Luca Aquino – Aqustico vol. 2 (Riverberi, 2017)


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Il secondo capitolo di “Aqustico” – il primo è stato pubblicato nel 2013 – vede il fiatista beneventano Luca Aquino (tromba, flicorno, effetti) in coppia con Carmine Ioanna, corregionale fisarmonicista irpino: il loro è un sodalizio consolidato da centinaia di concerti. Il disco, pubblicato da Riverberi, l’etichetta discografica dello stesso trombettista sannita, si apprezza sin dalla copertina che ritrae un’opera di Mimmo Paladino, il quale ha disegnato una bicicletta proprio per il progetto di Aquino ideatore di un jazz bike tour da Benevento a Oslo, quattromila chilometri per ora rinviati dopo il malanno (una paresi facciale) che ha afflitto il fiatista l’estate scorsa. L’album si compone di nove brani, sette firmati da Aquino, uno da Ioanna e una ripresa di una celebre canzone di Charles Aznavour (“Lei”). Se nel primo “Aqustico” i due partner si avvalevano di una sezione ritmica e del pianoforte, qui offrono una visione più intima allestendo un paesaggio sonoro più eterogeneo, in cui tromba e fisarmonica svettano per brillantezza e calore, si incastrano fluidamente o si alternano nel guidare il tema o infondere il ritmo. L’uso di elettronica (effetti e loop) e la presenza delle percussioni di Giampiero Franco (in “Lei” e “Blue Sky”) rendono anche più articolata la conversazione sonora che pur tra geografie mobili rimanda al sostrato popolare del Sud e del Mediterraneo e al respiro nord-europeo. L’iniziale “Tag’s smile” profuma di tempi dispari balcanici e a tratti ricorda passaggi hasselliani, è poi facile lasciarsi trasportare dal tratto melodioso e cinematico di “Frangetta”. Con “Luna di ghiaccio” finiamo in territori dal carattere algido e pensoso. Altrove, i due evocano scenari folklorici, invitando al ballo: sentire per credere “La danza delle cicogne”. Che dire poi della rilettura superlativa di Aznavour? O della baldanza cantabile di “Cip e Ciop”? “White sky” con i suoi effetti fa quasi da preludio agli umori cangianti di “Blue Vessel”, in cui il duo non smarrisce la cantabilità, che è il tratto dominante del lavoro, concluso da “Blue Sky”, la composizione più breve (meno di due minuti), costruita su una cellula iterativa in cui fiati, mantici, percussioni ed effetti ora si incastrano ora si rispondono. Una conferma della creatività, dell’affiatamento e della caratura internazionale della coppia campana. 


Ciro De Rosa

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