Fabrizio De André – Anime Salve (Legacy Edition) (Sony Music Italy, 2017)

Il 1996 fu un anno straordinario per la scena musicale italiana e basta scorrere le pagine di un immaginario annales per scoprire come nell’arco di quei dodici mesi, vennero pubblicati dischi memorabili da “Linea Gotica” dei C.S.I. a “Hai paura del buio?” degli Afterhours, passando per “Macramé” di Ivano Fossati, ma soprattutto “Anime Salve” di Fabrizio De André, l’ultimo album prima della sua prematura scomparsa. In quelle nove canzoni era contenuto il testamento spirituale e la summa dell’immaginario poetico del cantautore genovese e quando arrivò nei negozi, l’apprezzamento di pubblico e critica ne decretarono il successo. A vent’anni dalla sua pubblicazione la Sony ha dato alle stampe una elegante e raffinata “Legacy Edition” che propone su triplo disco in vinile e doppio cd, l’album in versione originale, e la sua riproposizione canzone per canzone in versione live tratta dal tour del 1997, il tutto accompagnato da uno splendido booklet contenente un testo inedito di John Vignola. Sebbene questa ristampa non presenti gli inediti o le rarità in cui si poteva sperare (ad esempio la versione in spagnolo di “Smisurata Preghiera”) ma solo la riedizione di materiali già noti, quello che colpisce a prima vista è la grande cura con la quale è stata realizzata. Basta, infatti, aprire il cofanetto della versione in vinile per scoprire le copertine degli Lp realizzate in carta speciale Fedrigoni, ma la magia pura arriva nel momento esatto in cui la puntina tocca il vinile. Un leggero fruscio, il rumore del motore che copre il vociare dei carrugi di Genova o delle favelas di Bahia, le risate di alcune donne, e poi la voce di Fabrizio De André che ci svela la storia in “Prinçesa”. Si apre, così, “Anime Salve”, un itinerario sonoro e poetico denso di suggestioni attraverso il quale ripercorrere le rotte esplorate dal cantautore genovese nel suo ultimo viaggio, quello in cui aveva spostato ancora più avanti i confini delle sue ricerche, intraprese nel 1984 al fianco di Mauro Pagani con “Creuza de mä”. 
Gli incroci e gli attraversamenti tra i suoni del Mediterraneo intessuti nella poesia di un genovese arcaico erano stati il punto di partenza per un’indagine a tutto campo tra musiche e culture differenti che proseguì, sebbene su rotte differenti, anche nel 1990 con “Le Nuvole”. Proprio quest’ultimo raccoglieva due perle come “Mégu Megùn” e “’Ā Çìmma”, scritte a quattro mani con Ivano Fossati. L’intesa compositiva sperimentata con quest’ultimo si consolidò qualche anno dopo, quando prese corpo l’ipotesi di realizzare un album in coppia. Per alcuni mesi si scambiarono idee, progetti e reciproche ispirazioni che pian piano divennero canzoni. Fu allora che decisero di spostarsi a Longino, sulle colline romagnole, per dare avvio alla fase di pre-produzione, alla quale presero parte anche Beppe Quirici, nelle vesti di produttore di Fossati, e Piero Milesi che fu coinvolto da De André per la cura degli arrangiamenti. Le cose funzionarono per qualche tempo ma, di lì a poco, si consumò la rottura sulla direzione musicale che avrebbe dovuto intraprendere il disco. Decisero, così, di prendere strade diverse con Fossati intento a portare a termine il suo “Macramé” che sarebbe uscito a maggio del 1996 e De André che si concesse un soggiorno nell’amata Sardegna. Al suo ritorno riprese in mano il progetto insieme a Piero Milesi a cui fu affidata la produzione ed il figlio Cristiano che si ritagliò un ruolo di rilievo destreggiandosi tra vari strumenti a corde, ad accompagnarli c’erano anche la moglie Dori Ghezzi e la figlia Luvi alle voci e un ampio cast di strumentisti tra cui spiccavano, tra gli altri, Ellade Bandini alla batteria, gli archi de Il Quartettone, il percussionista brasiliano Naco, il suonatore di cymbalon Sàndor Kuti, il russo Vladimir Denissénkov alla fisarmonica, Cecilia Chailly all’arpa, Mario Arcari ai fiati e Riccardo Tesi all’organetto. 
Il lavoro svolto con Fossati fu arricchito da un lavoro di orchestrazione straordinario nel quale aperture orchestrali si mescolavano a passaggi strumentali in cui dialogavano suoni e colori musicali differenti a comporre un ideale rotta che si dipana da Genova ai Balcani, dal Brasile al bacino del Mediterraneo. Riascoltare oggi “Anime Salve” su disco in vinile ci restituisce intatta tutta la sua bellezza, proprio come uno splendido affresco ritrova i suoi colori originari dopo un restauro. Ritroviamo la struggente intensità delle sue storie pasoliniane e dei suoi ritratti pennellati tra luci ed ombre caravaggesche, la potenza evocativa della sua coralità e nel contempo l’intreccio di suoni che in maniera sorprendente si riannoda alle tematiche dei vari brani. Il toccante racconto di “Prinçesa”, ispirata all'omonimo romanzo di Fernanda Farias de Albuquerque ed intessuta tra la canzone d’autore italiana e quella brasiliana, apre il disco conducendoci dritto a quel gioiello che è la struggente “Khorakhané”, impreziosita dai versi in lingua rom cantati da Dori Ghezzi sul finale. Il duetto con Ivano Fossati della monumentale title-track si muove tra chiaroscuri di rara eleganza che evocano gli spiriti solitari delle anime salve, e ci guida a “Dolcenera”, una storia d’amore tutta giocata tra allusioni e metafore impreziosita dalla fisarmonica di Gianni Coscia. Se il crescendo de “Le acciughe fanno il pallore” si dipana nell’interplay tra le corde di Cristiano De André, il flauto di Mario Arcari e le percussoni di Naco, la successiva “Disamistade”  è una ballata tagliente dalle aperture orchestrali in cui ritorna, sullo sfondo, il profondo legame con la Sardegna e nel contempo denuncia le faide che si consumavano negli ambienti rurali dell’isola. Il duetto in genovese con Ivano Fossati nella brillante “Â cumba” ci conduce al finale in cui spiccano i due grandi capolavori del disco, l’autobiografica “Ho visto Nina Volare” e “Smisurata Preghiera”, libera variazione da “Summa di Maqroll il gabbiere” di Alvaro Mutis, che si snoda tra la prima parte dominata dalle percussioni e dal pianoforte e la coda strumentale nella quale gli archi dialogano prima con le mankoeddas di Mario Arcari e poi con l’organetto di Riccardo Tesi. E’ il riscatto dei personaggi che popolano il disco, di “chi viaggia in direzione ostinata e contraria, col suo marchio speciale di speciale disperazione fra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi per consegnare alla morte una goccia di splendore... Di umanità.. Di verità...”. “Anime Salve” è, dunque, un disco epocale da riascoltare con attenzione, proprio come lo fu il tour con il quale Fabrizio De Andrè lo presentò dal vivo e di cui ci è offerto un saggio nel doppio album che raccoglie le registrazioni del concerto di Montichiari del 1997. 


Salvatore Esposito


Da “Macramé” a “Anime Salve”: il ricordo di Riccardo Tesi
Fabrizio De André aveva molto apprezzato “Coa de Lop” la versione in occitano di “Coda Di Lupo” che avevamo inciso io e Patrick Vaillant per “Canti Randagi”, e ebbi modo di conoscerlo personalmente durante un concerto di presentazione del disco. In quell’occasione gli diedi una copia di “Un ballo liscio” che a lui piacque molto, tanto è vero che ne parlò spesso in diverse interviste. Successivamente, quando Fabrizio De André cominciò a collaborare con Ivano Fossati per la realizzazione di “Anime Salve”, fui contattato dal management per partecipare alle registrazioni. Ad un certo punto però, dopo la fase di pre-produzione, la loro collaborazione si interruppe e saltò anche la mia partecipazione. Intanto venni contattato da Beppe Quirici, il produttore di Ivano Fossati, per partecipare alle incisioni di “Macramé” ma poco tempo dopo arrivò la seconda chiamata da Fabrizio De André. Fui contattato, infatti, da Piero Milesi per partecipare proprio alle registrazioni di “Anime Salve”, nelle quali inizialmente lui aveva pensato di coinvolgere Dino Saluzzi. Fu, però, direttamente De André a volermi e, così, fui convocato agli studi Metropolis di Milano. Cominciai a lavorare verso le due del pomeriggio con Milesi e proprio in quel momento nacque la nostra grande amicizia che è durata poi nel tempo, fino alla sua prematura scomparsa. Dopo un po' arrivò anche Fabrizio De André e suonare con lui dall'altra parte del vetro non è esattamente una cosa che accade tutti i giorni. E' stata una grandissima emozione, era un momento importante della mia vita, era la realizzazione di un sogno. Non lo avrei mai nemmeno immaginato. Ci fu grande sintonia e la cosa che mi colpì di lui fu la sua capacità da produttore di saper scegliere la take giusta. Come dico sempre, i dischi sono il risultato di una serie infinite di scelte, perché ogni volta che fai una cosa hai sempre due alternative questa è buona o questa non è buona. Usiamo questo o quello. Lui era uno che infilava tutte queste risposte positive e sapeva bene dove andare. Questo l'ho visto lavorandoci in studio e me lo aveva confermato anche Milesi, parlando in quei giorni. Aveva questa capacità di intuire la direzione giusta dell'interpretazione musicale e nel mio caso. Tra le varie take che abbiamo fatto della stessa canzone, riascoltavamo tutto e aveva sempre ragione lui. Era una persona molto lucida, molto attenta in studio. In quei giorni, Fabrizio è stato sempre molto carino con me. Ricordo che quando lui andò a casa, io continuai a suonare fino alle due di notte perché la coda del disco di Smisurata Preghiera l'ho registrata tra l'una e le due di notte. Era la cosa più difficile perché era un brano in cui c'erano questi archi suonati con dei respiri in maniera un po' libera e per prendere l'onda giusta ci misi un po'. Ad un certo punto sentii di aver fatto il take perfetto e Milesi disse che era ottimo e potevamo farlo ascoltare l'indomani a Fabrizio. Il verdetto fu positivo perché seppe scegliere la versione giusta. All’epoca in studio ebbi una visione parziale dei brani, perché il brano prendeva forma in studio man mano che si registrava. Era un metodo di lavoro diverso da quello di Fossati, il quale aveva già chiare le idee su quello che doveva esserci in un brano. Quando lavoravo con lui, si limitava a darmi i pezzi, e mi lasciava libero di cercare le mie parti. Non mi dava mai cose scritte, se non qualche appunto con il tema. Questo mi permetteva di entrare in studio sapendo già il modo in cui indirizzare il mio lavoro. “Anime Salve” invece era un disco molto arrangiato, c’erano delle melodie da fare e il mio apporto creativo si è limitato all’interpretazione di quello che avrei dovuto suonare. Quando si lavora in questo modo vai direttamente sulla parte che devi suonare non ascolti tutta la canzone. Certo la coda finale del disco con gli archi era bellissima. Io sono stato sempre un fan di Fabrizio De André e soprattutto gli ultimi dischi sono stati capolavori e su tutti “Crêuza de mä”. Anche “Le Nuvole” era splendido e lavorando ad “Anime Salve” sentivo che stavo facendo una cosa importante per la mia vita, anche se era limitato ad un turno in studio della durata di un giorno. Questa cosa mi ha aiutato molto nella mia carriera. E' stata un esperienza musicale ed umana molto bella, poi è nata anche l’amicizia con Piero Milesi. Insomma è stato uno dei bonus della mia vita. Un altro ricordo bellissimo che ho, risale a quando uscì il disco. Io ero ad Alghero per una vacanza con la mia famiglia e lo acquistai là. Quando lo ascoltai per la prima volta e sentii la voce di Fabrizio e il mio organetto… mi batte forte il cuore ancora oggi. Quello fu un anno davvero magico e di grande lavoro perché suonavo tantissimo, poi ci fu la nascita di mia figlia e la partecipazione a “Macramé” e “Anime Salve” e questi due dischi furono la colonna sonora perfetta. 


Adattamento da un’intervista a cura di Salvatore Esposito

I giorni di “Anime Salve” nel racconto di Dario Zigiotto
All'epoca lavoravo ancora a Villa Arconati e intorno al 1995 Adele Di Palma mi ingaggiò per la sua agenzia, tanto è vero che successivamente mi licenziai dal comune per lavorare con Cose di Musica. Fu lei ad anticiparmi il progetto di quello che fu poi "Anime Salve" chiedendomi cosa ne pensassi. L'idea iniziale era quella di mettere in collaborazione diretta due veri e propri miti, da un lato Ivano Fossati che in quel momento si stava affermando con dischi come “La Pianta del Tè” e dall'altro Fabrizio De André che era ormai uno dei grandi della canzone colta. Le valutazioni ruotavano essenzialmente intorno all'interrogativo se il più forte tra i due potesse cannibalizzare l'altro o su chi tra i due era il più debole e potesse appoggiarsi al più forte. Alla fine la collaborazione si concretizzò e questo, tanto per la straordinaria qualità dei due soggetti, quanto anche per il fatto che non c’era alcun problema di relazioni umane o artistiche. Non a caso che erano titolari al cinquanta per cento dei diritti SIAE, cosa rara trovare nel mondo della musica una così equa ripartizione. Consideravo quella collaborazione una vera e propria svolta nella storia della canzone italiana perché in qualche modo la scuola ligure aveva veramente sfondato. Partii con grande entusiasmo e per capire quello che provavo in quel momento, basta immaginare come si può sentire un appassionato neofita che viene coinvolto in un progetto come quello, per occuparsi dalle più piccole alle più grandi operazioni. In particolare, curavo l'ufficio stampa interno, una sorta di affiancamento al management sul fronte della comunicazione. In qualche modo alimentavo, dal punto di vista dell'artista, l'ufficio stampa che in questo caso era quello della casa discografica e poi c'era Monica Passoni che invece si occupava delle relazioni esterne. Ricordo che lavoravo ancora in comune e il centralino mi chiamò dicendomi che c'era una persona con la voce di De André che mi cercava. Risposi al telefono ed era proprio Fabrizio che era lì con Ivano Fossati, e mi disse che avevano in mente un progetto sul nomadismo, perché evidentemente non era ancora chiaro il progetto e il soggetto del disco "Anime Salve". Visto che lavoravo in comune, mi chiesero se avevo contatti con i servizi sociali per trovare un campo rom disponibile ad ospitarli per tre o quattro mesi, in modo che potessero scrivere il disco dall’interno. Era straordinaria questa tecnica di scrittura che aveva De André. Se con Mauro Pagani aveva viaggiato attraverso il Mediterraneo allo stesso modo pensava di poter vivere in una roulotte insieme a dei rom. Gli risposi che quelli che conoscevo erano tutte persone affidabili e per bene, ma gli ricordai che era già stato rapito una volta. Cosa poteva succedere se un malintenzionato avesse capito l'importanza dell'operazione? Mi diede ragione. Gli dissi, poi, che proprio in quei giorni la Nuova Compagnia di Canto Popolare aveva pubblicato il disco dal titolo “Tzigari” e lui ci restò un po’ male perché gli avevano bruciato il contenuto. Insomma, questo era il progetto in nuce, poi prese una piega metafisica, filosofica dal punto di vista sociale e culturale per cui le “Anime Salve” sono diventate una metafora di una denuncia sociologica precisa. Feci poi una ricerca per trovare un rom che potesse fare la traduzione della parte corale di “Khorakhanè” e coinvolsi questo mediatore culturale Giorgio Bezzecchi, che il comune di Milano per le problematiche sui rom e scriveva anche sui giornali. Emblematico per uscire dal luogo comune della tirchieria genovese, fu quando lui chiese una cifra per il compenso e Fabrizio gli diede il doppio.  Fabrizio e Ivano andarono in una casa di Beppe Quirici, non ricordo se fosse in Versilia o comunque in Toscana. Lì trascorsero sei mesi per scrivere il disco e mi raccontarono che il verso "Mastica e sputa da una parte la cera, mastica e sputa da una parte il miele" era ispirato ad una tecnica che avevano visto in Basilicata. Io sono innamorato di questa tecnica di lavoro, perché parlando di musica popolare in questo caso possiamo parlare veramente di arte del popolo. Un disco così con immense sfumature lirico-sinfoniche da orchestra classica con gli arrangiamenti di Milesi che vertevano proprio su questa enfasi. In questo senso, mi piace ricordare il ruolo che ebbe a livello ispirativo Alvaro Mutis, il quale fu presenta anche alla conferenza stampa di “Anime Salve”, le sue parole erano una metafora filosofica altissima alla cui base c’era uno studio quasi pasoliniano dello spirito popolare della solitudine, fuori dalla classe fuori dal concetto e dal ceto. Nella cultura popolare i personaggi e i villaggi come vengono consumati. I problemi tra Ivano Fossati e Fabrizio De André si posero sulla produzione dal punto di vista artistico. Piero Milesi che, purtroppo ci ha lasciato troppo presto, e Beppe Quirici avevano visioni differenti e li portarono in qualche modo allo scontro, ma non fu un litigio reale. Erano due grandi amici e rimasero tali. Conclusa quella parentesi, Fossati pubblicò con sorprendente tempismo “Macramé”, un disco bellissimo che aveva già registrato e prodotto, tanto è vero che fu presentato in tour prima di “Anime Salve”. Non fu un disco di disturbo ma un lavoro di pregio da cui nacque un tour a cui presero parte molti artisti come Riccardo Tesi, i Mau Mau, gli Yo Yo Mundi e gli Avion Tavel. Alla notizia dell’uscita del disco non so se Fabrizio ci rimase male o meno, ma lui era molto concentrato sul suo lavoro. La voce di Ivano, comunque, è presente in “Anime Salve” e in questo caso la mediazione fu di Dori. Quando finiva di registrare Fabrizio, arrivava Ivano incideva la sua pista, ma questa era proprio una sua tecnica di lavoro, tanto è vero che la utilizzò anche con Gennari nella scrittura del libro. Fabrizio che stava sveglio la notte scriveva delle pagine e lasciava il file aperto e la mattina arrivava Gennari e proseguiva o integrava Un’altra esperienza particolare, la ebbi quando dovetti andare a rintracciare i transgender che avevano fatto i corsi di “Prinçesa” perché la casa discografica aveva bisogno delle liberatorie. Dovetti faticare non poco per scovarle dove le avevano trovate i musicisti, girando dalle parti di Melchiorre Gioia a Milano. Nei giorni prima dell’uscita di “Anime Salve” accadde una cosa che mi emozionò molto. Fui invitato una sera a casa di Fabrizio De André e Dori ci servì una bella cena durante la quale parlammo di tutta l'opera e poi fino alle cinque del mattino lui mi dettò il comunicato stampa. Io scrivevo sul mio portatile che all’epoca ero uno dei pochi ad usare il quel giro, e partecipavo in maniera, per così, dire grammaticale. Vista la lunghezza, gli dissi che i giornalisti già scrivevano poco, figuriamoci se potevano leggere tanto. Venne fuori un comunicato stampa di due pagine e mezzo fittamente scritte. Io gli feci osservare che mi sembrava troppo dare ai giornalisti un comunicato di quel genere perché temevo che si potessero annoiare. Lui mi rispose, dandomi una lezione: "Proprio perché ciascuno vuole emergere interpretando a modo suo io voglio essere preciso. "Porto il nome di tutti i battesimi" che deriva dalle culture sinti-rom lo devono scrivere come lo dico io, altrimenti ognuno giocherà a fare l'esegeta a modo suo”. Alla fine volle che gli garantissi che avrei portato personalmente al direttore della Ricordi il dischetto con dentro il testo. Era terrorizzato che potesse andare in altre mani e finisse alla stampa prima o bruciare l'esclusiva con qualcuno. Fui, poi, testimone del momento in cui Fabrizio De André ed Ivano si ritrovarono. Questo è un vanto che ho come persona non come professionista. Andai al concerto del tour di Anime Salve al Pala Dozza di Bologna e ad un certo punto mi arrivò la notizia che sarebbe venuto Ivano a salutarlo. Allora mi fu detto pensaci tu e fai in modo che non ci sia nessuno che possa scambiare questa cosa per una questione di agenzia. Evidentemente devo avere questo dono di canale diplomatico o sono così credibile umanamente o non conto nulla dal punto di vista professionale che mi trovo spesso in questo ruolo di ricostruttore. Vado a prendere Ivano nel retro lo porto dentro, era molto emozionato. Poi ero suo amico d a molto prima e lo portai dentro. Fabrizio lo abbracciò. Si abbracciarono e si commossero entrambi. Si misero poi a parlare in genovese stretto e a quel punto feci per andar via. E mi dissero di restare ma non mi sembrava giusto. Mi sembrò più corretto andare e lasciarli soli, dentro però ero felice come persona per aver assistito ad un momento così emozionante. A volte il mondo sa essere veramente molto poetico quando si libera di pressioni che erano invitabili tra due grandi artisti come loro.  Questa cosa mi ha commosso molto, anche pensando poi alla morte di Fabrizio sarebbe stato brutto che rimanesse qualcosa in sospeso tra loro.


Adattamento da un’intervista a cura di Salvatore Esposito

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