Donatello Pisanello – Antologica/Escapismo/Attese/Peripheral Industries/ZANG TUMB TUMB (Autoprodotti, 2018)

“Io voglio cantare come cantano gli uccelli senza preoccuparmi di chi ascolta o di cosa pensi”. Questi versi del poeta sufi Jalāl ad-Dīn Muḥammad Rūmī colgono in modo sorprendente il senso profondo delle esplorazioni sonore della chitarra di Donatello Pisanello, polistrumentista e compositore, ben noto per essere uno dei membri fondatori di Officina Zoé. Partendo dalle radici della tradizione musicale del Tacco d’Italia al cui studio e riproposta ha dedicato gran parte della sua carriera, il musicista salentino ha dato vita ad un percorso di ricerca parallelo che da libere improvvisazioni alla chitarra si dipana alla scoperta delle intersezioni tra musica contemporanea, minimalismo e psichedelia. Sulle ali della completa libertà espressiva Pisanello ci conduce attraverso ardite improvvisazioni, incursioni nell’istant composing e spaccati visionari, il tutto impreziosito da live looping e da un originale approccio tecnico alla chitarra. Il risultato è una calligrafia musicale costellata ora da melodie eleganti, ora da increspature rumoristiche, ora ancora da evocativi passaggi ambient e sferzate industrial. Il risultato di questa fase di febbrile creatività sono quattro album, diversi dal punto di vista concettuale, ma accomunati dalla medesima intensità ed ispirazione: l'eccellente "Escapismo", pubblicato con il moniker CosiCiamune, tre album editi solo in digitale su BandCamp, "Peripheral Industries", "Attese" e "ZANG TUMB TUMB" e "Antologica"  che raccoglie una selezione di brani tratti da "8 Horror Vacui per una Entomofilia Quotidiana" e "Il Crollo della Mente Bicamerale e l'Origine della Coscienza". Abbiamo intervistato Donatello Pisanello per farci raccontare dalla sua viva voce questi nuovi progetti artistici che non mancheranno di incuriosire i lettori più attenti.

Partiamo da lontano. Il grande pubblico ti conosce soprattutto per la tua straordinaria esperienza con Officina Zoé nell'ambito della musica tradizionale salentina. Da qualche anno hai intrapreso un percorso parallelo nell'alveo della musica sperimentale. Come è nata questa nuovo percorso artistico?
Eh si, ma dovremmo partire proprio da lontano. Innanzitutto considerare che io, fondamentalmente, sono un chitarrista e agli altri strumenti (mandola, mandolino e organetto) mi sono avvicinato dopo. Per me la chitarra è sempre stata lo strumento più importante, quello che conosco meglio, che mi mette più a mio agio e mi offre più possibilità espressive. Tutte le mie composizioni nascono su chitarra. Per cui negli anni ho sempre curato questo strumento con il quale riesco ad esprimermi meglio, mi rende più libero! Anche con Officina Zoè ho esordito suonando la chitarra. Diciamo che il percorso artistico è ancora più “antico” e che solo ora sto dedicando il tempo giusto per illuminarlo meglio. L’improvvisazione è stata sempre il mio modo di approcciarmi agli strumenti, alla chitarra in particolare e di conseguenza ad ogni altro. Ho imparato e di conseguenza approfondito sempre improvvisando, anche le mie composizioni nascono con questo approccio, non c’è mai niente di premeditato, di studiato a tavolino, niente che possa essere nato da una riflessione.

In questo senso, qualche anno fa hai dato alle stampe due progetti discografici molto particolari e parlo di "8 Horror Vacui per una Entomofilia Quotidiana" e "Il Crollo della Mente Bicamerale e l'Origine della Coscienza". Ci puoi raccontare come nascono questi due lavori di cui una selezione è presente in "Antologica"?
Dici bene “alle stampe” perché questi due CD sono presenti su iTunes da diversi anni: “Il Crollo della Mente Bicamerale e l’Origine della Coscienza” dal 2006 e “8 Horror Vacui per una Entomofilia Quotidiana” dal 2008. Sono due album molto concettuali anche se frutto di instant compositions. Il Crollo si ispira al saggio omonimo dello psichiatra americano Julian Jaynes, molto interessante dove si racconta come la “coscienza” non sia stata sempre presente nell’uomo ma è arrivata molto tardi. Questo mi ha indotto a delle riflessioni che mi hanno fatto ri-considerare sia il mio modo di fare musica che la mia sensibilità creativa: la coscienza rimane sempre un ostacolo all’espressione creativa. Riuscire a fare a meno della coscienza durante una performance artistica permette un’espressività creativa più autentica, liberatoria. Più o meno quello che Dubuffet intendeva quando parlava di Art Brut, nel senso di istintuale, non-intenzionale, libera da ogni sorta di convenzione, metodo, razionalità. Gli Horror Vacui nascono da un attento ascolto concentrato sugli insetti che mi girano, strisciano, ronzano volano intorno, come il risultato di allucinazioni auditive che questi esseri mi provocano.

Negli ultimi anni ha puntato con maggior decisione su questo aspetto del tuo fare musica. Prima con diversi concerti e sonorizzazioni, poi mettendo in fila diversi dischi... 
Considero questo approccio come il modo più autentico di esprimermi, considerando anche la mia riluttanza verso ogni regola e convenzione sociale; penso a John Cage quando diceva: “Abbiamo molti esempi musicali della praticabilità dell’anarchia”. Bene, l’improvvisazione libera e la composizione istantanea, la musica spontanea per intenderci, per esempio, in quanto forme estreme di spontaneismo artistico, offrono molte possibilità a questa “praticabilità”.

Come si inseriscono nel tuo percorso artistico questi nuovi progetti collaterali? In che misura queste esplorazioni sonore hanno riverbero nella tua attività con Officina Zoè? 
Mah, sostanzialmente lo considero un discorso parallelo, ciò che mi rammarica molto, per esempio, nella musica tradizionale contemporanea, è la progressiva scomparsa dell’improvvisazione, un tempo conditio sine qua non di questo modo di fare musica e oggi invece, quando viene utilizzata è molto concettualizzata, il che ne snatura l’essenza. Ho l’impressione che molti artisti di matrice tradizionale soffrano di una sorta di complesso di inferiorità nei confronti della musica colta e che quindi sono ossessionati dall’esigenza di farsi accettare da certi ambienti; questo li porta a imitare i metodi di questi ambienti e a tradire i propri. Il sociologo Sombart diceva che c’è una certa tendenza delle classi inferiori a imitare i modi e i costumi di quelle superiori, il che significa accettare lo status quo basato sulle gerarchie e la propria condizione di subalternità! Quando poi non è affatto così: la tradizione orale ha una dignità tale quanto la musica scritta anzi, quest’ultima è venuta dopo e se non la si considera nella giusta dimensione rischia di sopraffare la prima che è l’essenza della trasmissione artistica.

Venendo più direttamente agli ultimi lavori, quello che mi ha colpito e che mi affascina molto è l'aspetto artigianale che caratterizza tutti i progetti. Dalle custodie in cartone che curi in prima persona e che rappresentano delle opere uniche, alle registrazioni spesso in presa diretta. Quanto è importante questo aspetto? 
Grazie alla crescente diffusione tecnologica oggi tutti possono produrre un CD in casa propria: dalla registrazione, al disegno della copertina, fino alla realizzazione del packaging. Inoltre puoi anche organizzarti indipendentemente la distribuzione. Questo è molto positivo perché non solo ti fa ritornare in una dimensione artigianale, più umana, ma puoi avere un controllo più soddisfacente del tuo lavoro, sia artistico che economico. 
Infine ti permettere di offrire la tua musica ad un prezzo molto interessante essendo sgravato dai costi di produzione, distribuzione, e intermediazioni varie. Direttamente dal produttore all’ascoltatore.

Quali sono le ispirazioni e i riferimenti artistici principali dei tuoi lavori? 
Ovviamente niente nasce dal niente e ogni artista ha, anche inconsciamente, i suoi riferimenti se non altro di gusto. Essendo autodidatta e non avendo avuto dei veri e propri maestri, se non da ragazzino per i primi approcci sulla chitarra, in realtà tutto quello che ascoltavo diventava per me fonte di ispirazione. Sono sicuro di avere avuto una forte influenza dal rock degli anni settanta più che nomi di persone citerei album ma non faccio l’elenco, sarebbe interminabile. Mi piaceva il modo di toccare la chitarra di David Gilmour quanto l’organo di Jon Lord o i suoni di Robert Fripp, la voce di Byrne o i suoni di Brian Eno ma l’elenco è molto più lungo, questi sono i primi nomi che mi vengono in mente. Poi i cantautori, il folk internazionale e, non per ultima, la musica contemporanea in particolare il minimalismo melodico di Nyman, Glass, quello di Reich, Riley e di John Cage, quest’ultimo particolarmente interessante anche dal punto di vista intellettuale. Il mio percorso comunque si sta orientando verso un approccio che tende alla liberazione da ogni condizionamento. Non so ancora raccontarlo bene ma per farmi capire prenderei come riferimento la dottrina zen del vuoto mentale, così come la intendeva il monaco Hui Neng, cioè la liberazione da ogni forma di condizionamento per ritrovarsi finalmente e precisamente con se stessi. Cioè, non è che riempiendo la coscienza di nozioni che possiamo arrivare ad una conoscenza autentica, al contrario, svuotando la mente da tutto ciò che non ci appartiene.

Parliamo di "Escapismo". Ci racconti la genesi di questo disco? 
L’escapismo, inteso come l’esigenza di evadere dalla banalizzazione in cui è decaduta quotidianità, aiutandosi con l’arte, non poteva che attirare la mia attenzione. Una sorta di fuga attraverso lo strumento artistico o, meglio, un’esortazione a considerare questa possibilità di liberazione, che ricorda un po’ l’elogio della fuga di Henri Laborit.

Quanto è importante l'aspetto improvvisativo e l'istant composing nelle tue esplorazioni sonore? 
Direi che, mio malgrado, rimane fondamentale: come dicevo tutte le mie composizioni sono il risultato di improvvisazioni concettualizzate per esigenze di “scena” fosse questa un film, un documentario, la realizzazione di un cd. L’improvvisazione libera e l’intant composition sono esercizi di liberazione assoluta, sono il risultato di una vera e propria lotta contro ogni forma di imposizione stilistica, formale, accademica: tendono alla cancellazione di ogni convenzione. Si può riassumere in una frase del grande mistico persiano Rumi che diceva: “Io voglio cantare come cantano gli uccelli senza preoccuparmi di chi mi ascolta e di cosa pensi”.  

In "Peripheral Industries" attraversi i territori della musica industrial. Quanto ti incuriosisce questo mondo?
“Peripheral Industries” in realtà è una composizione nata per una installazione del grande artista Cosimo Specolizzi “Immaginare Visioni” che sarà possibile osservare presso la Fondazione Palmieri a Lecce. Proprio il 27 dicembre, giorno dell’inaugurazione, eseguirò “Peripheral Industries” in modo del tutto spontaneo e libero, trattandosi fondamentalmente di un suono in cui le opere di Mino dovranno trovarsi immerse. I suoni, come sappiamo, sono la componente fondamentale di qualsiasi musica, la componente che non è scritta in nessun spartito e che quindi richiede, nell’essere percepita, la concentrazione sull’udito più che sulla vista, divenuta, quest’ultima, l’organo fondamentale del mondo moderno. 
Per ritornare a Julian Jaynes, lui sosteneva che un tempo era l’udito il senso privilegiato di conoscenza della realtà e lascio immaginare a cosa possa portare il ritorno ad esso! Oggi la maggior parte della musica viene principalmente vista, poi udita, meno che mai ascoltata. La musica scritta, che richiede l’occhio, ha preso il sopravvento sulla musica orale, che si avvale dell’orecchio, il vero organo che percepisce autenticamente e sinceramente i suoni, senza mediazioni di sorta!

"Attese" è un disco che mescola la musica ambient di Brian Eno con un approccio poetico alla chitarra. Ci puoi raccontare questo disco? 
Ovviamente non c’è niente di intenzionale, questo disco nasce semplicemente nei momenti di attesa quando, imbracciando la chitarra, mi affido alla più spontanea libertà creativa: nasca quel che nasca. Io registro, del risultato mi rendo conto solo dopo, ascoltando. Rientra in quei momenti che racchiudo con l’espressione HFI (Home free Improvvisation) e che si svolgono tra le mura domestiche.

In "ZANG TUMB TUMB" la tua chitarra arriva a lambire il jazz. Ci racconti questo lavoro?
ZTT sono le iniziali di una famosa opera di Marinetti. Una locuzione molto onomatopeica che mi è venuta in mente pensando ai futuristi, i primi grandi osservatori di rumori. Il rumore viene liberato e riconsiderato nella sua espressione quotidiana quasi alla stregua di un verso poetico o di una sublimazione sonora. Un riconoscimento così profondo da essere poi riconsiderato e rivalutato da grandi contemporanei come per esempio lo stesso John Cage che riprendo con la sua osservazione: “Dovunque ci troviamo, quello che sentiamo è sempre rumore. Quando lo vogliamo ignorare ci disturba, quando lo ascoltiamo ci rendiamo conto che ci affascina”. Per ricordare anche che il silenzio non esiste!

Concludendo quanto è importante l'aspetto live per le tue sperimentazioni sonore?
L’unica cosa che mi può preoccupare è tediare troppo il pubblico con le mie esternazioni sonore ma penso pure che un pubblico curioso, attento, concentrato sull’udito più che sull’occhio , saprà interessarsi anche ai rumori più impegnativi e ostici quando li considererà pur sempre un’espressione umana. Tuttavia glisso spesso verso forme melodiche, quelle che potrebbero essere considerate più gradevoli all’orecchio; insomma in una mia performance l’aspetto melodico può sfociare nell’improvvisazione più efferata e viceversa questa può succedere che si adagi su una melodia più ... prevedibile. Ma ciò che mi preoccupa di più è il Suono perché, infondo, “Che cos’è la musica? Qualcosa che deve venire dal suono” Edgard Varése.


Salvatore Esposito

Donatello Pisanello – Antologica/Escapismo/Attese/Peripheral Industries/ZANG TUMB TUMB (Autoprodotti, 2018)
L’uscita quasi simultanea di alcuni nuovi progetti del chitarrista, ricercatore e illustratore Donatello Pisanello ci dà occasione di strutturare questa nuova puntata di “Contemporanea” in modo leggermente diverso. Oggi tra informazioni e curiosità varie ci concentreremo in modo particolare su quattro recenti album dell’artista, cercando di focalizzarci anche sul suo originale approccio allo strumento. Nato come chitarrista essenzialmente autodidatta, Pisanello si avvicinò alle corde a dodici anni circa accompagnando il suo maestro (anch’egli  un autodidatta)  e imparando così con l’esperienza una moltitudine di ritmi e accordi molto originali. Quando iniziò Donatello amava la musica di  Satie e Derek Bailey, poi negli anni settanta arrivarono anche il rock e il jazz ma lui voleva riscoprire soprattutto le tradizioni e gli strumenti arcaici della sua terra, il Salento. Dal 1981 al 1988 si unì alla formazione tradizionale “Radici”, nel 92 fondò il gruppo “Alla Bua” e nel 1993 insieme a Lamberto Probo e Cinzia Marzo diede vita all’Officina Zoè attualmente in costante attività. Oltre alle varie collaborazioni, non ultima quella del 2007 con Doi Te Mazze  per “Melodie Salentine” e la lunga partnership artistica con il regista Edoardo Winspeare, Pisanello ha all’attivo una ricca discografia solista, ed  è proprio questa che oggi ci interessa scoprire. Tra il 2017 e il 2018, il musicista ha pubblicato due lavori molto interessanti e altrettanto diversi per caratteristiche, “Antologica” che raccoglie una selezione di dieci tracce composte tra il 2007 e il 2017 ed “Escapismo” che fa parte delle cosiddette “Home Free Improvisation”, ossia registrazioni spontanee nate in casa e pubblicate con lo pseudonimo Cosi Ciamune, un omaggio al nome paterno Cosimo. 
“Tutta la mia musica nasce da improvvisazioni, non scrivo niente, questo vale come discorso in generale. Anche con le colonne sonore faccio lo stesso, suono sul film fino a quando non sento la musica a suo agio sulla scena che seguo in diretta. Ovviamente mi avvalgo dell’ausilio di loop station che trovo strumenti molto utili creativamente”. Con queste parole Donatello mi ha raccontato il processo che conduce alla nascita dei suoi brani, che si tratti di improvvisazioni o composizioni più strutturate, nelle sue musiche nulla è rigidamente determinato/scritto ma prende forma gradualmente. Ciò avviene anche grazie a una formazione non accademica ma legata alla trasmissione “orale” dell’approccio alla chitarra, che gli consente di trattare lo strumento in modo inconsueto liberandolo dai vincoli tecnici naturalmente imposti. “Escapismo” segue questa direzione e nasce come esperimento, atto di liberazione/catarsi totalmente spontaneo e volutamente grezzo in cui il musicista affidandosi all’irrazionalità si esprime senza preconcetti sulla chitarra in una dimensione di imprevedibilità e scoperta continua. “Io voglio cantare come cantano gli uccelli senza preoccuparmi di chi ascolta o di cosa pensi”. La frase di Gialal al-Din Rumi riportata in copertina riassume molto bene lo spirito delle registrazioni ma non è semplice spiegare a parole questa musica. In un’ intervista per Andrea Aguzzi (NeuGuitars) Donatello ha tracciato un parallelismo tra la sua espressione sonora e il concetto artistico dell’Art Brut. 
Effettivamente l’arte “grezza” di cui parlava Jean Dubuffet da perfettamente idea di cosa sia “Escapismo”, un esempio di quei lavori creati dalla solitudine e da impulsi creativi puri e autentici, dove le preoccupazioni della concorrenza, l'acclamazione e la promozione sociale non interferiscono, come sosteneva sempre Dubuffet. In queste improvvisazioni in Live Looping, che nascono per non essere riprodotte in un secondo momento, il musicista si abbandona totalmente allo strumento lasciando che il suono fluisca libero. Pur nascendo sempre dall’improvvisazione e utilizzando ancora chitarra elettrica e loop station, “Antologica” mostra invece un differente volto dell’artista.Alcuni brani del disco (“Il primo incarico”, “Aspettando l’alba”, “Fine giornata” e “L’eterno ritorno”) fanno parte della colonna sonora de “Il primo incarico” di Giorgia Cecere. Il terzo pezzo “Omaggio a E.S”, si riferisce invece a Erik Satie uno dei compositori preferiti da Pisanello. In effetti, l’accompagnamento ritmico e la melodia in primo piano, ricordano strutturalmente alcune delle tipiche composizioni pianistiche del maestro francese. Se “Escapismo” rivela l’aspetto più istintivo e “astratto” del musicista, “Antologica” ci presenta invece un compositore di deliziosi e articolati brani melodici. Pochi giorni fa, a novembre 2018 Pisanello ha pubblicato anche altri tre album di musica spontanea, l’omaggio al futurismo “ZANG TUMB TUMB, “Attese”, nuovo capitolo della serie “home free improvisation with electric guitar and other stories” e “Peripheral Industries” un lavoro che in quattro parti continua la personale esplorazione sonora, che in questo caso alle tipiche investigazioni free, aggiunge anche spunti rumoristici alla “Metal Machine Music”. Insomma, non è affatto semplice descrivere a parole la musica di Donatello Pisanello, ascoltandolo suonare non è raro che possano alternarsi momenti di grazia e abrasive sferzate elettriche ma è proprio in questo dualismo, in questa imprevedibilità che sta il fascino della sua proposta: “Un’ ode alla melodia con un’orecchiata al rumorismo per non perdere il contatto con il quotidiano”. In conclusione segnaliamo un’altra curiosità assolutamente non secondaria, Donatello realizza a mano molte delle copertine dei suoi album che potete trovare qui: https://www.donatellopisanello.com/. Per acquistare i dischi in digitale  https://pisanello.bandcamp.com. Buon ascolto!



Marco Calloni.

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