Sam McClellan – Music Of The Five Elements (Séance Centre, 2018)

La musica ha la capacità di migliorare la nostra esistenza. I greci l’avevano capito molto bene e soprattutto, avevano compreso quanto il suono fosse in grado di agire positivamente sull’uomo, favorendone uno sviluppo armonico ed equilibrato. Già Platone nel Timeo parlava di: “musica come cura per l’anima” ma naturalmente non fu il solo a occuparsi dell’argomento... Con il passare del tempo infatti, questo “concetto” attraversò i secoli affascinando diversi pensatori e artisti. Fondamentale per esempio, fu molti anni dopo l’apporto di Gurdjieff che con la musica ebbe un rapporto molto speciale. Tra il 1923 e il 1929, il pianista e compositore russo Thomas de Hartmann lavorò a stretto contatto con lui quando all’istituto per lo sviluppo armonico dell’uomo nei pressi di Parigi, si occupò della trascrizione in notazione europea di tutti i brani composti e dettati personalmente dal maestro. Le danze sacre, i vari Movimenti e le composizioni nate in questo periodo, confermano la primaria importanza che Gurdjieff attribuiva sia alla disciplina del corpo in movimento, che alle vibrazioni sonore collegate a una pratica spirituale. Questo straordinario “corpus” di musiche finalmente registrate ed eseguite personalmente al pianoforte da de Hartmann negli anni cinquanta, diventò in sostanza l’antenato di quello che oggi chiamiamo musica “New Age”, un termine spesso fuorviante che anni dopo finì per identificare piuttosto sbrigativamente una varietà estremamente eclettica di musica, fornendo un’idea universale sin troppo semplicistica. La New Age si affermò in particolare negli Stati Uniti verso gli anni settanta, come una nuova forma di sperimentazione “folk autoctona” circolando in cassette autoprodotte. Solitari e indipendenti, questi artisti, armati di sintetizzatori, strumenti acustici e registratori a quattro piste, iniziarono a sperimentare tra slanci mistici e audaci “mantra casalinghi”. Joanna Brouk, Don Slepian, Constance Demby o Steven Halpern, furono alcuni tra i pionieri del “genere” e crearono qualcosa di personale e piuttosto distante dalla diffusa idea di musica New Age. In tal senso questo lavoro di SamMcClellan è una curiosa scoperta. Il primo dei tre volumi, registrato nel 1982 presso l’Hampshire College of Electronic Music e originariamente pubblicato nello stesso anno da Spirit Music, è oggi rimasterizzato e ristampato in vinile dalla canadese Séance Centre, che recuperando i nastri originali e ideando un packaging rinnovato a cura di Alan Briand, ci offre un’ottima esperienza d’ascolto. Dopo aver studiato musica elettronica presso l’Hampshire College, incuriosito dalle possibilità della “musica come guarigione”, McClellan esplorò l’idea applicando l’antica filosofia della medicina cinese ai principi della composizione. Mediante l’uso della scala tradizionale pentatonica, collegò ciascuna delle note a uno dei cinque elementi (legno, fuoco, terra, acqua, ferro) creando cinque variazioni per ciascuno. Si interessò inoltre agli effetti del suono sulle persone, sperimentando con le possibilità del ritmo, della durata, e dell’altezza. Una volta concluse le sue ricerche, McClellan iniziò a comporre un brano appositamente ideato per favorire il raggiungimento dell’equilibrio interiore. Al di la delle possibili implicazioni teoriche e dei consigli d’ascolto per arrivare all’obiettivo preposto, “Music Of The Five Elements” è a tutti gli effetti un brano di ben 52 minuti che nelle due parti“Gathering” e Focussing”, trae ispirazione tanto dai bordoni di Tony Conrad e La Monte Young, quanto dal folk strumentale di Fahey e Basho, originando una suggestiva composizione elettro/acustica per chitarra, pianoforte, violoncello, Ciao (ovvero flauto cinese), sintetizzatore e voce, ricca di passaggi di pacifica e cristallina bellezza. Considerare “Music Of The Five Elements” semplicemente come musica “funzionale” è un errore. Questo disco va ascoltato e scoperto senza preconcetti, vi ricambierà appagandovi. Provare per credere. 


Marco Calloni

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