Speciale Dodicilune: Gabriel Oscar Rosati & AfroLatAfro, Andrea Sabatino, Mirabassi Di Modugno Balducci, Anna Garano, Armando Calabrese, Ajar, Hunger And Love

Gabriel Oscar Rosati & BraziLatAfro Project – Live at the Philarmonic Hall in Arad (Dodicilune/I.R.D., 2015)
“Assimiliare in una sola formazione ritmi e musicisti dal Brasile a Cuba, dall'Argentina al Messico, Portorico ed Antille, con materiale ovviamente originale e dal sound elettrico, moderno e aggressivo” è questo l’obiettivo che da oltre un ventennio porta avanti il trombettista, trombonista e compositore jazz italo-brasiliano, Gabriel Oscar Rosati con la complicità del BraziLatAfro Project. A caratterizzare la sua attività artistica, ed in parallelo anche la produzione discografica, è stata senza dubbio la continua ricerca sonora volta a rivitalizzare i materiali latino-americani, riletti attraverso la sua personale cifra stilistica. A distanza di quattro anni da “BraziLatAfro Vol.6 Gabriel O’ Pensador”, il trombettista italo-brasiliano torna con “Live at the Philarmonic Hall in Arad”, secondo disco dal vivo con BraziLatAfro Project, che cristallizza uno straordinario concerto tenuto ad Arad in Romania nel corso del lungo tour effettuato tra il 2011 e il 2013, e nel quale è affiancato sul palco da due musicisti rumeni Lucian Nagy (sassofoni, flauto, djembé) e Dan Alex Mitrofan (chitarra synth, elettrica), ed un trio ritmico ungherese composto da Gabor Cseke (piano), Laszlo Studnitzky (basso) e Csaba Pusztai (batteria). Rispetto ai dischi precedenti, questo nuovo album vede Gabriel Oscar Rosati rileggere gli stilemi del genere latin fusuion attraverso brillanti soluzioni sperimentali come l’uso dell’elettronica e delle percussioni etniche, conservando integri tanto l’aspetto armonico quanto quello ritmico. I brani si caratterizzano per il fluido interplay tra i fiati dell’italo-brasiliano e di Nagy con la chitarra di Mitrofan e la tastiera di Cseke, il tutto supportato magnificamente dalla tonica sezione ritmica, in grado di imprimere sonorità speziate e timbriche efficacissime nel delineare il sound. Durante l’ascolto a brillare sono l’iniziale “Beat In Space”, la trascinante “Hip Bop” di Cseke, la sinuosa rilettura di “Tres Palabras” di Osvaldo Farres, ma il vero vertice del disco arriva con i quasi undici minuti di “O Mundo Funk Carioca” firmata da Rosati e la scintillante rilettura di “Nostalgia in Times Square” di Charlie Mingus. Senza puntare mai allo sperimentalismo fine a sé stesso, Gabriel Oscar Rosati a confezionato un disco ricco di belle intuizioni che non mancherà di entusiasmare gli appassionati di latin-jazz.

Andrea Sabatino – Bea (Dodicilune/I.R.D., 2015)
Talentuoso trombettista salentino, Andrea Sabatino vanta un rigoroso formativo speso tra gli studi musicali presso il Conservatorio “Tito Schipa” di Lecce, e la partecipazione a vari concorsi e rassegne nazionali nell’ambito della musica classica. Nel 2000, grazie all’incontro con Fabrizio Bosso la sua carriera ha virato verso il jazz dove ben presto si è segnalato in diverse manifestazioni come “Siena Jazz”, il “Premio Nazionale Massimo Urbani”, e “Nuoro Jazz 2003”, fino ad arrivare al debutto discografico nel 2006 con “Pure Soul” e a numerose collaborazioni di prestigio con artisti del calibro di  Marco Tamburini, Maurizio Gianmarco, Sergio Cammariere, Mario Biondi, Mario Rosini, Dee Dee Bridgewater, Roberto Ottaviano, e Javier Girotto. A distanza di quattro anni dalla pubblicazione di “Luna Del Sud”, lo ritroviamo con “Bea” disco che mette in fila nove brani di cui sette autografi, incisi in quintetto con la partecipazione di Gaetano Partipilo (sax alto e soprano), Ettore Carucci (piano), Francesco Angiuli (contrabbasso) e Giovanni Scasciamacchia (batteria). Muovendosi con agiliità tra jazz, ballad, bossa nova e blues, questo quintetto hard-bop si segnala per un sound diretto ed originale nel quale spicca la frontline dei fiati in cui giganteggia il sax di Partipilo, e la solida seziona ritmica spinta dal preciso drumming di Scasciamacchia. Durante l’ascolto piacciono l’iniziale “Made In Salento”, le riletture di “The Eye Of The Hurricane” di Herbie Hancock e di “Giochi di Luce” dell’indimenticato Marco Tamburini nelle quali spicca il contributo di Carucci al pianoforte, e la ballad “Bea” che si giova di una elegante tessitura melodica. Di pregevole fattura sono anche “Joking with Jazz” in cui brilla l’interplay con tra la tromba di Sabatino e il sax di Partipilo, e la gustosa “Mr. Carucci” in cui nel dialogo si inserisce ancora una volta il pianoforte di Carucci. “Bea” è, dunque, un disco di ottima fattura che valorizza a pieno tutto il talento di Andrea Sabatino.

Mirabassi, Di Modugno, Balducci – Amori Sospesi (Dodicilune/I.R.D., 2015)
Nato dalla collaborazione tra il clarinettista Gabriele Mirabassi, il chitarrista Nando Di Modugno e il bassista Pierluigi Balducci, “Amori Sospesi” è un disco coinvolgente ed affascinante, che attraverso i suoi dieci brani compone un suggestivo viaggio sonoro che conduce l’ascoltatore dalla Patagonia a Rio de Janeiro, spaziando attravers o jazz, world music ed echi della tradizione classica. Le trame melodiche di questo eccellente trio ci riportano alla natura reale della musica, luogo dell’anima di incontri e confronti tra popoli e culture differenti, pronta a raccogliere le storie di quanti hanno lasciato la propria terra tra distacchi, attese, ritorni e speranze. Tutto ciò si riflette nel senso di nostalgia e struggimento interiore che pervade il disco sin dalle prime note della title track, posta in apertura, e tutta giocata su un raffinato dialogo tra il clarinetto e la chitarra, e prosegue con le riletture “Minuano (part II)” di Pat Metheny e Lyle Mays e “En a Orilla del Mundo” di Pablo Milenes, quest’ultima interpretata da alla voce di Monica Salmaso, fino a giungere alla splendida “Azul” di Balducci in cui spicca la voce di Cristina Renzetti. Nel mezzo pregevoli sono anche “Fryderyk” nella quale a dominare la scena è la sei corde di Di Mognuno mentre Mirabassi ne cesella la linea melodica con impunture elegantissime, la sinuosa “Choro Dançado” di Maria Schneider e quel gioiellino che è la versione de “I Girasoli” di Henry Mancini, ma il vero vertice del disco arriva con “The Light Of Seville” di Balducci e “Alberi che camminano” di Mirabassi che meglio sintetizzano tutte le istanze melodiche e stilistiche del disco, brillando per la qualità delle composizioni e delle esecuzioni. “Amori sospesi” è, insomma, un disco tutto da ascoltare lasciandosi catturare dal fascino del dialogo tra chitarra di Di Modugno e il clarinetto di Mirabassi.

Anna Garano – Lessness (Dodicilune/I.R.D., 2015)
Formatasi presso il Conservatorio Tartini di Trieste e con alle spalle una solida formazione accademica spesa tra la laurea in lettera e gli studi musicali comparati, Anna Garano è una talentuosa chitarrista friulana con alle spalle una solda esperienza musicale che l’ha portata ad esplorare diversi ambiti sonori dalla world music al jazz, e a pubblicare diversi album, nonché ad esibirsi in Italia ed all’estero. Il suo nuovo album “Lessness” prende spunto dal termine “Lessness”, coniato da Samuel Beckett ed esplora in sottrazione le potenzialità liriche della chitarra, tanto come solista, quanto nel dialogo con un altro strumento. “Questo termine”, afferma la chitarrista friulana “usato in relazione alla musica del mio cd, apre a diverse interpretazioni, di carattere musicale e emozionale. Il cd riflette in parte la mia esperienza newyorkese degli scorsi anni: accanto ai brani originali, vi sono alcuni miei arrangiamenti concepiti per musicisti con cui ho avuto la fortuna di suonare in questo periodo”.  L’album raccoglie nove brani originale, a cui si aggiungono due traditional Yiddish e due Sephardic, nonché la rielettura di “Hashul” di Joh Zorn. L’ascolto ci regala attraversamenti sonori, sperimentazioni, ed evocazioni di grande suggestione come nel caso dell’iniziale “Imagine (si ceci cessait)”, di “Golden Wings” e de “Il tempo delle Rane” in cui spicca l’eclettica chitarra di Marc Ribot o delle tre parti di “Mantos Negro”, o ancora della splendida “La Rose Enflorence” in cui brilla la voce di Anaïs Tekerian. Se incredibilmente riuscita ci sembra “Hashul” di Zorn, al pari impeccabili sono i dialoghi con la tromba di Falvio Davanzo in “Aletis” e con il clarinetto basso di Doug Wieselman in “Avre tu puerta cerada” che suggellano un disco maturo e ricco di belle sorprese.

Armando Calabrese -  Why Not? (Dodicilune/I.R.D., 2015)
Definito da Aldo Ciccolini come “uno dei giovani emergenti più preparati e interessanti della sua generazione”, Armando Calabrese è un pianista siciliano dalla formazione classica, spesa tra i Conservatori di Trapani e Roma, e la he Royal Schools of Music di Londra, che da qualche anno ha intrapreso con decisione la via del jazz pubblicando due album su etichetta VideoRadio. “Why Not?”, il suo terzo album, raccoglie sette brani incisi dal vivo per piano solo, che nel loro insieme riflettono molto bene il suo approccio stilistico. Pianista istintivo ed allo stesso tempo dotato di grande tecnica, Calabrese interpreta e rielabora alcuni memorabili standard jazz, trasformandoli in preziose basi ispirative di partenza su cui costruire suite sonore ed interludi originali. Durante l’ascolto brillano il bop di “Bouncing with Bud” di Bud Powe ll, il cantabile “Misty” di Errol Garner, e “Stella by Starlight” di Victor Young, “e “All The Things You Are” di Jerome Kern e Oscar Hammerstein II, che si caratterizzano per grande ricercatezza ritmica, ma la vera sorpresa è l’unico brano originale del disco “Like a Brightness Point” nella quale le due anime del pianista, quella classica e quella jazz, convinvono osmoticamente e che si inserisce alla perfezione nel disco quasi fosse il punto di arrivo e di futura ripartenza per le prossime esplorazioni sonore.

Ajar – Ajar (Dodicilune/I.R.D., 2015)
Nato nel 2011 da un’idea del pianista napoletanoLuigi Esposito, il progetto Ajar nasce con l’intento di dar vita ad un gruppo jazz a geometrie variabili (il nome in inglese vuo dire semichiuso o semiaperto) in grado di esplorare i suoni a tutto campo, mai in modo categorico, prendendo le mosse da riferimenti diversificati che spaziano da Richard Galliano a Bill Evans, da Brad Mehldau a Keith Jarrett, da Bill Frisell, a Miles Davis, dal Mediterraneo fino raggiungere il Nord Europa delle evocative atmosfere di matrice ECM. Il loro disco di debutto omonimo presenta nove brani composti dal pianista napoletano, densi di lirismo e caratterizzati da un impostazione sonora mediterranea che si sposano perfettamente tanto con la concezione improvvisativa di Charles Ferris (tromba, filicorno), quanto con l’idea di suono della sezione ritmica composta da Umberto Lepore (contrabbasso) e Marco Castaldo (batteria), a cui di tanto in tanto si aggiunge anche Davide Maria Viola (violoncello). Ogni brano prende vita dall’improvvisazione libera che conserva la natura originaria di ogni brano pur sovvertendo gli stilemi del jazz. E’ il caso di “Impro 1” nella quale emergono l’evocazioni tanghere, o della eccellente “September Blue”, o della ballad “Song For Eddy”. Non manca qualche bella intuizione con l’incursione nei tempi dispari di “Vijay Ajar”, omaggio al pianista americano Vijay Iyer, o qualche incursione nel minimalismo in cui spicca la tromba di Ferris come nel caso di “Riccardo”. Questo primo episodio della discografia del progetto Ajar è, insomma, un disco maturo e solido che prelude ad un prosieguo ricco di belle sorprese. 

Artisti Vari – Hunger And Love. Billy Holiday 1915-2015 (Dodicilune/I.R.D., 2015)
Cantante fra le più grandi di tutti i tempi, Billie Holiday (Baltimora, 7 aprile 1915 – New York, 17 luglio 1959) rappresenta ancora oggi un riferimento artistico imprescindibile per tutte le voci femminili che vogliano intraprendere la via del jazz. Nel corso della sua vita, fatta di abissi inenarrabili e vette insuperate, ha cantato saputo come poche cantare l’amore e le dure condizioni degli afroamericani giungendo ad una fama planetaria. A cento anni dalla sua nascita, le sue canzoni toccano ancora le corde dell’anima, restituendoci la sua sensibilità, attraverso il bel tributo “Hunger And Love. Billy Holiday 1915-2015”, pubblicato dall’etichetta salentina Dodicilune e nel quale ventiquattro voci del jazz italiano interpretano alcuni dei principali brani del repertorio di Lady Day, facendo emergere tutti gli aspetti della sua voce, dai toni aspri e duri a quelli morbiti e confidenziali. Si tratta di un omaggio intenso, profondo e nella sua non calligraficità anche appassionato ed appassionante per la qualità eccellente di tutte le riletture. A spiccare in modo particolare sono l’elegante “Eclipse” di Tiziana Ghiglioni con Simone Daclon al pianoforte, i sapori world di “My Old Flame” di Lisa Maroni impreziosita dalla presenza di Baba Sissok (ngoni, tamani), l’impeccabile “You’ve Changed” di Serena Spedicato con la complicità di Antonio Tosques (electric guitar) e Pierluigi Balducci (electric bass), e “The Man I Love” di Rachele Andrioli e Rocco Nigro. Nell’omaggio alla grande Lady Day, “Hunger And Love” offre un eccezionale fotografia del canto jazz in Italia declinato attraverso varie formazioni dal duo al grande ensemble ed arricchita dalla partecipazione di strumentisti straordinari.



Salvatore Esposito
Nuova Vecchia