Val Bonetti – A World of Lullabies (Felmay, 2022)

C’è chi sentenzia di musica italiana senza ispirazione, appiattita o, peggio, schifosa. Le cose stanno diversamente: le sorprese non mancano se si seguono sentieri non mainstream (ed anche sulla musica più mediaticamente visibile occorrerebbe fare dei distinguo), come quelli del folk che trovate in queste pagine. Prendete Val Bonetti, milanese classe 1976, chitarrista di formazione jazz e fingerstyle, didatta con una significativa discografia alle spalle e numerosi riconoscimenti (tra cui il Premio New Sounds al Guitar Meeting di Sarzana). Tra i numi tutelari del chitarrista milanese ci sono senz’altro i maestri della chitarra folk americana, i chitarristi britannici degli anni '60 e '70 e gli artisti del jazz fingerstyle. Bonetti si è messo in viaggio, affrontando lo studio delle ninna-nanne tradizionali, che ha trasposto sul suo corredo di chitarre. Ha realizzato un manuale per chitarristi con trascrizioni, intavolature delle ninna-nanne e consigli ed esercizi tecnici rivolti all’apprendente (“Ninna Nanne tradizionali per chitarra fingertsyle”) e “A World of Lullabies”, album pubblicato dall’attenta label Felmay. Come scrivono Roberto Leydi e Sandra Mantovani nel “Dizionario di Musica Popolare Europea”, le ninna nanne “mantengono elementi costitutivi assai antichi e testimoniano degli stadi più arcaici dell’espressività tradizionale”. Siamo di fronte a una forma di comunicazione polisemica e plurima in cui si intrecciano movimento e suono, si mettono in moto processi simbolici e di inculturazione; le ninna nanne sono contrassegnate da una profonda relazione emozionale. La scaturigine di questo originale progetto di Bonetti è da ricondurre alla nascita del suo primo figlio, che lo ha fatto avvicinare al mondo musicale e culturale delle ninne nanne. L’album si avvalso di un crowdfunding e una parte dei proventi, inoltre, è devoluta a favore dell’Associazione Famiglie LGS Italia che si occupa di dare sostegno alle famiglie di giovanissimi affetti da una rara forma incurabile di epilessia infantile, la sindrome di Lennox-Gastaut, che rallenta lo sviluppo cognitivo e produce disturbi della personalità. Chitarra acustica (Martin acustica CEO-7 modello 00 e Ennegi in carbonio), dodici corde (Cort Jumbo 12 corde Custom), classica baritona (Attilio Zontini), elettrica (Gibson SG ’62 Reissue), resofonica (National M-2) e una chitarra per bambini (Startone ¾) sono gli strumenti con cui Bonetti ha affrontato la rilettura, senza intenti filologici ma esaltando il proprio punto di osservazione, privilegiando un approccio non lezioso né tantomeno a effetto. Ha colto la profondità essenziale di queste melodie provenienti da Europa, Africa, Sud America e Vicino Oriente, tratteggiando atmosfere alquanto diverse, che non sempre assecondano i suoni dei Paesi da cui provengono i brani, tutti tradizionali, lasciando spazio a forme di improvvisazione e a incroci tra stili e forme. Per un approfondimento sul lavoro, Bonetti si racconta alla rivista fingerpickin.net, per la quale ha pubblicato il volume-manuale di cui si è detto poc’anzi. Gli undici motivi del disco (i sostenitori del crowdfunding hanno ricevuto un album contenente due brani extra: una ninna-nanna corsa, “O Ciucciarella”, e l’americana “All the Pretty Little Horses”) sono interpretati in solo, in coppia o in trio, con musicisti che hanno suonato in studio in presa diretta o a distanza, poiché il lavoro, realizzato in parte nel periodo del lockdown, è stato registrato nell’autunno 2020. L’apertura è in solitaria con “La Siminzina”, un tema siciliano dalla raccolta di Lionardo di Vigo ripreso, com’è noto, anche da Rosa Balistreri, suonata alla chitarra resofonica con un’accordatura aperta (DGDGBbD) che fa incontrare paesaggi nordamericani e Mediterraneo. La kora di Cheikh Fall duetta splendidamente con la dodici corde e l’acustica in due ninna-nanne di area africana occidentale (la senegalese “Ayo Nèe Ne” e la maliana “Makun”). In “Se Essa Rua Fosse Minha”, una cantiga da roda (una filastrocca) brasiliana del XIX secolo di sapore franco-africano, Bonetti è affiancato dal contrabbasso di Marco Ricci. Ritorna in solo per eseguire “Peis Dinogat”, una rima infantile di origine gallese, per poi proporre “Duerme Negrito”, dove alle percussioni c’è Alberto Pederneschi: è un tema proveniente da una regione al confine tra Colombia e Venezuela, scoperto dal grande chitarrista e compositore argentino Atahualpa Yupanqui. In trio di batteria (ancora Pederneschi), ‘ūd (Peppe Frana) e chitarra elettrica viene trattata con ottima verve la melodia iraniana “Gonjeshk Lala”. Pure, colpiscono il duetto chitarra acustica-mandola (suonata da Massimo Gatti) nella ninna nanna turca “Dandini Dandini Dastana” e l’arrangiamento della bulgara “Polegnala e Todora”, sviluppata sul ritmo dispari di una danza kapanitsa. Invece, dalle latitudini boreali arriva “Nuku Nuku”, brano kareliano, in cui Val imita il suono della cetra kantele sulla dodici corde, e che condivide l’accordatura open D minor con la conclusiva composizione armena di area siriana “Kessabi Oror”, quest’ultima interpretata con Nadine Jeanne alla voce e Simone Massaron alla chitarra elettrica che si muove all’unisono con la resofonica. Un lavoro che rivela sensibilità ed estro, si connota per la bella ispirazione, per la maestria nell’adattamento e nell’esecuzione e che si ascolta con gran piacere. 


Ciro De Rosa

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