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Per fortuna, c’è in Italia chi fa musica nutrad non solo con cognizione di causa ma anche con una forte dose di ironia, a cominciare dal titolo del disco – il che non guasta, vista la tendenza italica a prendersi troppo sul serio – e considerato, peraltro, che ci sono ancora in giro soloni del folk che pensano non sia legittimo comporre musica ispirata alla danza tradizionale, ma fatta soprattutto per l’ascolto. Ora “pastrocchio”, derivato dalla voce veneta ‘pastrocio’, ossia pasticcio, è sinonimo di miscuglio, ma anche di confusione. Mettendo insieme un organetto diatonico (un 4 file a 18 bassi) e una nyckelharpa (la viola d’amore a chiavi), strumenti che non sono soliti accostarsi, il rischio che l’intruglio non sortisse l’effetto desiderato ci poteva stare. Per contro la musica ‘Swetalian’ – come l’hanno definita il romagnolo Stefano “Ciuma” Delvecchio e la svedese della Västmanland Josefina Paulsen – scorre felicemente fluida senza effetti collaterali. Anzi, va gustata con attenzione e partecipazione. Poteva non essere così, visti i due musicisti all’opera? Ciuma è l’organettista dei Bevano Est, formazione nota per la ricomposizione raffinata ed eclettica del patrimonio tradizionale, ma propensa a valicare i confini, artefici anche di colonne sonore; lui stesso è un musicista creativo di formazione non prettamente popolare, nonché didatta alla Scuola di Musica Popolare di Forlimpopoli.

Ciro De Rosa
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