Andrea Salvadori – Mercuzio non vuole morire (Funambulo/Materiali Sonori, 2015)

“Vorrei essere Mercuzio. Delle sue qualità ammiro soprattutto la leggerezza in un mondo pieno di brutalità, la fantasia sognante ... e al tempo stesso la saggezza, la voce della ragione in mezzo agli odii fanatici fra Capuleti e Montecchi”. Non è la disputa per l’assegnazione dei ruoli in una recita scolastica del capolavoro shakespeariano, ma la risposta, entusiastica, di Italo Calvino alla domanda su quale personaggio letterario avrebbe voluto essere. L’amico di Romeo, nonché parente del principe di Verona, è protagonista del disco “Mercuzio non vuole morire” (Funambulo, 2015) che raccoglie le musiche scritte e dirette da Andrea Salvadori nel 2012 per l’omonimo spettacolo della Compagnia della Fortezza, formata dai carcerati del penitenziario di Volterra. La storia è arcinota, l’uccisione da parte del Capuleti Tebaldo, determina la vendetta del Montecchi Romeo e l’inizio del disastro - “ah, maledette le vostre famiglie!” – tutti i giovani muoiono compresi i due innamorati protagonisti, sopravvivono solo i vecchi potenti dal cuore indurito. E se invece Mercuzio si rifiutasse di morire? Nel booklet, graficamente lodevole, il regista dello spettacolo, Armando Punzo, spiega che Mercuzio, condannato a vivere e rivivere “la sua ineluttabile morte, giorno dopo giorno, replica dopo replica, ferito dalla banalità crudele del ruolo che gli è capitato”, rappresenta la cultura, gli artisti, i poeti, gli intellettuali (trovano infatti spazio nei titoli delle tracce Ulisse, Cyrano, e altri riferimenti letterari), la cui prematura fine porta rovinosamente alla scomparsa di un futuro migliore per tutti. Se Mercuzio sopravvive al suo destino, la sua gioia (non a caso titolo del penultimo brano) si traduce in speranza di un’esistenza diversa per tutti i personaggi del palcoscenico shakespeariano e del palcoscenico della vita. Rendere tutto questo in musica è la sfida di Andrea Salvadori (1974), compositore e arrangiatore toscano, fidato collaboratore di Ginevra Di Marco (che compare in “La Regina Mab”). Il modello più prestigioso, e quindi anche il più arduo con cui misurarsi, sono le musiche di Felix Mendelssohn, del 1843, per il “Sogno di una notte di mezza estate”, sempre del sommo William (per farsi un’idea della portata storica, basti pensare che la “Marcia nuziale” contenutavi è suonata regolarmente oggi giorno nei matrimoni). La musica di Salvadori possiede tutte le caratteristiche del personaggio shakespeariano, ben rappresentato dai verbi adoperati nei suoi primi versi (come annota Calvino): “to dance”, “to soar”, “to prickle”. Così i brani del disco si muovono leggeri ad esempio “Tema del libro” e “La gioia di Mercuzio”. Alcuni, invece, tendono alla danza, è il caso del “Tango delle spade” col suo ritmo martellante e il vorticoso fuoco degli archi tanto rapido nell’accendersi quanto nel morire; oppure la “Mazurca dei Capuleti”, dove la bravura pianistica di Salvadori emerge prepotentemente e sembra quasi di assistere uditivamente alla festa in casa Capuleti (arrivati a 4.40 però non sembra che la festa vada scemando e le note acute, quasi sottovoce, somiglino al bisbiglio degli amanti nella famosa scena del balcone?). Altre tracce pungono l’ascoltatore nell’intimo, come il timido e lungo “Tema di Ulisse”; oppure il “Tema dell’alchimista”, dove pianoforte e violoncelli si fanno inquietanti e carichi di tensione anche grazie al sottofondo di versi di animali, tracce di un misterioso bosco. Non mancano le sperimentazioni sonore come l’armonium indiano ostico in solitario in “Leonardo”, ma perfettamente integrato col pianoforte in “Tema del libro”; oppure il glockenspiel solista perfetto imitatore in “Carillon di Giulietta” intriso di intensa malinconia, perché infondo (non ce ne voglia il redivivo Mercuzio) “mai vicenda fu più dolorosa di questa di Giulietta e Romeo”. 


Guido De Rosa

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