Giant Sand - Heartbreak Pass (New West, 2015)

Pubblicato lo scorso anno, ma ancora costantemente sui nostri lettori “Heartbreak Pass” è il disco che festeggia i trent’anni dall’esordio di Howe Gelb e i suoi Giant Sand, e per celebrare questo importante traguardo non poteva esserci modo migliore se non quello di coinvolgere tutti quei strumentisti che da qualche anno gravitano intorno a questo gruppo a geometrie variabili, e sempre aperto a contributi e collaborazioni esterne. In questo senso fondamentale appare l’apporto di quella piccola schiera di strumentisti danesi che, negli ultimi anni, hanno rappresentato un punto fermo per la formazione americana ovvero Thøger Lund, Peter Dombernowsky e Anders Pedersen, determinanti nel caratterizzare il sound di dischi come il fin troppo sottovalutato “Pro-Visions” e lo splendido “Tucson”, ai quali si aggiungono gli innesti più recenti di Iris Jakobsen e Asger Christiansen, nonché una serie di ospiti d’eccezione come Grant-Lee Phillips, Jason Lytle dei Grandaddy, Steve Shelley dei Sonic Youth, e il nostro Vinicio Capossela. Concepito e registrato tra l’Europa e gli States, seguendo le traiettorie dei suoi concerti da Bruxelles a Berlino dalla Grecia all’Olanda, da Portland a Nashiville, e da Tucson a New Orleans, il disco raccoglie diciassette brani racchiusi in tre ideali volumi separati e che nel loro insieme rappresentano la cristallizzazione dell’intero immaginario compositivo e sonoro alla base del songwriting di Howe Gelb. Il desert rock diventa la base di partenza per una serie di incursioni imprevedibili, ed allo stesso tempo affascinanti, attraverso i sentieri del folk acustico, della roots music, dell’alternative-country come del jazz, fino a toccare spaccati hard e noise, il tutto muovendosi sempre tra atmosfere sospese tra Morricone e i Greatful Dead. Il primo volume prende le mosse da Calitri con la voce di Vinicio Capossela che fa capolino nel blues cosmico di “Heaventually”, rende omaggio ai Rolling Stones di “Satisfaction” con la splendida “Texting Feist” e ci regala prima il trascinante rock dalle atmosfere border di “Hurtin’ Habit”, e poi “Trasponder”, una sorprendente divagazione tra noise ed elettronica con la complicità di Jason Lytle. La seconda parte ci riporta nel deserto dell’Arizona con il blues di “Song So Wrong”, a cui seguono l’incursione nei suoni tex-mex di “Every Now And Then”, ma soprattutto la sontuosa “Man On A String” cantata in duetto con Loanna Kelley e tutta giocata su atmosfere da wester morriconiano e quel gioiello di puro americana sound che è “Home Sweet Home”. Il terzo ed ultimo volume si apre con tre perle in sequenza ovvero l’introspettiva “Eye Opening”, la malinconica “Pen To Pape” ed il bozzetto pianistico di “Bettersweet” che ci conducono verso il finale dove brillano il folk di “House In Order”, l’elegante “Gypsy Candle” ma soprattutto la divagazione jazz di “Done”. Il dolcissimo dialogo telefonico di “Forever and Always” cantata a due voci da Howie Gelb e la figlia dodicenne Tabula, sugella un disco superbo che ha tutti i tratti del capolavoro.


Salvatore Esposito

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