicali che ho studiato, suonato e ascoltato in concerto, ma anche per aver incontrato centinaia di giovani musicisti motivati, sempre aperti verso la sperimentazione di nuovi linguaggi.  
In generale, mi sento di dire che qui in Olanda si respira ancora un’aria propizia alla creazione artistica.

Come succede che due musicisti che partono dal trad si ritrovano in combutta con un sound artist?
Simone Bottasso - Sicuramente uno dei grandi punti d'incontro è il comporre musica “ad orecchio”, ovvero basandosi più sull'esperienza acustica che sulla notazione musicale. Con Sims possiamo liberarci dalle convenzioni della teoria musicale e rimettere in discussione i concetti che spesso noi musicisti acustici reputiamo intoccabili: il concetto di scala musicale, di armonia, di composizione e contrappunto, addirittura quello di nota musicale. Ragioniamo di più sulla forma della musica e sui parametri del suono: il timbro, la densità, lo spettro delle frequenze, le fasce sonore.  Sims fin da subito è stato affascinato dalla musica techno; dopo averla composta e suonata ha intrapreso una ricerca molto interessante in cui porta agli estremi i contrasti e gioca con la percezione ritmica attraverso complesse poliritmie. Troviamo molto stimolante lavorare con un’artista che come noi arriva da una musica che ha un forte legame con il ballo ed il movimento (la musica da cui lui proviene è ballata nei club, mentre la nostra nelle sale da ballo, ma in fondo sono entrambe espressioni di danza popolare), e che questa musica sia stata il punto di partenza per creare il proprio linguaggio di musica d’arte, estremamente personale e riconoscibile.  Quando compone, Sims è attento e quasi maniacale ai dettagli di ogni suono; quando invece suona dal vivo lascia spazio all’aleatorietà e all’improvvisazione, interagendo molto con noi e lavorando anche con i suoni dei nostri strumenti. I suoni che crea sono molto cangianti; a volte le fasce sonore creano armonie avvolgenti ed accomodanti, per poi trasformarsi improvvisamente in una grandine di suoni taglienti come una lama di coltello. Il risultato, che si può già percepire nel suo recente lavoro audiovisual "Neutro", è un suono elettronico molto attuale e contemporaneo che si combina perfettamente con gli strumenti del Duo.  In alcuni brani del disco Sims è andato a colorare e ad aggiungere “profondità all’immagine” con field recordings e sound-scapes. 
In altri, specialmente in “Majestic” e “Attente” che non compaiono nel documentario, abbiamo lavorato di più sulla commistione dei timbrica dei nostri suoni e sull’interazione ritmica. 

Cosa significa uscire dalla “comfort zone” della musica di ispirazione tradizionale, intendo modelli, stili, repertori ed, entrare nella sperimentazione di timbri, improvvisazione ed elettronica?
Nicolò Bottasso - Vuol dire arricchire incredibilmente il proprio bagaglio di conoscenze e aumentare le possibilità di interagire con altri artisti. D'altro canto, è un percorso un po' avventuroso e rischioso in quanto per comunicare con mondi artistici diversi dal proprio si deve scendere a compromessi smontando le proprie sicurezze consolidate per creare qualcosa di nuovo. 

“Biserta e altre storie” ha origine da una colonna sonora per un documentario: dunque un carattere narrativo, associato all’aspetto visuale, alle immagini. Come è stato concepito sul piano compositivo?
Nicolò Bottasso - Esattamente, il 60% dell'album è la colonna sonora di “Biserta. Storia a spirale”, un 20% nasce da idee e bozze non utilizzate nel documentario e riarrangiate successivamente in trio; il resto comprende la collaborazione con un coro di voci bianche. Tutte le musiche sono in qualche modo collegate alle immagini del documentario su Biserta, non solo per ragioni artistiche e concettuali ma anche perché sono state composte nello stesso periodo.  L’approccio alla composizione per l’immagine è stato molto pratico e laboratoriale: dopo aver parlato con i registi e visionato alcuni frammenti del film in fase di montaggio, io e Simone abbiamo iniziato a comporre melodie, patterns, successioni di accordi. In seguito abbiamo sviluppato ed arrangiato questi materiali insieme, tenendo conto dei minutaggi, del mood di ogni scena e della forma globale del film.  Alcuni brani sono stati strutturati e composti a priori, e “Cosenude” ha montato il film direttamente sulla musica. 
Invece nel brano “Spirali”, diviso in due parti e corrispondente alle scene di climax del film, il procedimento è stato inverso: ho registrato circa trenta minuti di diversi suoni con il violino (pizzicato, armonici artificiali, sul ponte, col legno, suoni con vibrato molto lento, overpressure); Simone ha estrapolato da questo un tappeto sonoro molto denso, e poi abbiamo improvvisato sulla traccia con flicorno, tromba e organetto, utilizzando i temi dei leitmotiv.  L'ultimo passaggio è stato fatto da Sims, che ha aggiunto delle splendide textures con l'elettronica ed il sound-design.  In tutto il disco il sound design ha un ruolo centrale: la natura, il mare e la notte di Biserta sono descritte con eleganza e non sono suoni di background perchè, quando necessario, prendono il sopravvento sulla musica passando in primo piano. 
Simone Bottasso - Nel documentario ci sono le voci dei quattro personaggi, le cui storie si intrecciano nel raccontare Biserta. I quattro personaggi sono legati ai quattro strumenti principali della soundtrack, ovvero organetto, tromba, violino e tar. Nella soundtrack ogni strumento, come i personaggi, presenta il proprio suono da solista, per poi interagire in dialoghi con gli altri strumenti. Abbiamo cercato di creare anche nel disco la stessa forma “a spirale” del film: per questo i brani ritornano spesso in due parti e c’è una sorta di simmetria.  La storia che forse mi ha colpito di più è quella della più giovane protagonista del film, a cui è dedicata una mazurka dal titolo “Samarazurka”. La sua voce e la sua determinazione nel diventare la più giovane campionessa di pugilato tunisino sono per me simbolicamente amplificate in “Fragen”, una composizione per Duo Bottasso e coro di voci bianche che stavo scrivendo contemporaneamente alla colonna sonora.  Componendo e poi lavorando il brano col coro, abbiamo ritrovato nei bambini la stessa grinta, età e determinazione della giovanissima pugile tunisina protagonista del documentario, quindi questo brano, registrato dal vivo, è entrato in “Biserta e altre storie”. 

Ci sono storie che parlano della sponda sud del Mediterraneo, come siete entrati musicalmente nell’arte millenaria che arriva da quei paesi?
Nicolò Bottasso - Per quanto mi riguarda è stata una fortunata coincidenza: nei mesi in cui abbiamo iniziato a lavorare alla colonna sonora di “Biserta. Storia a spirale” (autunno 2017) mi trovavo a Rotterdam per uno scambio Erasmus col Conservatorio di Torino. Oltre a seguire i corsi di jazz, ne ho approfittato per avvicinarmi al dipartimento di musica turca e mi son trovato a confrontarmi con quarti di tono, tar, taksim, ney e riqq... Sono rimasto affascinato da quel mondo e son stato entusiasta di inserire le sonorità che stavo assimilando nella colonna sonora del documentario. Inoltre durante i suoi studi al Codarts Simone è entrato in contatto con molti musicisti del dipartimento di musica anatolica. In particolar modo l’esperienza con Neighbors, il duo che ha insieme al musicista iraniano Reza Mirjalali, gli ha permesso di riflettere sulle possibilità di incontro tra la nostra musica tradizionale e la musica classica turca e persiana. 

“Maitia Nun Zira” è una canzone basca, come mai è entrata nel disco?
Nicolò Bottasso - “Maitia” è in qualche modo il leit-motiv della colonna sonora di Biserta. Storia a spirale: oltre ad aprire e chiudere il documentario si ritrova, modificata, nei punti emotivamente più intensi. La scelta di questo brano è stata una brillante intuizione dei registi Michele Coppari e Francesca Zannoni che si sono innamorati di “Maitia” la prima volta che ci hanno sentito suonare dal vivo. Il testo di questa canzone narra di un amore difficile e turbato dalla violenza, lo stesso sentimento provato dai protagonisti del film nei confronti della loro città: Maitia, affascinante ragazza a cui hanno cercato di portar via il suo amore, diventa metaforicamente Biserta, una città che, nonostante le violenze che ha sofferto nelle diverse dominazioni, mantiene il suo sorriso e la sua voglia di ricostruirsi e ricominciare. Il disco si apre con questa canzone in versione strumentale. Una versione corale lo chiude, alleviando i toni complessivamente cupi del disco: è una sorta di assoluzione, una sorta di liberazione che chiude il cerchio, ed il viaggio. 

Oltre a Simone Sims Longo, chi sono gli altri compagni di questo viaggio?
Nicolò Bottasso - Ad accompagnarci in questo viaggio ci sono i registi Michele Coppari e Francesca Zannoni (in arte Cosenude Media Projects), Reza Mirjalali, il Kinder-und Jugendchor der Theather Chemnitz diretto da Pietro Numico e il collettivo aMargine (Alessio Dutto, Simone Sims Longo, Francesco Torelli). I primi sono coloro che hanno posto le basi di questo album, invitandoci a comporre ed incidere la colonna sonora del loro secondo documentario “Biserta. Storia a spirale”. Sono due giovani e curiosi videomakers che raccontano storie attuali, dipingendo la loro visione del mondo con una impressionante maestria. L'incontro con Cosenude Media Projects é stato sicuramente uno dei più proficui e stimolanti degli ultimi anni. Reza Mirjalali è un musicista persiano che vive a Rotterdam da 7 anni. Reza è un prodigioso figlio d’arte: suo padre Shahram Mirjalali è uno dei maestri indiscussi dei Dastgah e Radif, oltre che abile liutaio di tar e altri strumenti a corda, e gli ha trasmesso fin da giovane l’arte millenaria della musica classica persiana. Reza non si è fermato all’esecuzione filologica della musica che ha ricevuto in dono, ma come noi ha presto iniziato a comporre nuova musica ispirata dalla sua tradizione. Ne è un esempio il brano “Autumn” che, decisamente pertinente con l'ambientazione del film, è diventato l’altro leitmotiv del documentario e del nostro disco. 
Simone Bottasso - L’altro compagno di viaggio è il nostro terzo fratello Pietro Numico, già ospite alle tastiere in “Crescendo” e storico direttore di Folkestra&Folkoro: Pietro si è trasferito in Germania per lavorare come direttore corale prima al teatro di Chemnnitz ed ora all’Opera di Monaco di Baviera. Lo scorso anno ci ha invitato a fare una produzione insieme ai quaranta bambini del Kinder-und Jugendchor der Theater Chemnitz, coro di voci bianche d’opera da lui diretto. Abbiamo presentato e registrato “Singing' By Heart”, uno spettacolo per organetto, violino e coro di voci bianche, che parte da un’indagine sui ricordi e sulle memorie degli stessi bambini del coro ed è fortemente ispirata dalla “Lettera al nipotino” di Umberto Eco. 
Suonare circondati da un coro di voci bianche è un'esperienza di straordinaria intensità: è sconvolgente quanto la voce umana riesca a toccare così profondamente il cuore delle persone ed il fatto che i bambini cantassero i propri ricordi e le proprie emozioni ha reso questo progetto ancora più toccante.  Il collettivo aMargine è il progetto di tre artisti cuneesi, tra cui anche Simone Sims Longo. AMargine suona musica elettronica dal vivo e cura il sound-design e la produzione di colonnne sonore per film, spot e documentari. Hanno magistralmente composto il sound design e curato il suono di “Biserta. Storia a spirale” ed alcuni dei loro suoni sono confluiti nel disco  “Biserta e altre storie”. Inoltre Alessio Dutto ha curato anche il mastering del nostro disco.

Questo disco porta un messaggio?
Simone Bottasso - Spesso i messaggi vengono portati dalla voce umana, ed è questo il caso, anche se non abbiamo una cantante. Le voci che si sentono nel disco sono quelle di uno scrittore ed attivista politico, che nel brano “Frères” racconta della perdita di un fratello durante gli scontri con l’esercito francese negli anni Sessanta, quella di una giovane ragazza, che non desidera altro che un passaporto per lei e sua madre per scappare da Biserta, e quelle dei rivoluzionari salafiti che incitano all’odio verso i propri fratelli.  In un momento storico in cui la paura del diverso la fa da padrone e a volte porta a gesti di violenza incomprensibile, in cui si tende facilmente a dimenticare gli insegnamenti del passato, speriamo che la voce ed i messaggi di fratellanza degli artisti possano colpire l’immaginazione di chi ascolta, sollevando dei punti di domanda e degli spunti di riflessione.  Per noi l’arte è l’unico mezzo a disposizione per mettere da parte le certezze e gli slogan che lacerano sempre più la nostra quotidianità. Permette di ricavare uno spazio propizio alla riflessione per, come hanno scritto e cantato i bambini del Kinderchoor in “Fragen, “ricordare cose belle, terribili, tristi, bellissime, cose del passato che rimangono in testa finché cresci e diventi speciale”. 

Può portare anche un messaggio (implicito/indiretto) al circuito neo tradizionale italiano, spesso ripiegato su formule ultradecennali e su retorica della tradizione?
Simone Bottasso -  Non era questo l’intento primario del disco, ma se la nostra musica può aiutare a portare qualche novità e smuovere un po’ la scena tradizionale italiana ne siamo contenti. L’esperienza all’estero ha permesso ad entrambi di osservarla con un po’ di distacco.

Come saranno i concerti di presentazione di “Biserta e altre storie”?
Nicolò Bottasso - Lo scorso agosto abbiamo presentato un’anteprima dello spettacolo musicale in trio al Forte di Fenestrelle (in provincia di Torino) nell’ambito della rassegna “FOS 2019 - Folkestra Open Summer”.  Vogliamo presentare lo spettacolo musicale insieme alla proiezione del film e coinvolgere anche il tar di Reza Mirjalali. Inoltre, Insieme ai registi Cosenude, stiamo preparando uno spettacolo audio-visual in cui la musica venga accompagnata e sorretta da immagini del documentario e di Biserta, per aiutare lo spettatore a seguire la narrazione. Il luogo in cui “Biserta e altre storie” viene performato è molto importante: ci siamo accorti di quanto la suggestiva location del Forte di Fenestrelle abbia rafforzato l’aspetto meditativo della musica, permettendo ad ogni ascoltatore di immaginarsi il proprio viaggio. 

Quali sono i progetti collaterali al duo a cui state lavorando?
Nicolò Bottasso - Accanto ai progetti del Duo Bottasso sto lavorando in ambienti jazz (ad esempio con il collettivo di free jazz torinese Pietra Tonale o con il quintetto The Slow Beasts) o in contesti pop e cantautoriali (il progetto “La Leggenda del Molleggiato” prodotta da Jazz RE:Found lo scorso autunno o l’incisione nel nuovo disco del cantautore torinese Orlando Manfredi). 
Simone Bottasso - Oltre al Duo, ad Accordion Samurai, sto lavorando al disco live di “DNL - Digital nature of life” (duo con organetto, contrabbasso e live electronics) e al progetto "Music Through The Walls", un’esperimento impossibile di home-recording di un’orchestra di 50 elementi nel mio piccolo appartamento a Rotterdam, che coinvolge anche il Duo Bottasso, Sims e Cosenude oltre che tutti i miei progetti basati in Olanda. 
Collaboro come sideman in diversi progetti, il bellissimo nuovo disco “Sabir” di “Luca Curcio - Free Human ensemble”, quintetto jazz con Luca al contrabbasso, Gavino Murgia al sax, Enrico Degani alla chitarra classica e Ruben Bellavia alla batteria, e al nuovo progetto “Linde” della flautista e songwriter Maaike Van Der Linde, insieme a grandissimi musicisti che provengono dalla scena pop e contemporaea, membri delle band The Villagers, This is the Kit e l’orchestra Stargaze. Dal punto di vista della pedagogia, sto lavorando a delle lezioni online di organetto e con Neighbors,  il progetto insieme a Reza Mirjalali, guiderò per una settimana gli allievi del dipartimento di world music del Codarts in un incontro tra la musica persiana e la musica contemporanea. 

Quali saranno le traiettorie che seguiranno le future ricerche del Duo Bottasso?
Simone Bottasso - Stiamo lavorando ad un nuovo progetto audiovisual insieme a Sims e a Cosenude Media Projects. Questo spettacolo ci è stato richiesto dal festival Alpentoene in Svizzera, in cui faremo una anteprima ad agosto 2019 nel vecchio cinema di Altdorf, restaurato per l’occasione. Il progetto sarà uno spettacolo audiovisual, composto e creato insieme, in cui viene esasperata l’interazione sinestetica tra musica ed immagine, attraverso moderne tecniche di sound e video processing.  Non possiamo svelare altro per il momento, se non che questo nuovo progetto ci sta intrigando tantissimo ed è un bellissimo lavoro di composizione di gruppo.


Ciro De Rosa e Salvatore Esposito


Duo Bottasso e Simone Sims Longo – Biserta e altre storie (Visage Music, 2018)
Il panorama guardato dai fratelli del Duo Bottasso (Niccolò al violino e Simone all’organetto) continua ad espandersi oltre vari confini. Se il disco d’esordio ci aveva suggerito la doppia via della tradizione e della sua rielaborazione fuori dai vincoli più formali della world music, questo nuovo album si affaccia su un nuovo orizzonte. C’è una maggiore intensità nella consapevolezza e nella scrittura, un sentimento profondo con effetti incisivi negli arrangiamenti e nella struttura generale, una sensibilità manifesta in ogni singolo passo degli undici brani, che si configura come il riflesso più diretto della permeabilità alla commistione sonora, alla scrittura scomposta e ricomposta ma diligente, coerente, alla definizione di una sorta di immaginario sognante e allo tesso tempo ben radicato dentro l’idea dell’album. “Biserta e altre storie” contiene musiche di vario tipo. Non intendo con questo una pluralità di generi, bensì una pluralità di suoni, di immagini e, di conseguenza, di modi di realizzare una produzione musicale. Difatti, se l’impianto sonoro di base rimane quello dei fratelli Bottasso (i quali sembrano affamati di novità, che inseguono suonando, oltre ai loro strumenti principali, tromba, flicorno e live electronics), l’album offre, nel suo insieme coerente e lineare, un ventaglio di soluzioni tutt’altro che prevedibili. Si può dire con poca approssimazione che questa prospettiva aderisce alla conformazione stessa dell’album, in buona parte pensato come colonna sonora di “Biserta. Storia a spirale”, un film di Francesca Zannoni e Michele Coppari su Bizerte, la città tunisina più a nord dell’Africa, che indaga le connessioni con l’Europa (dista poco più di duecento chilometri dall’Italia) e con il radicalismo islamico. Ma si può dire, con altrettanta certezza, che il profilo di coerenza della narrazione musicale è riconducibile alla visione generale dei Bottasso, i quali qui sono accompagnati da Simone Sims Longo, che si occupa di live electronics e sound design. Insomma, è come se si volesse (e si potesse) guardare a qualcos’altro, in quanto ogni brano sembra aprire uno spazio (appena accennato negli interstizi della sua struttura) tutto da indagare ma plausibile. Questo aspetto mi sembra molto interessante, perché in un certo senso racchiude la tensione necessaria a mantenere alte attenzione e tensione. Sia nell’ascolto che nella comprensione degli elementi che compongono i brani. In altri termini, nella misura in cui comprendiamo la matrice, cioè quel suono di base - composto, come detto, dentro le voci variamente scarne di organetto e violino - e ne individuiamo le direttrici entro cui si sviluppa, riusciamo anche a riconoscere il riverbero che genera. E, attraverso questo livello di comprensione, possiamo assorbire sia la struttura che la sovrastruttura dei brani, dei suoni, dei timbri. In questo quadro i brani si manifestano in tutta la loro articolazione, avvolgendo chi ascolta con tutti i suoni che li compongono. A partire da “Maitia”, registrato live e non inserito nella colonna sonora, che introduce l’intero percorso con un tema apparentemente contratto, in cui organetto e tromba sembrano mischiarsi dentro un vento dolce e deciso, e ondulare (solo a tratti in unisono) su poche note soffiate. L’atmosfera è piena e profonda. La narrazione che la descrive, invece, è densa e vagamente surreale, specie nei tratti in cui la tromba si alza sopra l’organetto e sembra allontanarsi dall’orizzonte. In “Autumn I”, il brano successivo, ascoltiamo il suono del tar, suonato da Reza Mirijalali, che insieme ai tasti dell’organetto e agli inserti elettronici, produce il suono straniante della narrazione sonora del film (il tema è ripreso più avanti in “Autumn II”, in cui il prologo è affidato al violino, al quale si aggiunge un organetto più ritmico e il tar, più squillante e incisivo). Tra i brani più trascinanti vi sono forse quelli meno di atmosfera che, nella maggior parte dei casi, coincidono con i tre che, oltre al già citato “Maitia”, sono presenti solo nell’album e non nella colonna sonora. Il primo della lista è “Majestic” (ipnotico, sincopato, spigoloso e tagliente dall’inizio alla fine), “Fragen” (meno compresso, suonato e cantato insieme a Pietro Numico e Theater Chemniz Children’s Choir), “Attente” (allungato e scivoloso, in cui sia flicorno che organetto mareggiano dentro una trama larga e morbida).



Daniele Cestellini

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