DeCalamus – DeCalamus (Digressione Music, 2016)

Nato nell’ambito delle attività di ricerca e riproposta dell’Associazione Calamus di Picinisco (Fr), il large ensemble DeCalamus è stato fondato dal suonatore di zampogne e ciaramelle Massimo Antonelli, il quale ha raccolto intorno a sé un gruppo di otto strumentisti dal diverso background musicale per rileggere il repertorio della tradizione musicale della Valle di Comino, situata in provincia di Frosinone al confine tra Lazio, Abrusso e Molise. Dopo dieci anni di intensa attività concertistica in Italia ed all’estero, il gruppo laziale giunge al suo debutto con il disco omonimo, pubblicato dall’etichetta pugliese Digressione Music, nel quale hanno raccolto dieci brani frutto tanto di una intensa attività di ricerca sul campo quanto di un attento lavoro in fase di arrangiamento ed orchestrazione. Abbiamo intervistato Massimo Antonelli per farci raccontare la lunga gestazione e le ricerche alla base di questa opera prima, non senza dimenticare i progetti futuri e l’approccio ai live.

Come nasce il progetto DeCalamus?
Nasce all’interno dell’Associazione Calamus dopo dieci anni di studi e di ricerche sul territorio della Valle di Comino. Veniamo dalla musica itinerante che è fortemente legata al nostro territorio, dove da secoli sono in uso strumenti come zampogne, ciaramelle e organetto. Da questo patrimonio della cultura orale abbiamo cominciato a dare vita ad un ensemble che man mano si è allargato da quartetto a quintetto, da sestetto fino all’attuale formazione a nove. Abbiamo cominciato, poi a lavorare su brani originali che prendevano spunto dalla tradizione musicale del nostro territorio ed in particolare dai canti appresi da mia nonna che era una specie di cantastorie della contrada dove vivo. In verità abbiamo cominciato quasi per scherzo a mettere in musica le varie filastrocche e rime per proporle alle feste ed alle sagre. Poi ci siamo accorti che queste composizioni diventavano sempre più impegnative e è nato il desiderio di lavorarci per far evolvere verso il futuro questa tradizione.

Quanto è stato importante per te crescere a contatto con la musica tradizionale?
Ho vissuto sin da piccolissimo accanto a mia nonna e le spesso raccontava storie e recitava filastrocche, o ancora cantava canti tradizionali legati tanto al ciclo religioso dell’anno, quanto a quelli della natura. Sacro e profano erano sempre in contatto. A Maggio c’era la raccolta del grano e quando si spogliavano le spighe, si raccontavano storie, si cantavano canzoni. Io ho avuto la fortuna di vivere gli ultimi momenti in cui era forte la cultura contadina, insomma di quel tempo che ormai non c’è più.

La gestazione del vostro disco di debutto è stata abbastanza travagliata ed è durata praticamente quasi dieci anni…
E’ vero ci sono voluti forse più di dieci anni. E’ stato un viaggio molto difficile, abbiamo avuto tante difficoltà, ma credo che, come diceva mia nonna: “ogni impedimento è un giovamento”. Ogni volta di fronte ai problemi non ci siamo mai arresti e c’è stato sempre qualcosa che ci ha permesso di riflettere, di migliorare e di crescere musicalmente. Se penso a dieci anni fa, quando volevamo pubblicare subito il primo disco, mi rendo conto che c’era meno qualità, il livello musicale era più basso e forse più “casereccio”. Ogni volta abbiamo dovuto cominciare daccapo, tuttavia man mano si sono aggiunti anche strumentisti che con il loro bagaglio culturale hanno arricchito i vari brani. Dalle iniziali partiture semplici siamo arrivati a partiture per nove, molto elaborate che racchiudono bene il senso di tutto questo viaggio. 

Presentiamo il gruppo…
Io suono la zampogna zoppa e la ciaramella, mentre Marc Iaconelli oltre alla zampogna suona anche la fisarmonica. Io e lui siamo semplici appassionati, abbiamo studiato da autodidatti e cerchiamo sempre di migliorare il nostro bagaglio musicale. Luca Lombardi suona il flauto traverso ed è uno dei solisti della Banda dell’Aeronautica Militare e viene da una formazione in ambito classico e jazz. Abbiamo poi Francesco Loffredi all’organetto che si sta diplomando al Conservatorio di L’Aquila in fisarmonica. Alle percussioni c’è Laura Fabriani che di professione è un architetto ma suona con noi da molti anni, ed è una grande appassionata di musica medioevale. Sempre alle percussioni abbiamo ancora Francesco Manna che è stato allievo di Arnaldo Vacca, oltre ad aver studiato a Damasco ed in Armenia. Alle voci ci sono Serena Pagnani che suona anche la chitarra ed è attualmente componente della house band del programma di Radio Rai2 Un Giorno da Pecora, e Maura Amata. Da ultimo al contrabbasso abbiamo Alessandro Del Signore che si alterna con altri due strumentisti di area jazz. 

Come avete selezionato i vari brani del disco?
La maggior parte dei brani prendono spunto dalla vita del nostro territorio come nel caso de “L’Albero di Maggio”, “Nord e Sud”, “La Ballarella e i Canti alla Stesa”. Altri invece come nascono da esperienze particolari che abbiamo fatto durante i tour all’estero come in “Vento” che è nata a Praga dall’incontro con alcuni musicisti locali che ci hanno fatto conoscere questa melodia, altri ancora arrivano da alcuni nostri musicisti come la “Montemaranese” di cui Francesco Loffredi è uno studioso e ne ha recuperato una versione degli anni Settanta. “Donna” ci arriva dal territorio ed abbiamo voluto inserirla per la sua attualità senza tempo. Ogni brano ha una storia che ci lega ad un momento, ad un personaggio, ad una vicenda, o a qualche particolare sonorità della nostra terra.

Uno dei brani che caratterizzano maggiormente il disco è la “Ballarella Piciniscana e i canti alla Stesa”…
“I canti alla stesa” sono la forma musicale più antica presente nel nostro territorio e durante i concerti racconto sempre che noi abbiamo questa montagna che supera i duemila metri e sul suo altipiano i nostri pastori vanno a pascolare bovini ed ovini nel periodo estivo. La sera si raccolgono intorno al fuoco per cantare questi canti. La “Ballarella” invece è un ballo tipico di una contrada che si trova a millecento metri di altezza ed ormai disabitata, dove facevano questo passo particolare diverso dal saltarello amatriciano o altri saltarelli ciociari. Uno degli ultimi danzatori di questo ballo si è messo a disposizione per lasciarci questa sequenza di passi per conservarla e lasciarla ai posteri. Insieme ai canti a dispetto queste sono forme musicali proprio piciniscane.

Il disco è stato concepito come una sorta di viaggio, durante il quale si incontra anche un arrotino…
Questo brano nasce da un fatto realmente accaduto ad inizio Novecento. C’era questo arrotino di Sora che attraversava i vari paesi della zona, e per attirare l’attenzione gridava molto. Cercava di arrangiare la giornata arrotando i coltelli, ed aggiustando le “cuttrelle” delle pentole grandi in rame che erano usate per cucinare o fare il formaggio. Il testo è legato ad un poeta che ha messo in versi la storia di questo poeta e ad un bambino diventato poi famoso ovvero Vittorio De Sica. Il testo è stato messo in musica da un professore di musica del luogo e noi l’abbiamo rivisitata.

Quali sono i sapori, i profumi, i suoni della Valle di Comino…
La Valle di Comino è una piccola enclave che confina con Abruzzo e Molise dal punto di vista geografico, ma di fatto è crocevia di queste tre regioni perché i pastori partivano da qui e facevano la transumanza verso la Puglia. I romani venivano in queste zone per prendere il ferro in una miniera, e portavano con loro ovviamente anche gli operai. E’ per questo che troviamo le ciocie che ricorda i calzari romani, nonché l’utriculus ovvero l’antica zampogna già citata anche da Svetonio. Dal punto di vista turistico è un posto bellissimo, con montagne di oltre duemila metri e le colline su cui sono nati i vari paesi. Il fatto che sia stata tagliata fuori dai grandi circuiti è stata un po’ la fortuna di questa valle perché si è conservato un immenso patrimonio culturale dalla musica alla gastronomia alla storia. 

Parliamo della “Marcia degli zampognari” dove si incontrano tradizione ed innovazione…
E’ un tentativo di unire antico e moderno. All’inizio estremizziamo le sonorità della zampogna con alcune dissonanza. 

“L’Asieateca di Alvito” è un po’ il divertissment del disco…
E’ la storia di questo artista degli anni Cinquanta di Alvito che si ammalò di Asiatica e non avendo medicine la passò malissimo. Essendo molto estroso, decise di mettere in musica questa storia e di inserirla nei suoi spettacoli, tant’è che nel 1952 pubblicò anche un disco pubblicato da una casa discografica di Napoli. 

Come state presentando dal vivo il disco? Quali sono state le reazioni del pubblico?
Abbiamo fatto diversi concerti a Roma, ad Arezzo, e Pontedera, oltre ad una anteprima in Francia. Abbiamo avuto la fortuna di avere sempre un pubblico attento ed ogni volta ci siamo sentiti gratificati dal fatto che ci abbiano detto che proponiamo qualcosa di diverso dalle solite sonorità del Centro Sud. Riusciamo a fare qualcosa di legato profondamente alla nostra terra che ci consente di far conoscere la nostra cultura e poi con la “Ballarella” si accorgono che possono divertirsi ugualmente pur non essendo una pizzica. 

Quali sono i progetti futuri dei DeCalamus?
Noi vorremo far conoscere quanto più possibile questo disco sia per portare la nostra musica all’esterno sia per svelare la bellezza e il fascino del nostro patrimonio culturale ad un pubblico quanto più grande possibile. Stiamo lavorando a nuovi brani che vorremo inserire piano piano nel nostro repertorio. Abbiamo rivisitato la “Pizzica di San Marzano” che mi è stata segnalata da un amico. Un nostro amico di Campobasso ci ha donato un brano tradizionale arbereshe del Molise che ha un respiro molto balcanico, mentre Francesco ha portato in dote un brano della tradizione andalusa che stiamo cercando di rivisitare per dare vita ad un ponte tra Oriente ed Occidente.



DeCalamus – DeCalamus (Digressione Music, 2016)
Frutto di dieci anni di ricerche sul campo e sessions in studio, il disco di debutto omonimo dei DeCalamus è uno di quei lavori che appassionano l’ascoltatore sin dalle prime note, vuoi per l’entusiasmo che rapisce, vuoi per la genuinità che emerge in modo tangibile brano dopo brano. Anticipato dal singolo “Vento by Calamus”, fascinosa overture strumentale per la quale è stato realizzato anche un videoclip, il disco spazia dai canti lavoro legati ai cicli del raccolto ai canti d’amore, dalle ballate narrative alle serenate fino a giungere ai canti alla stesa ed alla ballarella piciniscana, componendo un ideale viaggio sonoro che lega passato, presente e futuro. Recuperando le strutture melodiche e ritmiche della tradizione, i De Calamus non si sono limitati a rileggere brani tradizionali, ma hanno fatto di più proponendo composizioni originali, le cui radici affondano nella cultura orale della loro terra, il tutto impreziosito da arrangiamenti che si muovono verso una ricerca costante di nuovi timbri e sonorità, che attingono al patrimonio immenso delle musiche dell’Italia Meridionale come da quelle del Mediterraneo. In questo senso, i DeCalamus fondamentale è stato l’apporto dei vari strumentisti che compongono l’ensemble, guidato da Massimo Antonelli (zampogna zoppa, chiaramelle, ocarina, voce) ovvero Marc Iaconelli (fisarmonica e zampogna), Francesco Loffredi (organetto), Luca Lombardi (flauto e ottavino), Laura Fabriani (tamburi a cornice), Francesco Manna (tamburi e percussioni mediterranee), Alessandro Del Signore (contrabbasso) e delle due voci Maura Amata e Serena Pagnani (chitarra). Senza sbandierare grandi innovazioni o rivoluzioni sonore, l’ensemble laziale ha compiuto una piccola rivoluzione che li vede non solo interpreti delle musiche della Valle di Comino, ma veri e propri continuatori sulle orme dei suonatori itineranti che attraversavano la dorsale Appenninica. Aperto dalla già citata “Vento by Calamus”, il disco entra nel vivo prima con il ballo campestre “Danza dell’albero di Maggio” nella quale ritornano le immagini delle feste per il raccolto nelle aie, e poi con la divertente “Gli Arretine”. Se “Seta e Malizia” è un canto d’amore nel quale apprezziamo a pieno le voci femminili del gruppo, “Glie Brigande” è una intensa ballata narrativa, ma il vero vertice del disco arriva con “Donna” rilettura del tradizionale della Tuscia “So Stat’a lavora’ Montesicuro”, ben nota per essere parte del repertorio di “Ci Ragiono e Canto” di Dario Fo. Dall’Alta Ciociaria ci spostiamo a Montemarano con la bella versione della “Montemaranese”, ma un’altra sorpresa del disco arriva con il medley “Est/Nord e Sud/Marcia degli Zampognari” che cattura benissimo l’approccio musicale dei DeCalamus e la loro capacità di muoversi con agilità tra epoche sonore differenti. Il divertissement “L'asiaeteca di Alvito” con il suo andamento scanzonato ci conduce verso il finale con l’irresistibile medley con “Canti alla stesa e ballarella piciniscana” che sugella un lavoro di grande fascino che ci svela tutta la ricchezza del patrimonio musicale e culturale della Valle di Comino.



Salvatore Esposito

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