Marco Pacassoni Quartet – Grazie (I-Musik Nasswetter Group, 2017)

Vibrafonista di grande talento, formatosi tra il Conservatorio "G. Rossini" di Pesaro e il Berklee College of Music di Boston, Marco Pacassoni vanta un intenso percorso artistico che lo ha portato a collaborare con artisti del calibro di Michel Camilo, Alex Acuna, Horacio "el negro" Hernandez e Francesco Cafiso, nonché a pubblicare tre album con il suo quartetto. Parallelamente all’attività musicale, di grande importanza è anche il suo impegno nella didattica come docente di strumenti a percussioni al Liceo Musicale Rinaldini di Ancona, presso l’University of Texas di San Antonio per i semestri italiani presso l'Università di Urbino, nonché nelle masterclass di vibrafono presso alcuni prestigiosi college americani.  A tre anni di distanza dal gustoso "Happiness", lo ritroviamo con "Grazie", pregevole album ispirato alla recente scomparsa del padre Giorgio. Abbiamo intervistato il musicista e compositore fanese per ripercorrere insieme a lui la sua carriera artistica, soffermandoci sulla genesi di questo suo ultimo lavoro.

Partiamo da lontano. Come ti sei avvicinato al vibrafono?
Mi sono avvicinato al vibrafono dopo essermi iscritto al conservatorio G. Rossini di Pesaro. Mi sentivo molto limitato ad essere soltanto un batterista, quindi grazie alla musica classica e alle percussioni classiche ho conosciuto questo favoloso strumento che rappresenta un po’ un collante tra la batteria e il pianoforte.

Ci puoi raccontare le principali tappe del tuo percorso artistico? 
Le mie prime esperienze sono state come batterista in vari gruppi della scena musicale fanese suonando in locali e piccole rassegne rock. Poi con il passare degli anni, migliorando anche negli altri strumenti a percussione (come il vibrafono, la marimba, i timpani, per percussioni latine, ecc…) son riuscito ad inserirmi in vari contesti jazz, pop, rock e classica. La bellezza di essere percussionista è data dal fatto che suoni tanti strumenti ed ognuno ti da un’emozione unica. Grazie la mia versatilità son riuscito a collaborare e tutt’ora collaboro con artisti di fama internazionale e nazionale come Michel Camilo, Alex Acuna, Horacio el negro Hernandez, Amik Guerra, Bungaro, Malika Ayane, solo per citarne qualcuno.

Come si è evoluta la tua ricerca musicale nel corso degli anni?
Sicuramente l’ascolto di tanti generi musicali mi ha aiutato a trovare la mia strada dal punto di vista compositivo che mi porta ad essere influenzato da tutta la musica, dalla classica al jazz, dal pop al rock, dal latin jazz alla musica contemporanea. Nei miei dischi si ascoltano brani di ogni genere.

Veniamo al tuo nuovo album “Grazie”. Come è nato questo nuovo progetto?
“Grazie”, edito da Nasswetter Music etichetta tedesca, segue i miei due dischi da solista “Finally” pubblicato da Groovemastereditions e “Happiness” uscito per AlfaMusic. E’ stato inciso insieme al mio quartetto, composto, oltre me, dal pianista Enzo Bocciero, dal bassista Lorenzo De Angeli e dal batterista Matteo Pantaleoni è giunta al primo decennio ed ha all’attivo 5 dischi. 
Sono molto legato a questa formazione e tengo molto al sound che abbiamo creato con il passare di anni, palchi ed esperienze insieme. “Grazie” nasce dopo la perdita di mio padre Giorgio, punto di riferimento nella mia vita musicale e non. Insieme a mia madre Maria e mia sorella Ilaria gli devo tutto per quanto riguarda la mia carriera musicale e la mia formazione come uomo. La sua passione per la musica ha condotto me nella carriera che sicuramente avrebbe voluto percorrere lui nella chitarra. Giorgio era un chitarrista amatoriale che per professione faceva il geometra. “Grazie” è un mix di emozioni che mi hanno portato nel comporre brani con tutto il sentimento che avevo. Michel Camilo mi disse tanti anni fa: “Marco devi suonare con il cuore se vuoi arrivare alle persone” ed io con tutta l’umiltà del mondo, da allora ho seguito il suo consiglio e non esiste concerto dove io non lo faccia.

Quali sono le ispirazioni alla base dei nuovi brani che hai composto con Enzo Bocciero?
Le ispirazioni vengono dalla vita quotidiana. Basti pensare che “Violet Wall” si chiama cosi proprio perché l’ho composto con una tastierina di 2 ottave in cucina davanti al mio muro viola. “Peninsula”,  firmata da Bocciero, evoca un viaggio tra paesaggi di campagna, mentre “One Day” è il brano che ho scritto per mio padre e ripercorre il dialogo tra me e lui attraverso la chitarra di Bertozzini, apprezzato chitarrista classico pesarese, e la mia amata marimba.

Come si è indirizzato il vostro lavoro in fase di arrangiamento dei brani?
Come sempre ho molta fiducia nei miei musicisti e portando le parti in sala prove, insieme si trova il sound e l’arrangiamento più adatto. Senza fiducia nei propri musicisti non si andrebbe da nessuna parte e l’amicizia che ci lega, prima ancor che nella professione, si sente sul palco ad un nostro concerto.

Quanto sono importanti le individualità nel tuo Quartetto? 
Le individualità sono importanti quanto il gruppo. La forza della mia musica e del mio quartetto è il gruppo. Gli arrangiamenti sono tutti studiati nei minimi particolari e sono arrivato alla conclusione che se cambio un elemento, il sound del gruppo ne risentirebbe troppo. 

Qual è il confine tra composizione ed improvvisazione in questi nuovi brani?
Le improvvisazioni sono al servizio del brano e non viceversa. Non amo brani con melodie di dieci secondi e improvvisazioni di dieci minuti. Ogni parte del brano è scritta, persino il groove di batteria, e le improvvisazioni sono complementari.

Identità e differenze tra “Grazie” e i tuoi precedenti lavori…
Parlo dei miei ultimi due dischi antecedenti a “Grazie”. “Finally” era molto più latin jazz grazie anche all’ottimo Filippo Lattanzi alla batteria e soprattutto Alex Acuna alle percussioni, mentre “Happiness” si avvicina molto all’ultimo disco con composizioni molto melodiche. 
In quest’ultimo è presente il grande pianista latin Michel Camilo in “Michele”, brano per vibrafono e pianoforte che ho composto per lui.  “Grazie” lo sento molto più maturo sia nel lato compositivo che interpretativo, grazie al lavoro quotidiano di studio e ascolto.

Come mai hai scelto di utilizzare le metriche dispari in “Grazie”?
Sono un amante della metrica dispari e sono un amante del rendere la metrica dispari poco pesante grazie ad una melodia fluida e orecchiabile che alleggerisce il tutto. A volte non sembra nemmeno dispari grazie all’armonia e melodia che ci costruisco sopra.

Il brano che apre il disco “Violet Wall” anticipa musicalmente l’evoluzione musicale del disco. Ci puoi parlare di questo brano?
Mi piaceva l’idea di iniziare il nuovo disco con la marimba e il piano Fender Rhodes, un’accoppiata vincente per un sound unico. La combinazione dell’accompagnamento in 3/4 e 7/4 con la melodia del Rhodes spostata ha creato un incastro molto interessante. L’apertura nella B porta alla melodia del Basso in 6/4 e di seguito del Vibrafono in 5/4.

Tra i brani centrali del disco c’è il blues swingante “Freedom”. Com’è nato questo brano?
“Freedom” si intitola così perché volevo creare una melodia su un accelerando per poi andare a finire su un classico blues. Non suono tanto jazz classico/tradizionale, ma ogni tanto sento il bisogno di “swingare” un po’.

“St. Click” è un originale 11/8. Ci puoi raccontare la genesi di questo brano?
Sono un amante degli incastri ritmici, e in questo caso ho voluto creare un incastro ritmico tra i 4 musicisti su una melodia semplice. Il brano si chiama “St. Click” perché il click in certe situazione è santo e ti salva la vita, musicalmente parlando.

“Prelude to One Day” e “One Day” sono dedicati a tuo padre, chitarrista, recentemente scomparso. Quanto c’è di personale in queste due composizioni?
Mi emoziono persino a parlare di questi due brani… pensa a suonarli. “Prelude” è nato in studio, perché volevo creare un intro ad hoc per il brano “One Day”. E’ tutta musica nata dal cuore e dall’emozione che provo a pensare a mio padre. Come dicevo prima, “One Day” è un dialogo tra me e mio padre che spero un giorno di poter riproporre insieme a lui in chissà su quale nuvola. Preziosa è anche la presenza di Amik Guerra al flicorno, mio carissimo amico e molto legato a mio padre. Ha voluto esserci a tutti i costi con qualche nota qua e là in un brano pieno di emozione.

Concludendo come stai portando in tour il disco? Come sono i concerti di “Grazie”?
Da poco ho conosciuto una bellissima persona, quale Rosario Moreno della BlueArtManagement che si è innamorato del mio progetto. Insieme stiamo cercando di proporlo nei vari festival italiani e non. E’ dura perché vogliono sempre nomi affermati ma la musica e il progetto, sono dell’idea che vincono sempre e infatti stiamo ricevendo diversi interessamenti. Intanto “Grazie”, oltre ad aver già ricevuto diverse recensioni positive, è stato già rodato dal vivo a Jazz in Provincia nelle Marche, al Festival di Percussioni di Hallein in Austria, a JazzFeeling a Cattolica (Rn) e in estate saremo in giro per l’Italia per finire a settembre all’Adams Percussion Festival a Ittervoort in Olanda.



Marco Pacassoni Quartet – Grazie (I-Musik Nasswetter Group, 2017)
A tre anni di distanza da quel gioiellino di ricerca melodica che era “Happines” nel quale brillava la presenza di Michel Camilo, Marco Pacassoni torna con “Grazie” nuovo album, registrato al Lunik Studio di Pesaro e masterizzato a Monaco di Baviera, e nel quale ha raccolto dieci brani che lo vedono spostare ancora più avanti il confine delle sue esplorazioni sonore, spaziando in lungo ed in largo attraverso gli stilemi classici del jazz per poi aprirsi ad influenze di generi musicali differenti. Fondamentale in questo senso è il contributo del suo quartetto, composto da Enzo Bocciero (pianoforte e tastiere), Lorenzo De Angeli (basso) e Matteo Pantaleoni (batteria), con i quali nel corso degli anni si è cementato una perfetta coesione sonora che si sostanzia in un originale interplay con il suo vibrafono e in sorprendenti aperture all’improvvisazione. A caratterizzare i dieci brani raccolti nel disco è l’intreccio tra metriche dispari e linee melodiche orecchiabili declinate ora in incursioni nel blues ora in spaccati fusion, ora ancora in evocative ballate e momenti percussivi. Sin dal primo ascolto si viene letteralmente trasportati dalla intrinseca forza evocativa dei brani, guidati ora da inaspettate evoluzioni ritmiche ora da eleganti temi densi di poesia. Aperto dalla intrigante “Violet Wall” tutta giocata su un originale riff ispirato al colore viola di una parete della sala da pranzo del vibrafonista, il disco entra nel vivo con la onirica “Peninsula” e i tempi irregolari di “Laughing” che ci conducono alla splendida “Serenade For The Unknowns” caratterizzata da una linea melodica di grande intensità. Se il blues di “Freedom” si caratterizza per il suo incedere swingante e le divagazioni improvvisative sostenute dal basso di De Angeli, la successiva “Something Changed” è un sorprendente crescendo nel quale spicca il dialogo tra il piano di Bocciero e il vibrafono di Pacassoni. Lo spiazzante quanto affascinante 11/8 “St. Click” e le complesse tessiture melodiche di “Tran Tran” ci conducono verso il finale con “Prelude To One Day” che funge da ouverture per la toccante “One Day (We’ll Play Together)”, impreziosita dalla presenza degli ospiti Maria Valentina Ricci (voce recitante), Amik Guerra (flicorno) e Riccardo Bertozzini (chitarra). Scritta dal vibrafonista fanese per ricordare il padre, questa ballata dalla trama introspettiva rappresenta il vertice di tutto il disco tanto dal punto di vista delle atmosfere quanto per il finale orchestrale che sembra evocare “The End” dei Beatles, brano conclusivo di Abbey Road. “Grazie” è, dunque, il disco che meglio sintetizza le istanze ritmiche e melodiche di Marco Pacassoni, ponendo in evidenza la solida compattezza sonora del suo quartetto.



Salvatore Esposito

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