Vincenzo Caporaletti, I processi improvvisativi nella musica. Un approccio globale, LIM, 2005, pp. 508, Euro 34,00

Il volume “I processi improvvisativi nella musica” ha il merito di considerare il fenomeno dell’improvvisazione in termini “globali” (come si specifica nel sottotitolo), vale a dire valutando con dettagli sia teorici che empirici tutti gli elementi che (da direzioni e assumendo gradualmente forme e pesi differenti) confluiscono su un procedimento tanto diffuso quanto complesso e indagato in seno a differenti ambiti disciplinari. Complesso perché – come ci spiega l’autore Vincenzo Caporaletti, musicologo, compositore e musicista – il fenomeno ha evidentemente dei riflessi non soltanto “tecnici” o esecutivi, e quindi pratici, ma anche culturali, e quindi storici e sociali. Complesso, infine, perché può assumere – come avviene ovviamente anche in altri ambiti della produzione e organizzazione del sapere – significati e sfumature tanto distanti tra loro quanto lo sono i modi attraverso cui li si esprime. Visto da questa prospettiva il processo improvvisativo assume vari profili e non si coagula in modo definitivo o esaustivo in nessuna delle definizioni che fin qui sono state avanzate per definirne modalità, forme e caratteri. Al contrario, per accertarne non tanto la forma oppure gli elementi basilari che lo costituiscono, ma piuttosto la fenomenologia e il suo significato strutturale di pratica diffusa e in evoluzione, lo sguardo dello studioso abbraccia un’area multidisciplinare – che interessa le discipline sociali, quelle musicali, alcune riflessioni filosofiche, la storia, la psicologia – e, allo stesso tempo, prova a dare forma all’empirismo, alla pratica praticata. In questo scenario assumono uguale rilevanza sia il processo di analisi e contestualizzazione degli studi sull’argomento (necessario a ricondurre il fenomeno dell’improvvisazione musicale alla storia delle interpretazioni che ne sono state date, che riflettono allo stesso tempo la natura del significante e i significati che, in base ai contesti di studio, questo ha assunto), sia l’analisi “interna” del processo, che ha un valore soggettivo e allo stesso tempo culturalmente connotante. Caporaletti aggiunge a queste prospettive di indagine anche una riflessione più profonda, che coincide con l’introduzione di alcune categorie interpretative emerse da concetti e infrastrutture teoriche originali, come il “principio audiotattile”, l’“estemporizzazione” e la “codifica neoauritica”, alle quali ha dedicato altri lavori specifici, precedenti a questo. L’approccio globale dell’analisi dell’improvvisazione musicale è infine evidenziato in una scelta metodologica che include aree di produzione musicali differenti in una scala comparativa di ampio spettro. Anzi l’approccio riferisce allo stesso modo di fattori esaminati un quadro sia diacronico che sincronico e pone questioni interessanti legate non solo alle discipline di riferimento dell’autore (antropologia, psicologia cognitiva, musicologia, etnomusicologia), ma anche a numerosi aspetti formali, esaminati in una prospettiva interculturale (musiche di tradizione orale, musiche occidentali non colte, wolrd music, popular music). In questo quadro, una volta affrontato l’argomento in termini teorici (in riferimento alla storia degli studi, allo sviluppo della speculazione teorica e al dibattito scientifico contemporaneo, alla rilevazione di modelli, tipologie, caratteristiche e strutture) si passa ai “linguaggi dell’improvvisazione”, analizzando i “concreti processi improvvisativo-musicali presenti in varie attestazioni culturali”. Tra queste “attestazioni” l’autore esamina la produzione musicale dell’Africa centro-occidentale (“Le culture del rãga”, “Le culture del maqãm”, “Le culture del pathet”), la musica d’arte occidentale e la musica afro-americana. 

Daniele Cestellini

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