
Una concreta realtà italiana si aggira da qualche tempo per le fiere delle musiche del mondo, accolta con solo con curiosità ed interesse, ma diventata presto interfaccia per programmi nel breve e medio periodo. Parliamo di Italian World Beat (www.italianworldbeat.com), che si è dato lo slogan “vibes beyond the borders”, appropriato in questi tempi oscuri di innalzamento nuovi steccati e confini, che stanno creando non pochi problemi alla circolazione della culture di artisti extra-europei., soprattutto africani. Per un Paese come l'Italia dalla tradizione artistica e musicale di grande valore, stimata e richiesta in tutto il mondo, sebbene non conosciuta in profondità dall’industry musicale, se non nei suoi segmenti più importanti, avere un catalizzatore culturale di quanto avviene nella Penisola non è cosa da poco. Da anni lo fanno regioni come la Scozia o la Catalogna o Paesi non certo di enorme vastità, come l’Estonia, o la Corea del Sud. E da noi? A parte l’importante esperienza di Puglia Sounds: nulla o quasi. Da queste riflessioni, in un certo senso, nasce la vibrante proposta di Italia World Beat. Abbiamo riunito le due principali menti dietro la struttura IWB, il primo ospite è Fabio Scopino, da oltre venticinque anni attivo nell’ambito dell'intrattenimento, dello sviluppo e della promozione e del management musicale. Dall’interesse per il jazz si è avvicinato con naturalezza alla cosiddetta musica dei popoli, iniziando a confrontarsi, da una prospettiva promozionale e manageriale, con i contesti fieristici e festivalieri. Da queste frequentazioni e dalle sconfortanti riflessioni sullo “stato dell’arte” in Italia è nata l‘idea di creare una struttura che rappresenti e promuova le realtà artistiche italiane in tutti gli ambiti di scambio e d'incontro con gli operatori culturali.

Come nasce IWB?
Fabio Scopino: Italian World Beat nasce dall’esigenza e dall’ambizione di creare un network di professionisti italiani che si occupi di rappresentanza e promozione internazionale, che sviluppi e promuova connessioni professionali e collaborazioni commerciali sia tra gli stessi partecipanti che con tutti i suoi interlocutori, un’opportunità d’incontro, di condivisione e di scambio rivolto all’intera world music industry italiana, una struttura autonoma che svolge la sua opera attraverso la partecipazione attiva presso le principali fiere musicali internazionali e in tutte le occasioni di incontro e di scambio del mercato musicale globale e si pone come obiettivo di diventare un punto di riferimento per gli operatori internazionali, un ambasciata culturale itinerante.
Alcuni decenni fa, nella fase di espansione più forte del fenomeno world e dei finanziamenti pubblico alla cultura ci fu il tentativo di “Talento”, un’ipotesi di fare rete che si è arenata di fronte alla realtà culturale e imprenditoriale composita del nostro Paese. Cosa si prefigge IWB e in che modo cercare di superare i particolarismi e la coltivazione dell’orticello locale?

IWB è presente da un paio di anni alle fiere world music, quale il riscontro all’estero del marchio italiano?
Davide Matropalo: Oltre all’ormai leggendario “finally!”, che ci ripetevano tutte le “key persons” del settore al Babel Med 2017 (le stesse che per due anni avevo inseguito nei corridoi sperando in uno sguardo fugace e che ora sorseggiavano il nostro Chianti sorridenti sfogliando il catalogo, l’idea che ci eravamo fatti nelle nostre esperienze professionali di management e label si è confermata direi alla grande... Tutti amano l’Italia, ne sono incuriositi, ma sono abituati a comunicare con strutture di coordinamento proprio come la nostra.

Che vantaggi per chi entra nella rete di IWB?
Fabio Scopino: I vantaggi sono molteplici: intanto essere parte di IWB significa entrare in un contenitore dove si fa rete da subito con i colleghi – molti di noi italiani si sono conosciuti proprio in occasione delle fiere, e con nostra grande soddisfazione in molti casi hanno iniziato anche a collaborare. Il nostro stand si distingue sempre per entusiasmo e partecipazione, il nostro catalogo arriva nelle mani dei principali operatori internazionali e grazie alle numerose partecipazioni ed adesioni si ottengono anche degli sconti per i pass delle fiere più importanti come il Womex o altre di cui parlava prima Davide.

Davide Mastropaolo: Conosco bene le realtà associative, ho per anni fatto parte di numerose iniziative in ambito musicale e anche cinematografico (sono tra i fondatori di CLERCC, un’associazione campana di operatori del settore che ha avuto un ruolo decisivo in Campania per l'approvazione della legge regionale sul cinema), a dimostrazione del fatto che ci sono casi in cui l’associazionismo può dare risultati importanti; in ambito musicale tuttavia mi sono fatto l’idea che spesso dietro la parola “Associazione” si cela da parte di chi è più forte - e non lo dico in senso polemico, è naturale che ci siano più velocità all'interno di un mondo articolato e complesso come questo – un desiderio di un mandato in bianco per andare a perorare una causa comune che poi si rivela essere la causa di pochi ; questo è uno dei motivi principali per i quali abbiamo capito da subito che IWB poteva nascere solo come iniziativa privata, proprio per mantenere una credibilità e per non incappare in dinamiche che lo avrebbero probabilmente affossato in poche settimane.
Però, c’è chi all’interno del sistema imprenditoriale dei promoter di festival è diffidente nei confronti dell’iniziativa di IWB proprio perché si tratta di un soggetto privato che non ha un diretto riconoscimento istituzionale. Come stanno le cose?
Davide Mastropaolo: Come accennato prima non esiste alcun riconoscimento istituzionale e ufficiale nelle fiere di world music a meno che non si parli di residenti in Puglia. Noi errabondi da uno stand all'altro cercavamo non proprio una casa, ma banalmente una sedia un tavolo e un roll up che dicesse “gli italiani sono qui, venite!”.


Parliamo di musica dal vivo: nell’ambito folk & trad italiano a molti gruppi di giovane generazione, ma a volte anche a musicisti di ottima levatura, fa difetto la capacità di stare su un palco. Fino a che punto pensi prevalga la falsa idea che il folk sia spontaneo e che si suona meglio se accompagnato da una bottiglia di vino?
Davide Mastropaolo: Su questo sfondi una porta aperta; da musicista e produttore artistico e discografico ho riscontrato spesso questo approccio da parte di molte band, ma proprio in quest' ambito la confusione avviene forse perché si cerca di imitare la musica tradizionale senza capirne la funzione rituale che prescinde il problema del suonare “bene” o “male” :...sul palco bisogna comunicare emozioni forti, e con la generale involuzione del rapporto con la musica dal vivo da parte del pubblico questo è sempre più difficile da praticare.
Dal confronto con l’estero come stanno le cose sul piano della produzione musicale, come stanno le cose nel folk & world italiano?
Fabio Scopino: La media all’estero è più alta, ma anche perché c'è più mercato, più festival, più pubblico, più interesse in generale. Il nostro ambito tradizionalmente più casereccio tende a produrre per forza di cose in economia (fatta eccezione ovviamente per i nomi di spicco del nostro panorama musicale) ma non è necessariamente questo il problema.

Che iniziative avete programma per la prossima annata?
Fabio Scopino: Restano confermati gli appuntamenti ormai consolidati con Atlantic Music Expo, Womex e Visa for Music, ai quali si andranno ad aggiungere nuove partecipazioni a fiere attraverso delle neonate partnership, saremo infatti presenti all’ Indian Music Meet, che si terrà a Calcutta il prossimo mese di gennaio e al Seoul Music Week in Korea nel mese di maggio ed avremo uno spazio anche al Le Kolatier Music Market in Camerun. A Febbraio a Parigi è previsto il primo incontro di un nuovo progetto di networking internazionale ( MUSICONNECT ), che ci vede impegnati come promotori e fondatori.
Quale il ruolo della musica trad e world in una futura legge sulla musica?
Davide Mastropaolo: Se la legge ci sarà spero che tuteli la musica tutta ma che supporti le realtà più fragili e meno commerciali; del resto ha senso chiamare in causa l' istituzione proprio per salvaguardare un valore culturale che non può guardare solo i fatturati e strizzare l'occhio solo a chi supera le duecentomila visualizzazioni su you tube...
Ciro De Rosa
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