Si è appena conclusa una esplosiva ventesima edizione, tutta al femminile, del Carpino Folk Festival, di cui Blogfoolk è media partner, intitolata a Damatira, la dea Demetra, dea delle messi, della terra, dei raccolti e della fecondità, il cui culto antichissimo è testimoniato, sul promontorio del Gargano, da una stele del IV o III secolo a.C. ritrovata a Vieste. A partire dal 3 agosto, un nutrito programma di iniziative ha invitato i partecipanti alla conoscenza di questo territorio dell’Italia Meridionale, crocevia di scambi, cultura e musica, nell’intersezione tra Oriente e Occidente.
Il Gargano è il luogo dove si sono sviluppate forme originali di danze e musiche popolari, studiate negli anni Cinquanta del secolo scorso dagli etnomusicologi, e diventate ben note su larga scala negl’anni Settenta, grazie alla riscoperta di un brano come “Tarantella del Gargano” da parte di Roberto De Simone con la Nuova Compagnia di Canto Popolare ed al lavoro di Eugenio Bennato con Musicanova.
Portatori della tradizione, i Cantori di Carpino hanno svolto da sempre un ruolo determinante nella conservazione, riproposizione e valorizzazione delle forme musicali, ed oggi, attraverso gli anziani ancora in vita, costituiscono un anello fondamentale del Festival, quello del raccordo con le nuove generazioni.
L’Associazione Carpino Folk Festival, organizzatrice del progetto festival, proponendosi anche come forza motrice del territorio in cui si svolge (area a vocazione agricola che annovera fave, olio extravergine d’oliva e gustosi formaggi tra i suoi prodotti principali), ha stretto alleanze sul territorio con diverse realtà come il Gruppo di Azione Locale, il Parco Nazionale del Gargano e le Ferrovie del Gargano.
In questo se nso, ci è sembrata particolarmente calzante la scelta di inaugurare il festival lunedì 3 agosto a bordo di un treno delle Ferrovie del Gargano, volano perfetto per far conoscere le specialità e le peculiarità culturali del luogo. Alle ore 19,12, infatti, la rassegna ha preso ufficialmente il via con “Cantar Viaggiando”, progetto speciale che ha consentito al folto pubblico, presente sul convoglio, di godere non solo dello splendido panorama della Capitanata, ma anche delle performances ideate espressamente per il Folk Festival da storici dell'arte, antropologi, giornalisti, attrici e dai musicisti come Giuliana De Donno, Quintana Ensemble, Redi Hasa, Maria Mazzotta e Matteo Cantamessa.
Sempre nello stesso giorno hanno avuto inizio le attività collaterali del festival per esplorare la conoscenza e le caratteristiche della musica, del ballo e degli strumenti musicali tradizionali con i laboratori di tamburello, canto e chitarra battente, tarantella e scherma di Carpino, antropologia e balli dell'Appennino Bolognese, con docenti d’eccezione come Antonio Marotta, Salvatore Villani, e Dina Staro.

Dal 7 al 9 agosto si sono tenuti nove grandi concerti - tre ogni sera - in piazza del Popolo, nel cuore di Carpino, stretta tra le case e la chiesa di San Cirillo. Aspetto tutt’altro che secondario: il Carpino Folk Festival propone tutte le iniziative (laboratori a parte) ad ingresso libero. Si è assistito ad una partecipazione di pubblico straordinaria e intergenerazionale, dai più giovani, sotto il palco a ballare a ritmi travolgenti, alle persone più agèe, desiderose di ascoltare, accomodate sulle sedie sul terrazzo e sui gradini dello scalone davanti alla chiesa. Nel corso delle serate, tra un concerto e l’altro, un veloce cambio palco per mantenere alta l’attenzione ed il coinvolgimento, con musica che, a partire dalle 22, è andata avanti fin quasi alle due del mattino.
La serata del 7 agosto, è stata aperta dai Bufù di Sepino dal vicino Molise, un gruppo di suonatori di bufù, triccheballacche e castagnette, diretto energicamente da una ragazza e completato da due giovanissimi all’organetto. La particolarità del gruppo è l’utilizzo dei bufù, strumenti costituiti da una botte con il lato superiore aperto su cui viene tesa una pelle, al centro della quale viene inserita una canna che, strofinata con un panno umido, mette in risonanza la botte producendo un cupo suono caratteristico. La loro performance coinvolgente e di grande impatto è stata caratterizzata dalla riproposizione di serenate e delle maitunate della notte di Capodanno della tradizione sepinese.
A seguire, dopo un rapido cambio di palco, il progetto “A sud del Mondo” con protagonisti Raffaello Simeoni, Massimo Cusato e Giuliana De Donno, i quali hanno proposto un ampio e fascinoso excursus musicale dalla musica celtica, con rielaborazioni di brani tradizionali irlandesi, alle tarantelle del sud d’Italia.
Protagonista del concerto è stata certamente l’arpa della De Donno, nelle sue diverse declinazioni, con l’utilizzo di quella viggianese che accompagnava i musicisti girovaghi, e l’arpa venezuelana con cui si è approdati alla musica di oltre oceano quella sudamericana. All’interno di questo suggestivo progetto si sono innestati diversi brani del sud d’Italia, cantati dalla splendida voce di Raffaello Simeoni, il quale si è alternato anche tra diversi strumenti spaziando dalla chitarra all’organetto. Ad ampliare ulteriormente la ricchezza di suoni dell’ensemble sono stati due ospiti d’eccezione Arnaldo Vacca alle percussioni ed al canto, e Federica Santoro al violoncello ed alla lira calabrese. Sonorità brillanti, e ritmi incessanti, hanno condotto ad un finale che ha coinvolto completamente il pubblico, con i sonetti della “Tarantella del Gargano” per l’occasione interpretata dal giovane Piero Manzo. L’ultimo concerto della serata ha visto esibirsi Rosalia De Souza con il Quintetto X, una formazione di classe per un’esibizione di ottimo livello nel corso del quale la cantante brasiliana, nata a Rio do Janeiro e trasferitasi giovanissima in Italia, ha interpretato brani di musica brasiliana degli anni Sessanta mostrando eccellenti doti vocali e di interpretazione.
Il fil rouge della manifestazione ha continuato a dipanarsi anche nella serata dell’8 agosto con i concerti di Faraualla, Triace e A-wa, ancora tre formazioni che vedono assolute protagoniste le donne. Le Faraualla hanno interpretato una selezioni di brani del loro repertorio con particolare attenzione al loro ultimo e bellissimo lavoro “Ogni male fore”, raccolta di formule di guarigione tra il sacro e il profano, medicina popolare in cui vengono invocati i Santi e Gesù Cristo per risolvere diversi guai, dalle punture di tracina ai dolori. Particolarità della formazione barese è il canto a cappella delle quattro front-women le cui espressive e duttili voci vengono utilizzate anche come strumento musicale, quasi sempre con la sola presenza di basso, batteria e percussioni. La loro interpretazione raffinata e coinvolgente ha fatto percepire l’energia e la potenza del potere femminile come potere terapeutico. A seguire è salita sul palco la formazione salentina Triace, ovvero Emanuela Gabrielli, Angela Albanese (in sostituzione di Alessia Tondo) e Carla Petrachi. Le tre giovani cantanti hanno interpretato in chiave jazz alcuni brani tradizionali della musica del tacco d’Italia, con l’ausilio di Marco Rollo al piano elettrico.


Carla Visca
Foto di Giuseppe Porcaro
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