Booker T. - Sound The Alarm (Stax, 2013)

Il soul non mente. Mai. Il soul è il genere che fa riferimento all’anima dell’uomo, quello che sentiamo quando si spengono le luci e c’è quello sfarfallio, che segue il momento della coscienza e quello del sogno. Lì c’è l’anima, e Booker T. è uno che conosce bene, molto bene, quel luogo esoterico. Ricordate che l’elemento più uncool di ogni gruppo è il tastierista, diciamo il più nerd. Pochi si sono sottratti alla gogna, e sto parlando in primis di Booker T, ma anche di Garth Hudson e Richard Manuel (se non sapete di chi sto parlando potete accomodarvi alla porta...) oppure Roy Bittan e Danny Federici, Gregg Allman e pochi altri. Booker è tornato all’ovile della Stax, abbandonato agli inizi dei seventies, quando la sua formula strumentale coi fidi Mg’s del grande Steve Cropper e Donald Duck Dunn, oltre al genio di Al Jackson alla batteria impazzava. Booker col suo B3, i suoni e i fraseggi assolutamente godibili e eleganti rappresentava il non plus ultra del soul. Soul inteso, non filosoficamente come fanno alcuni epigoni del genere moderno, ma piuttosto come un genere dalla grande fruibilità, uno dei miei pallini. Il disco che sto ascoltando ora, Sound The Alarm, ha diversi gradi di approfondimento, quello ludico, quello classico e più imparentato col blues, qualche ammiccamento a un genere soul che tenta di coniugare il mercato col fare musica di qualità. D’altronde il grande scaffale del soul ha sempre perfettamente coniugato qualità e mercato, penso a Marvin Gaye o Stevie Wonder, Otis Redding o James Brown, gente che voleva vendere, e ci riusciva, ma lo faceva con una qualità enorme, grandissima, a volte ineguagliabile, argomentando di amore ma anche di ingiustizia, di diritti umani e sound sovraumano. Quando le mani di Booker T. scorrazzano sulla tastiera del suo Hammond e i peli non vi si rizzano dovete andare da uno specialista bravo. Inoltre è un disco che non si può ascoltare mentre si fa qualcos’altro senza sentirsi in colpa. La lista degli ospiti è equilibrata, con un occhio al soul moderno, ma anche al sound rock di classe dei Vintage Trouble e del bravo Gary Clark Jr. Soul che non mente. Mai.




Antonio "Rigo" Righetti
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