Intervista con Toni Verona

Editore e discografico con alle spalle oltre trent’anni di attività, Toni Verona è noto per aver fondato il gruppo Ala Bianca, realtà attiva a trecentosessanta gradi sulla scena musicale italiana, con la quale, tra gli anni Settanta ed Ottanta, ha raccolto numerosi successi prima con i Nomadi e successivamente con Patty Pravo ed Alan Sorrenti, fino a condurlo a scalare le classifiche con “Figli Delle Stelle”. A metà anni ottanta, grazie alla scommessa vinta con il brano dance “Electrica salsa” del Dj Off, ha lanciato l’azienda nella scena dance internazionale, mentre al 1989 risale l’accordo con l’Istituto Ernesto De Martino per la ripubblicazione del catalogo dei Dischi del Sole con oltre 10 mila titoli, fra musica di tradizione popolare e canzone sociale e politica. La visione illuminata di Toni Verona lo ha condotto negli anni anche ad una collaborazione con il Club Tenco col quale ha ‘inventato’ l’unica collana in Italia di musica d’autore  ‘I Dischi del Club Tenco’, così come alla metà degli anni novanta risalgono importanti album di musica latina  originale attraverso il controllo di interi cataloghi  acquisiti tra Cuba, Portorico, Colombia e Venezuela. Più recenti sono le produzioni degli album di Enzo Jannacci dell’ultimo ventennio, oltre alle produzioni  dei Marlene Kuntz, Giorgio Conte, dell’artista internazionale Nair ed il recentissimo   progetto “Vdb 23” di Gianni Maroccolo e Claudio Rocchi. Abbiamo incontrato Toni Verona per ripercorrere insieme a lui la sua lunga carriera, toccando i grandi successi, le ristampe dei Dischi del Sole, e la sua attività come consigliere della SIAE, per soffermarci in fine sulle grandi sfide a cui sono chiamati oggi i discografici, nell’era di YouTube e Spotify.

Il tuo lavoro come discografico è nato come una passione…
E’ stato proprio così. Sono partito un po’ per gioco, un po’ perché era quello che sognavo. Avevo una grande passione per la musica in generale, e  sostanzialmente capii che c’era la possibilità di esprimersi in quella direzione dal punto di vista lavorativo. In un certo senso ho sempre considerato il mio lavoro come una attività ludica, piuttosto che come una professione, ed infatti il mio apporto è stato sostanzialmente creativo, tanto dal punto di vista imprenditoriale, quanto da quello organizzativo.  AlaBianca, da me fondata a Modena assieme ad altri due soci, ha iniziato l’attività nel 1978  ed è stato un inizio fortunato, perché ci ha visti protagonisti del mercato grazie ai grandi successi europei di Alan Sorrenti con “Figli Delle Stelle” , ‘Tu sei l’unica donna per me’ ed altri.  Tentavamo la conquista dell’Italia ma i risultati sono andati oltre(primi posti di classifica in mezza Europa). Era tutto molto entusiasmante,  facevamo produzioni che riscuotevano subito  interesse nel mercato. Erano tempi in cui ci si potevano permettere errori perché c’era la possibilità di recuperarli. I ritmi erano lenti ed io li vivevo senza difficoltà, da buon figlio di agricoltori, sostanzialmente legati alle stagioni.

C’era un periodo di semina, uno di raccolta, e uno di riposo….
Esatto. Quindi c’era tutto il tempo per imparare il mestiere, per sbagliare e rifarsi. Ho lavorato per un paio d’anni per la EMI, ed occupandomi di scouting(autori ed artisti) ho capito quali direzioni seguire

Come andavi alla ricerca di nuovi progetti…
All’epoca avevamo una rete capillare di agenti, che coordinavamo con una struttura di segreteria artistica a cui spettava il compito di tenere i contatti per i concerti degli artisti che gestivamo: Nomadi, Patty Pravo, Alan Sorrenti, Al Bano e Romina Power, oltre a gruppi ‘progressive’ quali ‘Balletto di Bronzo’, di cui è uscito ora in edicola il loro primo album prodotto da noi all’epoca. Tali agenti ci segnalavano nuovi artisti ed autori delle loro aree

Per te è stato insomma applicare il significato del verbo to play…
E’ stato proprio così,  si imparava a lavorare lavorando forte, come se si andasse a bottega. Abbiamo commesso errori, prodotto artisti che hanno funzionato ed altri meno. Oggi, in epoca di rivoluzione sociale( più che tecnologica) è tutto scientificamente impostato in strategie di marketing  che tuttavia non sempre portano  risultati.

Insomma c’era un po’ di serendipity. E’ il caso di Alan Sorrenti che veniva da una storia di world music ante litteram…
Lui è nato con il progressive nel pieno degli anni Settanta, e fui il primo ad incontrarlo su segnalazione di un amico comune. Venne a trovarmi a Modena nel 1972 insieme a Tony Esposito guidando una Due Cavalli. Capelli lunghissimi ed  una pelliccia di lapin lunga fino ai piedi,  episodio che gli ho ricordato pochi mesi fa in occasione di una intervista per Rai 5 sulle hit italiane dove “Figli delle Stelle” rientrava . Alan debuttò nel 1973 con “Aria” , album di grande effetto, nel quale suonava un violinista eccezionale Jean-Luc Ponty, con cui facemmo anche un tour.  Ottimo il riscontro mediatico, meno quello commerciale. Seguì "Come un vecchio incensiere all’alba in un villaggio deserto"  e qualche anno dopo l’album “Dicitencello Vuje” versione particolare di un classico napoletano, originato da una intuizione casuale allorchè Sorrenti,  in attesa di iniziare un concerto, si mise a suonare  e canticchiare questa versione del brano che colpì chi lo ascoltava.
Così decidemmo di pubblicarlo. Poi si trasferì in California e lì nacque “Sienteme. It’s Time To Land”, inciso con musicisti americani straordinari coi quali facemmo anche un concerto in Piazza San Marco a Venezia, dove suonava prima Sorrenti poi Paul McCartney con band. Infine arrivò “Figli delle Stelle”, sempre concepito in America ed inciso con musicisti del calibro di Jay Graydon, e David Foster,  all’epoca ragazzini di Los Angeles che quando li sentitivi suonare ti venivano i brividi. Il brano nacque una sera quando Alan, uscendo da casa sua a Roma, si soffermò su uno splendido cielo stellato e pensò che in fondo eravamo tutti figli delle stelle.

All’epoca c’era già la percezione che a Modena si fossero concentrate delle capacità industriali ed artistiche?
Era precedente agli anni Settanta, perché già prima era la capitale del beat italiano. Nel caso di Alan Sorrenti, Napoli all’epoca era molto chiusa in sé con  realtà legate alla tradizione, nonostante i nuovi fermenti che poi esplosero. Un artista come Sorrenti, figlio di madre inglese e padre napoletano, aveva una vitalità differente da quella partenopea, e non è un caso che  a tutt’oggi Sorrenti sia scarsamente identificato in Napoli. Lo stesso Pino Daniele ha cominciato a Napoli uscendo poi dalla sua città. Chi è rimasto, come James Senese, non ha avuto il riscontro che meritava.

Com’è nata poi l’avventura come discografico?
Il mio approdo nel mondo dell’industria discografica è avvenuto più tardi, perché inizialmente frequentavo l’università, e solo per divertimento lavoravo in questo settore con i miei soci che erano quelli che portavano effettivamente avanti il lavoro. Erano gli inizi degli anni Ottanta, ci occupavamo di segretariato artistico, edizioni e produzioni per conto terzi. Lavoravamo in particolare con EMI e Polygram che ci conferivano incarichi con un budget per produrre artisti.  Poi l’assetto sociale di AlaBianca cambiò  e  decisi di indirizzarmi verso la discografia utilizzando risorse economiche dell’azienda. EMI fu in ns primo distributore. Ala Bianca, assieme all’attività editoriale  iniziò quella discografica con produzioni in proprio . Erano anni in cui furoreggiava la dance made in Italy con la quale abbiamo fatto grandissimi successi, anche se, la mia visione di discografico è sempre stata rivolta a più generi musicali, non al mono-prodotto

Com’è nato poi il contatto con l’Istituto Ernesto De Martino per la ripubblicazione de I Dischi del Sole?
Nel 1989, su segnalazione dell’amico Paolo Pietrangeli mi accostai ai Dischi del Sole. Andai all’Istituto De Martino che all’epoca era a Milano, dove trovai un ambiente particolarissimo, pieno di polvere ma ricco di documenti sonori e cartacei, argomenti sociali, politici... Conoscevo l’istituto ma non avevo avuto contatti. Pietrangeli mi raccontò le vicende di quella piccola ma gloriosa etichetta, dicendomi che si era fermato tutto, dopo il grande impatto di fine anni Sessanta.

Negl’anni sessanta I Dischi del Sole si vendevano alle Feste dell’Unità. Quei dischi avevano alla base un progetto editoriale importante, infatti al disco era allegata una dispensa che li analizzava contestualizzandoli. Ricordo anche i vari album legati all’America al Blues come a Woody Guthrie e Pete Seeger….
Infatti,   ma dopo la morte di Gianni Bosio(fondatore dell’Isituto De Martino) il meccanismo si inceppò, si fermarono completamente o quasi.  Dopo la visita all’Istituto, resomi conto dell’immenso patrimonio non più divulgato,  ne parlai in EMI  la quale dimostrò notevole interesse verso la ri-pubblicazione del catalogo perché erano album che avrebbero avuto sempre un futuro. Cosi feci un accordo con l’Istituto De Martino per ottenere in licenza I Dischi Del Sole. E questa preziosa  collana di musica popolare, opportunamente digitalizzata(erano i tempi dei primi CD) uscì nel mercato su una label di AlaBianca, unita allo storico marchio de I Dischi del Sole.  Un po’ la storia d’Italia attraverso le canzoni, dai canti giacobini del dopo rivoluzione Francese, ai canti garibaldini e dell’unificazione d’Italia,  passando attraverso i  canti dell’ emigrazione, del lavoro, del carcere, dell’ osteria, fino ai moti di Genova del 2001.

Quali sono i progetti futuri per i Dischi del Sole?
I canti riprodotti nei Dischi del Sole sono le nostre radici, la nostra identità, canzoni inventate dal popolo che noi abbiamo l’obbligo di continuare a promuovere attualizzandole attraverso iniziative sostenute da  un’adeguata  comunicazione. Per questo   stiamo lavorando con l’Istituto De Martino su vari progetti. Il più attuale celebra il Settantesimo Anniversario della Liberazione. Abbiamo indetto il concorso online “Disegnano Una Canzone” a cui potranno partecipare giovani vignettisti dai quindici ai trentacinque anni che invieranno una vignetta ispirata ad un canto della Resistenza. La giuria, presieduta da Sergio Staino,(sua la vignetta della copertina del doppio CD che verrà pubblicato), selezionerà i disegni migliori che verranno pubblicati  nel booklet che accompagnerà il doppio album di 40 brani (e 40 vignette)di canti della Resistenza. Abbiamo inteso riproporre le canzoni popolari di sempre ma viste con gli occhi di oggi da una nuova generazione che le ha ascoltate ed interpretate. Una visione attuale di quello che è stato ieri.

Pensi che sarebbe giusto portare nelle scuole questo patrimonio dei Dischi del Sole, come un argomento multidisciplinare…
Abbiamo tentata in occasione dei Centocinquanta anni dell’Unità d’Italia, attraverso la pubblicazione di un triplo CD, una fotografia cantata della storia della nostra nazione.  Abbiamo proposto il sussidio a vari editori scolastici senza ottenere consensi. Siamo tuttavia convinti che l’insegnamento  della storia d’Italia attraverso le canzoni sia più facile rispetto ai tradizionali libri con il cavallo bianco di  Garibaldi.

Quanti sono gli album de I Dischi del Sole ancora da pubblicare?
Non so dire quanti ne abbia l’Istituto De Martino, perché noi abbiamo pubblicato solo una piccola parte, addirittura c’è tanto materiale che deve ancora essere digitalizzato. Nel loro archivio hanno tutto ciò che è stato raccolto nel tempo. Verificando a fondo questi canti, non hanno tutti un carattere politico, pur essendo in gran parte veicolati come tali, i contenuti sono spesso sociali. Anche i canti d’autore(Marini, Della Mea, Pietrangeli,. Amodei, Bertelli…)attingono al sociale e, pur con connotazioni politiche, arrivano persino ad essere canti d’amore(ad es ‘Nina’ di Bertelli, tra le più belle canzoni d’amore mai scritte)

Qual è il disco più recente pubblicato da Ala Bianca?
Abbiamo appena pubblicato  ‘vdb23-nulla è andato perso’ un album postumo di Claudio Rocchi con  Gianni Marroccolo.  “VDB23 Nulla è Andato Perso”  è nato dal crowdfunding. Franco Fabbri, che era con Rocchi negli Stormy Six, ha realizzato un contributo video molto sentito.

In passato sei stato anche un insegnante, e so che in qualche modo stai continuando a farlo all’Università…
Si, faccio docenze saltuarie occupandomi di ‘applicazione del diritto d’autore a livello internazionale’ ai laureandi dell’ultimo anno. E’ piacevole e divertente. Credo anche doveroso trasmettere ciò che ho imparato negli anni., essendo stato sempre molto curioso in materia di diritto d’autore.  L’ho approfondito ed applicato perciò mi invitano a tenere lezioni a giurisprudenza ed economia. I docenti teoricamente conoscono tutto, ma l’applicazione del diritto è cosa ben diversa, la si apprende lavorandoci.

Da addetto ai lavori, ritieni che la musica dal punto di vista culturale riceva l’attenzione che merita nel nostro paese?
La risposta purtroppo la conosciamo.  Tuttavia mi è parso di intuire l’inizio di una fase di cambiamento.  Innanzitutto Siae, di cui sono membro del Consiglio di Sorveglianza,   sta facendo la sua parte. I nuovi organi( incluso il presidente Paoli, dimissionario) stanno dimostrando grande attenzione e sensibilità verso la cultura in genere, particolarmente verso la musica che rappresenta  oltre l’80% degli incassi Siae. Con la riforma in atto sì sono prese iniziative varie per valorizzare e tutelare le opere dell’ingegno. Partendo dal presupposto che i tempi sono cambiati,  è opportuno che Siae diventi anche uno stimolo per chi crea, oltre che tutela e sostegno.  SIAE sta intervenendo  a sostegno delle opere dei creativi e di numerosi eventi promossi da terzi . Ad es, da quest’anno i ragazzi fino a trent’anni non pagano più l’iscrizione. Si sta dando trasparenza all’informazione a favore  degli aventi diritto al fine di renderli più partecipi alla vita associativa dell’Ente e consapevoli, quindi bilanci più comprensibili consultabili online, servizi meno burocratizzati, sito adeguato… . A Genova, in occasione della recente alluvione, abbiamo realizzato il sito “La Siae per Genova” dove taluni artisti hanno reso disponibili  gratuitamente loro canzoni in streaming. Siae ha poi erogato seicentomila euro a piccoli esercizi commerciali che non riuscivano a riaprire. Vengono anche riconosciuti fondi a sostegno di iniziative istituzionali, ad organizzazioni senza scopo di lucro che operano nella musica, nel cinema, nel teatro…, iniziative meritevoli che da un lato sostengono la cultura, dall’altro migliorano  l’immagine di una Siae tradizionalmente vista come ‘esattore’.  Anche da parte dell’attuale ministro Franceschini sembra ci sia sensibilità verso il settore della musica, tant’è che gli si deve la firma del decreto sulla ‘copia privata’ , un beneficio notevole a favore degli aventi-diritto autori/artisti che consentirà un miglioramento significativo dei diritti che si incasseranno.  Va riconosciuto alla musica un ruolo effettivo, non solo d’evasione e per questo va sostenuta, protetta, valorizzata perché la cultura italiana  non è solo monumenti e bellezze di paesaggi.

Qual è il futuro del diritto d’autore in un momento in cui dominano YouTube e Spotify…
Il futuro è nella tutela del diritto.  Amazon, Google, ecc, colossi multinazionali in grande competizione, tendono al monopolio del mercato attraverso il controllo dei diritti. Per questo la loro tutela è fondamentale. I diritti che in passato maturavano a favore di canzoni riprodotte su supporto fisico(CD od altro) erano relativamente facili da tutelare, controllare e monetizzare. Infatti per  far arrivare una canzone ad un dj di radio in California bisognava spedire il CD. Ora, pochi istanti dopo la pubblicazione digitale in un qualunque store, o su you tube, il brano può essere utilizzato/suonato in qualunque parte del mondo. Ciò significa che la protezione del diritto d’autore è più complessa, così come la monetizzazione degli eventuali proventi che maturano. Per questo i brani vanno tutelati attentamente attraverso un dinamico ed attivo lavoro di editori collegati a tutte le società di collecting nei vari paesi del globo. A nostra volta ci siamo dotati di un network  internazionale costituito da Sub editori che operano nei vari paesi nello stesso modo in cui AlaBianca opera in Italia attraverso Siae.  In passato ho lavorato parecchio in Asia, paesi lontani, taluni di difficile controllo.  Erano gli anni del CD, ma ho  capito fin d’allora quanto fosse necessario(ed opportuno) tutelare il diritto  di chi mi ha conferito la sua opera. La  tutela dei diritti nel mondo è anche uno strumento di difesa  E’ poi vero che le remunerazioni arrivano anche attraverso operazioni particolari di marketing(vedi l’operazione degli U2, testimoni apple per il lancio dell’ I-Phone 6, che per un mese hanno distribuito gratuitamente il loro nuovo album) e dall’attività live che consente anche all’artista di guadagnare un compenso extra-diritti

Pensi che la rivoluzione nella musica sia cominciata quando Steve Jobs ha cominciato a vendere i brani a 0,99 dollari per tutti?
La musica rimane sempre la stessa, frutto di creatività, passione e lavoro. Il modo di fruirla è cambiato da quando si utilizza internet.  Ho già detto  che  stiamo vivendo una rivoluzione sociale, culturale, oltre che tecnologica. Le nuove generazioni non conoscono il CD. Jobs ha capito l’importanza della rete ed ha inventato tecnologia e software adatti a  raccogliere informazioni digitali e diffonderle.  E’ sicuramente un vantaggio, un privilegio per il nostro lavoro perché consente la circuitazione di opere in tutto il mondo ed in tempo reale, opportunità che in passato apparteneva solo alle majors.  Le piccole realtà come la nostra devono tuttavia tutelarsi  attraverso società di collecting serie, quali  SIAE che dal 2016, a seguito dell’entrata in vigore della normativa europea, cesserà il ruolo monopolista con benefici da parte degli associati che  godranno di ulteriori diminuzioni delle provigioni,  della possibilità di effettuare depositi di opere online, ecc.   Ritengo  tuttavia esclusa la concorrenza  di altra società di collecting  sul territorio poiché anche negli altri stati esiste un monopolio di fatto.  In passato ho lavorato parecchio in Asia, In passato ho lavorato parecchio in Asia, paesi lontani, taluni di difficile controllo.  Erano gli anni del CD, ma ho  capito fin d’allora quanto fosse necessario(ed opportuno) tutelare il diritto  di chi mi ha conferito la sua opera. La  tutela dei diritti nel mondo nel mondo è anche uno strumento di difesa.

Antonio "Rigo" Righetti
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